Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30476 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30476 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in EGITTO il 01/06/2003
avverso la sentenza del 21/01/2025 della Corte d’appello di Roma
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con la decisione indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 14 marzo 2024, per difetto dell’elezione di domicilio come prescritta dall’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen.
La vicenda processuale trae origine dalla condanna dell’imputato, pronunciata con rito abbreviato dal Tribunale di Roma, per il delitto di cui agli artt. 110 cod.pen. e 73, comma 5°, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, consistito nella detenzione illecita ai fini di spaccio di grammi 14,4 lordi di sostanza stupefacente del tipo hashish, nonché di tre compresse del farmaco “Rivotril”, e nella contestuale cessione a terzi di grammi 0,6 lordi di hashish per la somma di euro 5,00.
Il Tribunale, riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva contestata e applicata la diminuente per la scelta del rito, aveva irrogato la pena di otto mesi di reclusione e euro 2.000,00 di multa, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena e disponendo il nulla osta all’espulsione.
Avverso tale pronuncia, il difensore dell’imputato proponeva appello in data 25 marzo 2024, chiedendo il proscioglimento ex art. 131-bis cod.pen. ovvero, in subordine, la riduzione della pena con la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod.pen.
La Corte territoriale ha rilevato il vizio ostativo rappresentato dall’omessa indicazione dell’elezione di domicilio dell’appellante, come prescritto dall’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen., norma introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e vigente ratione temporis al momento della proposizione dell’appello.
I giudici di secondo grado hanno argomentato la propria decisione richiamando un precedente orientamento della Suprema Corte, secondo cui l’allegazione all’atto di appello della precedente elezione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio non soddisfa il requisito di ammissibilità previsto dalla citata disposizione. La Corte ha precisato che la ratio della norma risiede nell’esigenza di assicurare la certa conoscenza del processo di appello da parte dell’imputato e la tempestiva notifica dell’atto introduttivo del nuovo giudizio, finalità che non può essere conseguita mediante il mero richiamo a dichiarazioni di domicilio rese in precedenti stadi del procedimento.
Conseguentemente, la Corte di appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione e ha ordinato l’esecuzione della sentenza di primo grado, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.
Avverso tale pronuncia, il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione, deducendo violazione di legge per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza.
Il ricorrente sostiene che l’atto di appello conteneva espressa indicazione del domicilio eletto (“elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avvocato
NOME COGNOME COGNOME“) e che ad esso era stato allegato il verbale dell’udienza di convalida dell’arresto del 26 febbraio 2024, nel quale era contenuta la dichiarazione di elezione di domicilio dell’imputato.
Il ricorrente invoca, a sostegno delle proprie argomentazioni, il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (informazione provvisoria n. 15/2024), secondo cui la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, purché tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione. Inoltre, richiama la sentenza della Sesta Sezione penale n. 22287 del 10 aprile 2024, secondo cui la dichiarazione o l’elezione di domicilio può essere anche antecedente alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che sia depositata unitamente all’atto di appello.
Il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ovvero, in subordine, l’annullamento con rinvio alla Corte di appello di Roma, sostenendo che nella fattispecie l’appellante aveva fornito idonea indicazione di domicilio, tanto che il decreto di citazione del giudizio di appello era stato regolarmente notificato presso lo studio legale del difensore.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato
1.1. Il ricorso proposto deduce il vizio di violazione di legge per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, lamentando l’erronea dichiarazione di inammissibilità dell’appello per difetto dell’elezione di domicilio ai sensi dell’art.581, comma 1-ter, cod.proc.pen.
La censura si configura come error in procedendo , sicché è consentito l’esame degli atti processuali per verificare la fondatezza della doglianza.
Dall’analisi del fascicolo risulta chiaramente che l’appellante aveva allegato all’atto di appello il verbale dell’udienza di convalida dell’arresto del 26 febbraio 2024, nel quale era contenuta la dichiarazione di elezione di domicilio dell’imputato presso lo studio legale dell’avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZOd.
1.2 La questione interpretativa relativa all’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. ha trovato definitiva soluzione con la pronuncia delle Sezioni Unite Penali n. 13808 del 24 ottobre 2024 (depositata l’8 aprile 2025, Rv. 287855-01), che ha chiarito i termini del contrasto giurisprudenziale emerso in ordine all’interpretazione della citata disposizione.
Le Sezioni Unite hanno affrontato la questione se “la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo”.
Il Supremo Collegio ha evidenziato la fondamentale differenza testuale tra l’art. 581, comma 1-ter (relativo all’imputato presente) e il comma 1-quater (concernente l’imputato assente). Mentre per quest’ultimo è espressamente richiesto uno “specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza”, per l’imputato presente tale requisito non è previsto.
Tale distinzione si giustifica con la voluntas legis di assicurare impugnazioni proposte da imputati “consapevoli”: per l’imputato dichiarato assente occorre verificare l’effettiva volontà di impugnare attraverso un mandato successivo alla sentenza; per l’imputato presente, di cui si presume la consapevolezza, è sufficiente agevolare la citazione a giudizio mediante l’indicazione del domicilio.
Le Sezioni Unite hanno inoltre chiarito che, essendo l’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. stato abrogato dalla legge 9 agosto 2024, n. 114 (in vigore dal 25 agosto 2024), deve applicarsi il principio tempus regit actum . Trattandosi di modalità di compimento di un atto processuale a effetti istantanei, la disciplina applicabile è quella vigente al momento del compimento dell’atto stesso, ossia della presentazione dell’impugnazione.
È stato quindi enunciato il principio secondo cui “La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024”.
E, per quanto di specifico interesse in questa sede, le Sezioni Unite hanno definitivamente statuito che: “L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione”.
In sintesi, la dichiarazione o elezione di domicilio non deve necessariamente essere successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo sufficiente una precedente dichiarazione purché chiaramente identificabile e idonea allo scopo.
Nel caso di specie, l’appello è stato presentato in data 25 marzo 2024, quindi in epoca anteriore al 24 agosto 2024, sicché trova applicazione l’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. nella sua formulazione originaria.
Dall’esame degli atti risulta inequivocabilmente che l’appellante, presente nel giudizio di primo grado, espressamente indicava nell’atto di appello di essere “elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avvocato NOME COGNOME” e