Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Scicli il 17/05/1960, avverso l’ordinanza in data 11/09/2023 della Corte di appello di Roma; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, che lo stesso sia rigettato;
lette le conclusioni scritte con il difensore della costituita parte civile, avv. NOME COGNOME ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, che lo stesso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11/09/2023, la Corte di appello di Roma ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, nell’interesse di NOMECOGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Roma del precedente 30/03/2023, di cui, per l’effetto, ha ordinato l’esecuzione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato due motivi di
ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza di norma processuale stabilita a pena di inammissibilità e, segnatamente, del disposto di cui agli artt. 89 d.lgs. n. 150 del 2022, in relazione a quanto previsto dagli artt. 571-ter e 161 cod. proc. pen.
Sostiene, in specie, che con la decisione della Corte territoriale sarebbe stata illegittimamente dichiarata l’inammissibilità dell’appello per omesso deposito, contestualmente alla sua presentazione, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio dell’appellante, posto che il predetto aveva effettuato tale elezione in sede di identificazione, che l’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 prevede che continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti nei casi in cui risulti già dichiarata l’assenza dell’imputato alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. e che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non stabilisce espressamente che la dichiarazione o l’elezione di domicilio debbano essere successive all’emissione del provvedimento impugnato.
2.2. Con il secondo motivo deduce l’incostituzionalità delle previsioni di cui all’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.
Osserva in proposito che le indicate disposizioni processualpenalistiche, nel prevedere che, con l’atto di appello, debbano essere altresì depositate, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’appellante, determinerebbero un’indebita compressione del diritto di difesa, in violazione della previsione di cui all’art. 24 Cost.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’ari:. 7 del d.l. n. del 2021, convertito dalla legge n. 126 del 2021 e, ancora, dall’art. 16 del d.l. n. 228 del 2021, convertito dalla legge n. 15 del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’inosservanza di norma processuale stabilita a pena di inemmissibilità e, in specie, del disposto di cui agli artt. 89 d.lgs. n. 150 del 2022, in relazione a
quanto previsto dagli artt. 571-ter e 161 cod. proc. pen., sostenendo che la pronunzia di inammissibilità dell’appello, resa dalla Corte territoriale per omesso deposito, in uno alla presentazione del gravame, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio dell’appellante, risulterebbe illegittima, atteso ch quest’ultimo avrebbe già effettuato tale elezione in sede di identificazione, che l’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 prevede che continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti nel caso in cui sia stata già dichiarata l’assenza dell’imputato alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. e che l’art. 58 comma 1-ter, cod. proc. pen. non stabilisce espressamente che la dichiarazione o l’elezione di domicilio debbano essere successive all’emissione del provvedimento impugnato.
Rileva al riguardo il Collegio che, al netto dell’erronea indicazione della norma processuale, in tesi, oggetto di inosservanza (nel corpo del ricorso si fa menzione, in sede di enunciazione del motivo, dell’inesistente art. 571-ter cod. proc. pen.), la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a termini della quale «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio», risulta correttamente applicata dalla Corte territoriale nella vicenda di specie.
Ciò perché la sentenza di primo grado è stata emessa dal Tribunale di Roma in data 30/03/2023 e, quindi, in epoca successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, sicché trova applicazione il disposto della norma transitoria di cui all’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022, secondo cui «Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto».
Acclarata, dunque, la legittima applicazione, nella vicenda di cui trattasi, dell’indicata norma processuale, è a dirsi che correttamente la Corte di appello di Roma ne ha rilevato la violazione e ha dichiarato, per l’effetto, l’inammissibilità del proposto gravame, posto che contestualmente ad esso non era stata depositata dall’appellante la prescritta dichiarazione o elezione di domicilio, indispensabile ex lege ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Né rileva la circostanza che un’elezione di domicilio fosse stata in precedenza effettuata dall’imputato nell’ambito del processo de quo, prescrivendo il disposto normativo, a pena di inammissibilità dell’impugnativa, che la dichiarazione o l’elezione siano depositate all’atto della proposizione dell’impugnazione.
Palesemente infondato è, altresì, il secondo motivo di ricorso, con cui s’è dedotta l’incostituzionalità delle previsioni di cui all’art. 581, commi 1-ter e 1quater, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost, sostenendo che le menzionate norme processuali, nel prevedere che, con l’atto di appello, debbano essere depositate, a pena di inammissibilità, anche la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’appellante, determinerebbero un’indebita compressione del diritto di difesa, in violazione della previsione di cui all’art. 24 Cost.
In proposito, è d’uopo rilevare che questa Suprema Corte, nello scrutinare analoga deduzione di parte, ha, di recente, affermato che «È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1quater, cod. proc. pen., introdotti dagli artt. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell’art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell’atto di citazione, e Io specifico mandat ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine» (così: Sez. 4, n. 43718 dell’11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 28532401).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
Non può essere disposta la rifusione delle spese sostenute, nel presente grado di giudizio, dalla costituita parte civile, posto che le conclusion rassegnate, nel suo interesse, dal difensore di fiducia, per la genericità del loro contenuto, inducono a concludere che non sia stato fornito alcun apporto alla materia del contendere.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/12/2023