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Elezione di domicilio appello: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso un’ordinanza della Corte d’Appello. Il motivo è la mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio all’atto di appello, come previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. La Suprema Corte ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa, affermando che la norma sull’elezione di domicilio appello non lede il diritto di difesa ma ne regola le modalità di esercizio, rendendo l’adempimento obbligatorio a pena di inammissibilità.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio Appello: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità

La corretta elezione di domicilio nell’appello penale è un adempimento cruciale, la cui omissione può avere conseguenze definitive per l’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la piena legittimità della norma che sanziona con l’inammissibilità il mancato deposito di tale dichiarazione, anche quando l’imputato avesse già eletto domicilio nel giudizio di primo grado. Questa pronuncia chiarisce la natura non derogabile di un requisito introdotto dalla Riforma Cartabia, sottolineando l’importanza della diligenza del difensore.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato. La ragione di tale decisione risiedeva in un vizio formale: con l’atto di impugnazione non era stata depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, un adempimento previsto a pena di inammissibilità dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Il difensore dell’imputato ha quindi presentato ricorso per cassazione, non contestando il fatto in sé, ma sollevando una questione di legittimità costituzionale della norma applicata.

La Questione sulla Elezione di Domicilio nell’Appello

Il ricorrente sosteneva che la norma violasse diversi principi costituzionali (artt. 3, 24 e 117 Cost.) e il diritto a un equo processo (art. 6 CEDU). Secondo la tesi difensiva, l’obbligo di ri-depositare l’elezione di domicilio in appello rappresenta una violazione meramente formale, soprattutto quando, come nel caso di specie, l’imputato aveva già validamente eletto domicilio in primo grado (presso l’ispettore della ASL) e tale elezione non era mai stata revocata. La sanzione dell’inammissibilità appariva quindi sproporzionata e lesiva del diritto di difesa, in quanto basata su un adempimento facilmente sanabile e la cui mancanza non creava un reale ostacolo processuale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ritenuto la questione di costituzionalità manifestamente infondata, allineandosi a un precedente orientamento giurisprudenziale.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che l’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), non limita il diritto di impugnazione dell’imputato, ma si limita a regolare le modalità con cui il difensore può esercitare tale facoltà. La norma, richiedendo che la dichiarazione o l’elezione di domicilio appello sia depositata contestualmente all’atto di impugnazione, non collide né con l’inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza. Si tratta di una disposizione che disciplina l’esercizio di una facoltà accessoria riconosciuta al difensore. Citando una precedente sentenza (Sez. 6, n. 3365/2024), la Corte ribadisce che tali disposizioni non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione, ma ne definiscono le regole procedurali.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale per la prassi forense: l’onere di allegare la dichiarazione o elezione di domicilio all’atto di appello penale è un requisito formale tassativo e non sanabile. La sua omissione determina l’inammissibilità dell’impugnazione, senza che il giudice possa concedere un termine per regolarizzare la posizione. Per i difensori, questa pronuncia è un monito a prestare la massima attenzione a tutti gli adempimenti formali introdotti dalle recenti riforme, poiché anche una dimenticanza su un atto già presente nel fascicolo di primo grado può precludere definitivamente l’accesso al secondo grado di giudizio, con grave pregiudizio per l’assistito.

È obbligatorio allegare una nuova dichiarazione di elezione di domicilio all’atto di appello penale anche se era già stata fatta in primo grado?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale richiede che la dichiarazione o elezione di domicilio sia depositata unitamente all’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, senza eccezioni per i casi in cui sia già stata effettuata nel giudizio di primo grado.

Cosa succede se non si deposita la dichiarazione di elezione di domicilio con l’atto di appello?
La mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio comporta la sanzione processuale dell’inammissibilità dell’appello. Ciò significa che l’impugnazione non verrà esaminata nel merito e la sentenza di primo grado diventerà definitiva.

La norma che prevede l’inammissibilità per mancata elezione di domicilio è incostituzionale?
Secondo la Corte di Cassazione, la norma non è incostituzionale. Non limita il diritto di difesa, ma si limita a regolare le modalità di esercizio del potere di impugnazione da parte del difensore, senza violare i principi costituzionali o il diritto a un equo processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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