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Elezione di domicilio appello: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di un appello penale per mancato deposito della nuova elezione di domicilio appello. La sentenza chiarisce che, a seguito della Riforma Cartabia, la dichiarazione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio non è più valida per le fasi successive, rendendo obbligatoria una nuova dichiarazione contestuale all’atto di impugnazione per garantirne l’ammissibilità.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio Appello: Obbligo Assoluto Post-Riforma Cartabia

La recente sentenza n. 21560/2024 della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di una nuova elezione di domicilio appello come condizione imprescindibile per l’ammissibilità dell’impugnazione. Questa decisione chiarisce che la precedente dichiarazione, valida per il primo grado, non è più sufficiente, segnando un cambiamento significativo per la prassi difensiva.

I Fatti del Caso: Un Appello Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Roma per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti. Il difensore dell’imputato proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. Tuttavia, la Corte d’Appello di Roma dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? L’atto di appello non era accompagnato dalla dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito introdotto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

L’imputato, tramite il suo legale, presentava quindi ricorso per cassazione, sostenendo che tale requisito non fosse necessario, avendo egli già eletto domicilio presso il difensore nel corso del primo grado di giudizio. Veniva inoltre sollevata una questione di legittimità costituzionale della norma, ritenuta irragionevole.

La Questione Giuridica e l’Importanza della Elezione di Domicilio Appello

Il fulcro della controversia risiede nell’interpretazione delle nuove disposizioni procedurali. Con la Riforma Cartabia, il legislatore ha voluto rafforzare la consapevolezza e la partecipazione dell’imputato al processo. La norma in esame mira a garantire che la decisione di impugnare una sentenza sia una scelta ponderata e personale dell’interessato, non un automatismo difensivo. L’obbligo di una specifica elezione di domicilio appello serve proprio a confermare la volontà dell’imputato di proseguire nel giudizio, dopo essere stato messo a conoscenza della sentenza di condanna.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito che l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. introduce una condizione di ammissibilità chiara e inequivocabile. La mancata presentazione della dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di impugnazione ne comporta, inevitabilmente, l’inammissibilità.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando la ratio della riforma. Il legislatore ha volutamente modificato anche l’art. 164 c.p.p., eliminando la previsione secondo cui l’elezione di domicilio valeva “per ogni stato e grado del procedimento”. Questa modifica esclude esplicitamente che una dichiarazione precedente possa esimere l’appellante dal nuovo adempimento.

Lo scopo, spiegano i giudici, è duplice: da un lato, selezionare in entrata le impugnazioni, “caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata”; dall’altro, assicurare che l’impugnazione sia espressione di un “personale interesse dell’imputato medesimo” e non si traduca in un “automatismo difensivo”.

La Corte ha inoltre ritenuto la norma pienamente legittima e ragionevole, rappresentando un esercizio della discrezionalità del legislatore non in contrasto con i principi costituzionali del diritto di difesa. L’onere di rinnovare la propria volontà di proseguire nel giudizio è considerato proporzionato allo scopo di garantire la conoscenza effettiva e la partecipazione consapevole al processo.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro. Per avvocati e assistiti, emerge un’implicazione pratica di fondamentale importanza: l’atto di appello deve essere sempre e inderogabilmente accompagnato da una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio. Omettere questo adempimento, anche se una precedente elezione di domicilio è già presente agli atti, comporta la sanzione più grave: l’inammissibilità dell’impugnazione, con la conseguente impossibilità di far valere le proprie ragioni nel merito.

È ancora valida per l’appello la dichiarazione di domicilio fatta nel primo grado di giudizio?
No. La Corte di Cassazione, interpretando la Riforma Cartabia (in particolare gli artt. 581, comma 1-ter, e 164 c.p.p.), ha stabilito che la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata nel primo grado non è più valida per l’impugnazione. È necessario depositare una nuova e specifica dichiarazione contestualmente all’atto di appello.

Qual è la conseguenza se non si deposita la nuova elezione di domicilio con l’atto di appello?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità dell’appello. Ciò significa che i giudici non esamineranno nel merito i motivi dell’impugnazione, che verrà rigettata per una ragione puramente formale.

Perché il legislatore ha introdotto questo nuovo obbligo?
Secondo la Corte, lo scopo è quello di selezionare le impugnazioni, assicurandosi che esse siano espressione di una scelta “ponderata e rinnovata” da parte dell’imputato. Si vuole verificare che l’imputato sia effettivamente a conoscenza della sentenza e voglia proseguire nel giudizio, evitando appelli “automatici” presentati dal difensore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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