Elezione di Domicilio in Appello: Un Obbligo Assoluto Secondo la Cassazione
Nel processo penale, il rispetto delle forme e dei termini non è un mero formalismo, ma una garanzia fondamentale per il corretto svolgimento della giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza questo principio, soffermandosi su un adempimento cruciale: l’elezione di domicilio in appello. La pronuncia chiarisce che tale obbligo è inderogabile, anche quando l’imputato è presente alla lettura della sentenza di primo grado, pena l’inammissibilità dell’impugnazione.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello, la quale aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da un imputato. La ragione di tale provvedimento risiedeva nella mancata presentazione, da parte del difensore, della dichiarazione o elezione di domicilio dell’assistito contestualmente al deposito dell’atto di appello. Questo adempimento è essenziale per consentire la notifica del decreto di citazione per il giudizio di secondo grado.
La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’unica tesi: l’elezione di domicilio in appello non sarebbe stata necessaria, poiché l’imputato aveva presenziato all’ultima udienza del processo di primo grado e, di conseguenza, alla lettura del dispositivo della sentenza. Secondo questa interpretazione, la presenza fisica dell’imputato avrebbe sanato la necessità di una successiva e formale indicazione del luogo per le notifiche.
La Decisione della Corte: l’obbligo di elezione di domicilio in appello è inderogabile
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente la tesi difensiva, definendo il motivo di ricorso come ‘manifestamente infondato’. Gli Ermellini hanno fondato la loro decisione sulla chiara e inequivocabile dicitura dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo esplicito che l’atto di appello deve contenere, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.
Le Motivazioni
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione letterale e sistematica della norma. La Corte ha sottolineato come il legislatore abbia posto un obbligo formale preciso e non suscettibile di interpretazioni estensive o deroghe non previste. L’articolo 581, comma 1-ter c.p.p. non opera alcuna distinzione tra l’imputato che era presente e quello che era assente al momento della lettura della sentenza di primo grado.
L’obbligo di depositare l’elezione di domicilio è ‘contestuale’ alla presentazione dell’atto di appello. Si tratta di un requisito di ammissibilità autonomo, finalizzato a garantire la certezza e la regolarità delle notificazioni nella fase successiva del giudizio. La presenza dell’imputato in aula non può sostituire questo adempimento formale, la cui omissione comporta la sanzione più grave: l’inammissibilità, che preclude al giudice la possibilità di entrare nel merito dei motivi di gravame.
Conclusioni
La decisione in commento rappresenta un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto. Nel processo penale, la forma è sostanza. L’omissione di un adempimento come l’elezione di domicilio in appello non è una mera irregolarità, ma un errore fatale che può compromettere irrimediabilmente il diritto di difesa. La pronuncia conferma un orientamento rigoroso, che impone la massima diligenza nella redazione e nel deposito degli atti di impugnazione. Per l’imputato e il suo difensore, ciò significa che non esistono scorciatoie: le regole procedurali devono essere seguite alla lettera per assicurare che il processo possa proseguire e che le ragioni della difesa vengano effettivamente esaminate dal giudice superiore.
È obbligatorio depositare l’elezione di domicilio con l’atto di appello penale?
Sì, l’ordinanza chiarisce che l’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale impone l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello, a pena di inammissibilità.
La presenza dell’imputato alla lettura della sentenza di primo grado esonera da questo obbligo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la norma non fa alcuna distinzione tra imputato presente o assente al momento della lettura del dispositivo. L’obbligo di eleggere domicilio per l’appello sussiste in ogni caso.
Cosa succede se non si deposita l’elezione di domicilio insieme all’atto di appello?
La conseguenza diretta e inevitabile è la dichiarazione di inammissibilità dell’appello. Ciò significa che l’impugnazione non verrà esaminata nel merito e la sentenza di primo grado diventerà definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4027 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4027 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 03/04/1966
avverso l’ordinanza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il motivo di ricorso.
Rilevato che la Corte di appello ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione non avendo il difensore depositato alcuna dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione al giudizio d’appello.
Osservato che la difesa, con l’unico motivo, ha sottolineato che non doveva ritenersi necessario il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio poiché l’imputato aveva presenziato anche all’ultima udienza del giudizio e quindi alla emissione della sentenza.
Il motivo è manifestamente infondato posto che l’art. 581 comma 1 ter cod. pen. pone l’obbligo del deposito contestuale all’atto di appello dell’elezione di domicilio, non facendo alcuna distinzione tra imputato presente o assente al momento della lettura del dispositivo.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/10/2024.