Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA in Romania COGNOME NOME nata il DATA_NASCITA in Romania COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA jr-k. g ( 4)·-.—-u- eavverso l’ordinanza in data 19/07/2023 della CORTE DI APPELLO DI TO- visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
letti i motivi nuovi presentati dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME nell’interesse di NOME e NOME.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il tramite del comune difensore e con ricorsi congiunti, impugnano l’ordinanza in data 19/07/2023 della Corte di appello di Torino che -con procedura de planoha dichiarato l’inammissibilità degli appelli proposti avverso la sentenza in data 16/05/2023 del G.i.p. del Tribunale di Torino.
Deducono:
1. Inosservanza di norma processuale, per avere erroneamente dichiarato l’inammissibilità degli appelli ai sensi degli artt. 591, comma 1, lett. c), in combinat
RINO;
disposto con l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen..
I ricorrenti, in primo luogo, sostengono che l’elezione di domicilio era indicata nell’intestazione degli atti di appello, così che non era necessario depositare un separato atto contenente un’ulteriore elezione di domicilio, da considerarsi non necessario quando tale elemento emerga implicitamente o esplicitamente nel corpo dell’atto d’impugnazione.
Con specifico riguardo alla posizione di NOME, rimarca come questi fosse già domiciliato presso lo studio dell’avvocato difensore e tale circostanza era stata ribadita con l’atto d’impugnazione, mentre il codice non indica le modalità di deposito dell’elezione di domicilio. Anche in questo caso si sostiene che a fronte di tale evenienza è sufficiente per il difensore ribadire l’elezione di domicili “rientrando tale fatto nei pieni poteri del difensore”.
In relazione alla posizione di COGNOME e COGNOME osserva che i due arrivavano in Italia in stato di detenzione e in forza di MAE e, pertanto, non eleggevano domicilio, pur nominando il difensore di fiducia. Aggiunge che l’elezione di domicilio avveniva con il deposito dell’atto di appello; che la normativa non indica le modalità di deposito dell’elezione di domicilio.
Con i motivi aggiunti esposti nell’interesse di COGNOME e COGNOME, la difesa deduce l’inosservanza di norma processuale e sostiene che la disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non si applica agli appelli proposti dagli imputati detenuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti sostengono che le formalità previste dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non sono necessarie quando l’elezione di domicilio sia già presente in atti ovvero sia richiamata nell’intestazione dell’att di appello.
Tale interpretazione, però, va in senso contrario a quanto espressamente disposto dalla norma che, invece, richiede un preciso incombente formale da svolgere contestualmente alla proposizione dell’appello, visto che l’art. 581, comma 1, ter. Cod. proc. pen. esplicitamente dispone che «con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio
La norma, dunque, pretende che contestualmente all’atto di appello sia depositato, (e non richiamata) l’elezione di domicilio dell’impugnante, ciò in coerenza con le precise e dichiarate finalità perseguite dal legislatore, indicate nella necessità di individuare senza incertezze il luogo in cui l’imputato intende ricevere la citazione per la sua effettiva e consapevole partecipazione al grado di appello del
giudizio, introdotto con l’atto presentato dal suo difensore.
La precisa disposizione normativa, nel pretendere il deposito di un atto esclusivamente riferibile all’imputato, fa escludere che possa ritenersi equipollente a tale incombente formale -previsto a pena di inammissibilità- un mero richiamo da parte del difensore a un preciso atto di esclusiva pertinenza dell’impugnante, che il legislatore vuole materialmente presente insieme all’atto d’impugnazione.
Da qui il rigetto del primo motivo d’impugnazione.
Con successiva memoria difensiva sono stati presentati motivi aggiunti nell’interesse di COGNOME e COGNOME, con cui si deduce l’inosservanza di norma processuale e si sostiene che la disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non si applica agli appelli proposti agli imputati detenuti.
2.1. A tale proposito, va preliminarmente osservato come tali motivi nuovi siano ammissibili, in quanto riguardano il medesimo tema introdotto con l’atto principale, essendo anch’essi relativi all’ambito di applicazione della disposizione contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen..
Va altresì osservato che risulta che COGNOME e COGNOME, al momento della presentazione dell’appello, si trovavano ristretti agli arresti donniciliari e no detenuti presso un istituto penitenziario.
2.2. Ciò premesso, i ricorrenti richiamano un orientamento secondo il quale l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., che, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, richiede, a pena d’inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata unitannente all’atto d’impugnazione, non opera nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto (Sez. 2, n. 38442 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285029; Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285021 – 01).
Tale principio di diritto, però si rivolge alle ipotesi in cui l’imputato appellan sia detenuto in carcere e non anche quando si trovi ristretto agli arresti domiciliari, giacché in tale ultima ipotesi si applica il diverso principio di diritto -cui si int dare seguito- a mente del quale, quando l’impugnante sia detenuto “in luogo diversi dagli istituti penitenziari” le notifiche devono essere effettuate secondo le regole ordinarie, derogate dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen..
Va ribadito, dunque, che «in tema di impugnazioni, la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per il caso di omesso deposito, da parte dell’imputato appellante, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, op anche nei confronti dell’appellante sottoposto agli arresti domiciliari, al quale l notifica deve essere eseguita ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen. (Sez. 4 – , Sentenza n. 41858 del 08/06/2023, Andrioli, Rv. 285146 – 01).
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Tale conclusione è stata così spiegata nella sentenza ora menzionata: «sotto un primo profilo, che attiene alla collocazione sistematica della norma nel titolo I (Disposizioni generali) del libro IX riservato alle impugnazioni, la disposizione in esame (obbligo di dichiarazione/elezione di domicilio con l’atto di impugnazione a pena di inammissibilità) ha carattere generale, tassativo e assoluto, si riferisce a tutte le impugnazioni proposte dalle parti private ed è funzionale al buon esito della notificazione del decreto di citazione a giudizio, affinché lo stesso raggiunga la sfera di conoscenza del destinatario. A questo proposito anche la nuova disciplina del procedimento notificatorio riservata alla prima notifica all’imputato non detenuto (art.157 richiamato da art.156 comma 3 cod.proc.pen.) persegue l’obiettivo di garantire il massimo grado di conoscibilità dell’atto da notificare, in primo luogo escludendo la notifica telematica di cui all’art.148 comma 1 cod.proc.pen., nonché estendendo le modalità di notificazione di copia analogica alla persona alle notifiche successive alla prima (art. 156 comma 3 cod.proc.pen.). Si tratta peraltro di regola processuale inserita nel settore delle notificazioni, ha rilievo particolare in quanto riferisce alle notifiche da eseguirsi all’imputato, anche se detenuto in luogo diverso dal carcere, e non contiene nessuna espressa deroga alla regola generale introdotta dall’art.581 comma 1 ter cod.proc.pen. che si riferisce al regime delle impugnazioni, sebbene la norma di rinvio (156 comma 3 cod.proc.pen.) sia stata riformulata nello stesso testo normativo che ha introdotto l’obbligo di dichiarazione/elezione del domicilio ai sensi dell’art.581 comma 1 ter cod.proc.pen.. . Sotto il divers profilo della ratio legis la nuova disposizione che pone in capo alla parte privata l’onere della dichiarazione del domicilio, mira da un lato a responsabilizzare la parte nella prospettiva impugnatoria, richiedendo un suo personale contributo (che si somma a quello, eventuale richiesto dal successivo comma 1-quater in caso di giudizio definito in assenza), e dall’altro mira ad agevolare il buon esito del procedimento notificatorio, in ossequio al principio di collaborazione e di lealtà processuale (sul punto sez.4, n.22140 del 3/05/2023, RAGIONE_SOCIALE); cosicchè tale adempimento, di carattere preliminare alla notifica della citazione in giudizio, riveste una funzione di razionalizzazione del giudizio di impugnazione e, al contempo, di ricondurre il gravame alla parte che se ne avvale, la quale è chiamata a condividerne l’esperimento mediante la dichiarazione/elezione di domicilio finalizzata alla citazione a giudizio. Assolvendo tale adempimento la parte privata evidenzia di essere consapevole della impugnazione che verrà interposta dal proprio difensore, dovendo necessariamente interagire con esso in tale prospettiva e al contempo pone le premesse per la sua consapevole e informata partecipazione al giudizio di impugnazione, in tale modo rimanendo esclusi o fortemente limitati gli eventuali rimedi restitutori e rescissori del giudicato nelle fasi successive al giudizio Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A fronte di tali finalità di razionalizzazione-semplificazione del giudi
impugnatorio -anche nella prospettiva di neutralizzare l’esperimento di rimedi straordinari- e di personalizzazione della impugnazione, il procedimento notificatorio attraverso il quale la parte privata viene resa edotta del giudizio si pone su un altro piano, secondo le scansioni e le forme previste dal codice di rito, nella prospettiva di assicurare al destinatario della citazione a giudizio il massimo grado di conoscibilità dell’atto, mediante la consegna di copia analogica in mani della persona ovvero con le forme equipollenti indicate dall’art.157 cod.proc.pen., ma in nessun modo priva di scopo gli adempimenti richiesti dall’art.581 commi 1 ter cod.proc.pen., che non risultano inutiliter data neppure nella ipotesi di imputato detenuto agli arresti domiciliari, in considerazione della possibile nnutevolezza dello status detentionis nelle more della citazione a giudizio e tenuto conto della clausola di riserva contenuta nell’art.157 comma 1 cod.proc.pen. che fa salva la ipotesi in cui l’imputato abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all’art.161 connma 1 cod.proc.pen. Lo stato di detenzione dell’imputato al momento del deposito dell’atto di impugnazione non consente pertanto di fare ritenere non applicabile la previsione in esame, sia perché la norma nulla ha previsto in tal senso (né il coordinamento con la disciplina del procedimento notificatorio consente di ravvisare una relazione di specialità derogans tra le due disposizioni), sia perché una interpretazione che ravvisasse una incompatibilità logica tra la disposizione di cui all’art.581 comma 1 ter cod.proc.pen. e le disposizioni che governano il procedimento notificatorio nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari (156 comma 3 e 157 cod.proc.pen.), non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell’impugnante successivamente al deposito dell’atto di appello».
Da quanto esposto consegue che la Corte territoriale ha correttamente dichiarato l’inammissibilità degli appelli degli odierni ricorrenti.
Da qui il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti alle spese processuali,
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La Presidente Il Consigliere estensore
NOME COGNOME