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Elezione di domicilio appello: onere per l’imputato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27386/2024, ha confermato l’inammissibilità di un appello penale per mancato deposito della dichiarazione o elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che l’obbligo di elezione di domicilio appello, previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., sussiste anche per l’imputato agli arresti domiciliari e non può essere supplito dalla mera indicazione del domicilio nell’atto di impugnazione redatto dal difensore.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio Appello: un Onere Inderogabile anche ai Domiciliari

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 27386 del 2024, ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia in materia di impugnazioni penali. L’elezione di domicilio appello non è una mera formalità, ma un onere processuale specifico a carico dell’imputato, la cui omissione comporta la drastica sanzione dell’inammissibilità del gravame. La pronuncia chiarisce che tale obbligo sussiste anche quando l’imputato si trovi agli arresti domiciliari.

I Fatti del Caso

Un imputato proponeva appello avverso una sentenza di condanna di primo grado emessa dal Tribunale di Potenza. La Corte di Appello competente, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? Unitamente all’atto di appello, non era stato depositato il mandato ad impugnare con dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, poiché l’imputato era stato giudicato assente nel primo grado di giudizio.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla corretta elezione di domicilio appello

La difesa dell’imputato ricorreva in Cassazione, sostenendo un’errata applicazione della norma. Secondo il ricorrente, egli non era stato processato in absentia, avendo partecipato ad alcune udienze. Inoltre, al momento della proposizione dell’appello, si trovava in regime di detenzione domiciliare. Pertanto, non si sarebbe dovuta applicare la più stringente disciplina del comma 1-quater (prevista per l’assente), ma quella del comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p. La semplice indicazione del domicilio nell’atto di appello, secondo la difesa, sarebbe stata sufficiente a integrare il requisito di legge, evitando così una violazione del diritto di accesso alla giustizia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, pur rettificando parzialmente la motivazione dell’ordinanza impugnata. I giudici di legittimità hanno convenuto con la difesa sul fatto che la norma applicabile non fosse il comma 1-quater, ma il comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p., dato che l’imputato non era stato dichiarato assente.

Tuttavia, la Corte ha sottolineato che anche il comma 1-ter impone, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio appello contestualmente all’atto di impugnazione. Questo adempimento, spiegano i giudici, è finalizzato a garantire l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato e a velocizzare le notifiche, in un’ottica di leale collaborazione processuale.

La Cassazione ha chiarito in modo inequivocabile che tale onere non viene meno per il solo fatto che l’imputato si trovi in una misura cautelare come gli arresti domiciliari o in una misura alternativa alla detenzione. Queste condizioni, infatti, non equiparano l’imputato al detenuto in istituto penitenziario, per il quale valgono regole di notifica specifiche. La dichiarazione o elezione di domicilio è un atto personalissimo dell’imputato e non può essere sostituito dalla mera enunciazione del domicilio da parte del difensore nell’intestazione dell’atto di appello. Era necessario, quantomeno, richiamare specificamente un’elezione di domicilio preesistente e ancora valida agli atti, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso sugli adempimenti formali richiesti per l’impugnazione. L’omesso deposito della dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’appello ne determina l’inammissibilità. Questo principio si applica anche agli imputati che non si trovano in carcere ma sono sottoposti a misure come la detenzione domiciliare. La decisione evidenzia come la Riforma Cartabia abbia voluto responsabilizzare l’imputato, richiedendo una sua partecipazione attiva e consapevole fin dalla fase dell’impugnazione, per assicurare la certezza delle comunicazioni e l’efficienza del processo.

È necessario depositare l’elezione di domicilio per l’appello se l’imputato è agli arresti domiciliari?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio, previsto dall’art. 581, comma 1-ter c.p.p., sussiste anche per l’imputato sottoposto agli arresti domiciliari o a misure alternative eseguite fuori dal carcere.

Basta che l’avvocato indichi il domicilio dell’imputato nell’atto di appello?
No. La semplice indicazione del domicilio nell’atto di appello, redatto dal solo difensore, non è sufficiente. La dichiarazione o elezione di domicilio è considerata un atto personalissimo dell’imputato che deve essere depositato specificamente, oppure deve essere puntualmente richiamata una precedente elezione di domicilio già presente agli atti e ancora valida.

Cosa succede se non si deposita l’elezione di domicilio con l’atto di appello?
La mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio all’atto di impugnazione comporta l’inammissibilità dell’appello. Ciò significa che il giudice non esaminerà il merito del ricorso, che verrà rigettato per un vizio di forma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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