Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26349 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26349 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Castelfranco Veneto il 23/09/1982 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
avverso l’ordinanza emessa in data 16/04/2024 della Corte di appello di Milano, quarta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 25/03/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali è stato chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
preso atto che l’avv. NOME COGNOME difensore della parte civile, non ha depositato conclusioni scritte, così come l’avv. NOME COGNOME, legale di fiducia del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Pavia in data 10/10/2023 che aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di truffa aggravata con conseguente irrogazione della pena di mesi otto di reclusione ed euro 200,00 di multa e condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, liquidati in euro 35.000,00.
La Corte territoriale ha rilevato che la sentenza appellata era stata pronunciata in data 10/10/2023 e che all’atto di gravame, proposto il 21 febbraio 2024, era allegato atto di nomina del difensore con relativa procura speciale a interporre gravame, tuttavia privo della dichiarazione e/o domicilio dell’imputato ai fini della notifica del decreto di citazione per il giudizio di secondo grado.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen, inosservanza dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen.
Sotto un primo profilo, rileva il difensore che, a pag. 1 dell’atto di appello (documento 3 allegato al ricorso), era indicato espressamente “l’imputato NOME elegge domicilio presso il proprio difensore” e che l’art. 581, comma Iter cod. proc. pen., non prevede che l’elezione di domicilio debba essere contenuta in uno specifico atto separato da quello di impugnazione.
Sotto altro profilo, rileva il ricorrente che l’imputato era detenuto presso la casa di reclusione di Treviso, sicchè la presenza di dichiarazione o elezione di domicilio era irrilevante poiché la notifica del decreto di citazione a giudizio avrebbe dovuto comunque essere effettuata mediante consegna di copia nel luogo di detenzione (la Casa di reclusione di Treviso), come indicato nella relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 che ha recepito il principio espresso dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il Collegio dà atto preliminarmente che la celebrazione del presente giudizio, fissata originariamente per l’udienza del 03/12/2024, è stata differita
dapprima al 13/03/2025 e poi alla data odierna per la necessità di attendere il deposito della motivazione della sentenza a Sezioni Unite penali pronunciata in data 24/10/2024 (ric. De Felice RG n. 6578/24) attinente al tema oggetto del primo motivo di ricorso.
Manifestamente infondato è il primo profilo di impugnazione con il quale si deduce che l’atto di appello indicava espressamente l’elezione di domicilio da parte dell’imputato presso il difensore di fiducia, da valere ai fini della notifica del decreto di citazione per il secondo grado di giudizio.
Poiché l’atto di appello, dichiarato inammissibile con l’ordinanza impugnata, è stato depositato presso il giudice a quo in data 21/02/2024, va innanzitutto richiamato il principio dettato dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 13808 del 24/10/2024, COGNOME, Rv. 287855-01, secondo cui la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., abrogata dalla legge 9 agosto 2024 n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.
Con la medesima pronuncia è stato altresì affermato che la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione del decreto di citazione (Sez. U, n. 13808/2025, cit., Rv. 287855-02).
Posti tali principi, nel caso in esame va osservato che il mandato ad impugnare allegato al ricorso in appello non contiene alcuna elezione o dichiarazione di domicilio, in esso è indicato, invece, il luogo di residenza dell’imputato (Resana, INDIRIZZO ed è aggiunta, nella parte finale, la dicitura “con revoca specifica di ogni nomina o procura precedentemente rilasciate ad altro professionista, altresì con revoca della eventuale elezione di domicilio presso il medesimo”.
È ben vero che, nella intestazione del ricorso in appello (sottoscritto dal solo difensore), è indicato che “COGNOME Massimo elegge domicilio presso il proprio difensore”, ma è altrettanto vero che a tale impugnazione non risulta compiegato alcun atto formale sottoscritto dall’imputato avente ad oggetto l’espressa volontà negoziale e recettizia di stabilire il luogo e la persona presso cui eseguire, per suo conto, la notifica del decreto di citazione; né il ricorso in questione contiene il richiamo ad una precedente idonea elezione di domicilio e alla sua precisa collocazione nel fascicolo processuale, così da consentirne l’immediata
individuazione e, conseguentemente, la rapida e certa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello.
4. Manifestamente infondato è anche il secondo profilo di ricorso con il quale si deduce che, nel caso in esame, non poteva comunque farsi applicazione della disciplina in tema di obbligo di elezione di domicilio ai fini della rituale proposizione dell’appello, considerato lo stato di detenzione dell’imputato presso la casa di reclusione dì Treviso che avrebbe imposto la notifica del decreto di citazione in tale luogo.
Va al riguardo deve richiamarsi il principio dettato dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01 secondo cui le notificazioni all’imputato detenuto, anche per altra causa, vanno sempre eseguite mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione o elezione di domicilio, a condizione, tuttavia, che lo stato di detenzione risulti dagli atti.
In applicazione di tale principio, si è condivisibilmente affermato, proprio in tema di impugnazioni, la disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. è applicabile all’atto di appello proposto dall’imputato detenuto per altra causa, ove lo stato detentivo non sia noto al giudice che procede, poiché, in tal caso, difettando la condizione prevista dall’art. 156, comma 4, cod. proc. pen., le notificazioni devono avvenire con le forme ordinarie (Sez. 2, n. 24902 del 17/05/2024, COGNOME, Rv. 286516-01).
In particolare, si è chiarito che il combinato disposto degli artt. 156 e 581. comma 1-ter, cod. proc. pen. va interpretato nel senso che:
-se l’imputato è detenuto per il procedimento nel quale viene proposta l’impugnazione, non si applica la disciplina dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.;
-se l’imputato è detenuto per altra causa e tale condizione è nota al giudice che procede, ugualmente non si applica la disciplina dettata dall’art. 581, comma Iter, cod. proc. pen.;
-se l’imputato è detenuto per altra causa e tale condizione non è nota al giudice che procede, trova invece applicazione la disciplina sull’inammissibilità dell’impugnazione per difetto di elezione di domicilio ex art. 581 comma 1-ter, cit.
Ebbene, nel ricorso qui in esame non risulta documentato dal ricorrente il presupposto di fatto della doglianza proposta e cioè che l’imputato, al momento della proposizione dell’appello, fosse effettivamente detenuto per questa o per altra causa, né l’esame del fascicolo processuale consente di affermare che, al momento della presa in esame dell’atto di impugnazione al fine del doveroso
preliminare vaglio di inammissibilità, tale condizione fosse nota al giudice di appello.
Invero, l’intestazione della sentenza di primo grado emessa in data
19/12/2023 riporta che l’imputato, dichiarato assente, si trovava, al momento di tale pronuncia, in regime di dell’affidamento in prova al servizio sociale presso la
comunità COGNOME in Pagnano D’Asolo, misura alternativa concessa per titolo ormai definitivo; nell’atto di appello, proposto il successivo 20/02/2024, nessuna
indicazione era fornita circa un eventuale sopravvenuto stato di detenzione per altra causa di NOME COGNOME al contrario il ricorso menziona espressamente il
luogo di residenza in Resana, indicato anche nell’allegato mandato ad impugnare.
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore
della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il giorno 20/05/2025
Il Consi GLYPH
Il Presidente