Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38016 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38016 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 05TTZXS) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 14 dicembre 2023 la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 20 marzo 2023 con cui l’imputato, in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. L’inammissibilità è stata, in particolare, dichiarata nella ritenuta violazione dell’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., per non essere stata depositata con l’atto di appello la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato.
1.1. Avvero la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a .mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge in relazione all’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., assumendo che, trattandosi di un soggetto detenuto, si sarebbe dovuta considerare valida e sufficiente l’elezione di domicilio da lui effettuata i occasione della celebrazione dell’udienza di convalida dell’arresto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Ed infatti, l’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. “riforma Cartabia”), prevede che «con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».
Orbene, nel caso di specie l’indicato onere, per come congruamente ritenuto dalla Corte di appello, non è stato correttamente adempiuto da parte del NOME, atteso che, in ossequio al troncante principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, cui questo Collegio intende dare seguito, esso grava anche nei confronti dell’imputato detenuto per altra causa – come è, per l’appunto, il ricorrente nel presente giudizio – essendo stato affermato che, in tema di impugnazioni, le disposizioni di cui all’art. 581, commi 1 -ter e 1 – quater, cod. proc. pen. sono applicabili all’atto di appello proposto dall’imputato detenuto per altra causa, stante la riferibilità dell’art. 161, comma 3, cod. proc. pen. al solo procedimento in relazione al quale è intervenuta la carcerazione (così, espressamente, Sez. 5, n. 4606 del 28/11/2023, dep. 2024, D’Amuri, Rv. 285973-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024