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Elezione di domicilio appello: pena inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato un appello inammissibile perché l’imputato non ha depositato la dichiarazione o elezione di domicilio appello insieme all’atto di impugnazione, come richiesto dalla Riforma Cartabia (art. 581, c. 1-ter, c.p.p.). La Corte ha confermato la piena legittimità costituzionale di tale requisito, ritenendolo una scelta legislativa ragionevole per assicurare una partecipazione consapevole dell’imputato al processo d’appello.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio Appello: la Cassazione conferma l’inammissibilità

Con la recente sentenza n. 37/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale introdotta dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di depositare una nuova dichiarazione o elezione di domicilio appello contestualmente all’atto di impugnazione. Questa pronuncia chiarisce che l’omissione di tale adempimento comporta, senza eccezioni, l’inammissibilità del gravame, confermando la legittimità costituzionale della norma.

Il caso: un appello dichiarato inammissibile

La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione presentata da un imputato avverso una sentenza di condanna di primo grado. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nella mancata presentazione, insieme all’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito introdotto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, come modificato dalla Riforma Cartabia.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due principali motivi di doglianza:
1. Errata applicazione della legge processuale: sosteneva che una precedente elezione di domicilio, effettuata in fase di identificazione, dovesse essere considerata valida e che la nuova norma non specificasse la necessità di un atto successivo alla sentenza impugnata.
2. Incostituzionalità della norma: lamentava che l’obbligo, sanzionato con l’inammissibilità, rappresentasse un’indebita compressione del diritto di difesa garantito dall’articolo 24 della Costituzione.

La nuova regola sull’elezione di domicilio appello

La Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha introdotto un onere specifico per chi intende impugnare una sentenza. L’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. stabilisce che “Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.

La Suprema Corte ha chiarito che questa disposizione si applica a tutte le impugnazioni proposte contro sentenze emesse dopo l’entrata in vigore della riforma. La norma transitoria di riferimento, infatti, è l’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150/2022, che rende la nuova disciplina immediatamente operativa per i provvedimenti più recenti.

La questione di costituzionalità

Il ricorrente aveva anche sollevato dubbi sulla compatibilità della norma con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, sostenendo che tale formalità limitasse eccessivamente il diritto di difesa. La Cassazione ha respinto questa tesi, definendola manifestamente infondata. Citando un proprio precedente (n. 43718/2023), ha ribadito che la scelta del legislatore non è affatto irragionevole.

L’obiettivo della norma è quello di limitare le impugnazioni che non derivano da una scelta “ponderata e personale” della parte, richiedendo che questa volontà sia confermata in limine impugnationis, ovvero all’inizio stesso della fase di appello. Questo onere, secondo i giudici, è bilanciato da correttivi come l’ampliamento dei termini per impugnare e l’estensione della possibilità di restituzione nel termine.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato per diverse ragioni. In primo luogo, ha stabilito che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato la legge. La sentenza di primo grado era successiva all’entrata in vigore della Riforma Cartabia, pertanto la nuova disciplina era pienamente applicabile. La legge richiede espressamente che la dichiarazione o elezione di domicilio sia depositata “con l’atto d’impugnazione”, rendendo irrilevante qualsiasi elezione di domicilio effettuata in precedenza nel corso del procedimento.

In secondo luogo, riguardo alla questione di legittimità costituzionale, la Corte ha affermato che l’obbligo imposto non rappresenta una compressione sproporzionata del diritto di difesa. Si tratta di un onere formale volto a garantire la serietà e la consapevolezza dell’atto di impugnazione. Il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto questo requisito un filtro necessario per assicurare che solo le impugnazioni volute personalmente dall’imputato procedano al grado successivo. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’appello penale richiede un’assunzione di responsabilità formale e personale da parte dell’imputato. La necessità di depositare una nuova elezione di domicilio appello non è una mera formalità, ma un requisito di ammissibilità inderogabile. Per gli operatori del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione a questo adempimento al momento della presentazione dell’impugnazione, per evitare che un errore procedurale possa precludere l’accesso al secondo grado di giudizio.

È ancora valida un’elezione di domicilio fatta prima della sentenza, ai fini dell’appello?
No, la Riforma Cartabia (art. 581, c. 1-ter, c.p.p.) impone che, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio appello sia depositata contestualmente all’atto di impugnazione. Una precedente elezione non è sufficiente.

L’obbligo di depositare l’elezione di domicilio con l’appello è costituzionale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la norma non viola la Costituzione. Si tratta di una scelta legislativa non irragionevole, finalizzata a garantire che l’impugnazione derivi da una decisione ponderata e personale dell’imputato, da rinnovarsi all’inizio del nuovo grado di giudizio.

A quali appelli si applica la nuova norma sull’elezione di domicilio?
La nuova disciplina, che prevede l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio a pena di inammissibilità, si applica a tutte le impugnazioni proposte contro sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 (Riforma Cartabia).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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