Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7751 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7751 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
Deposí ca in Cé3.1.Cti efia
SENTENZA
2 6 FEB. 2025
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato Positano, il 20/07/1961
IL
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NOME
avverso l’ordinanza del 25/07/2024 della Corte di appello di Salerno
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta la memoria trasmessa dal difensore avv.to COGNOME
Oggi,
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2024 la Corte di Appello di Salerno ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del 30 novembre 2023 emessa dal Tribunale di Salerno, che aveva dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine ai reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.P.R 309 del 1990 (capo a); 181, commi 1 e 1-bis, d.lgs n. 42 del 2004 (capo b); 93 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo c); 64 e 71 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo d); 65 e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo e); 13 e 30 legge n. 394 del 1991 (capo f); 734 cod. pen. (capo g) perché estinti per intervenuta prescrizione. La declaratoria di inammissibilità dell’appello si fonda sulla mancata indicazione nell’atto di appello
e/o allegazione di una dichiarazione o elezione di domicilio, come imposto dall’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., introdotto dal d.igs. 150 del 2022.
L’imputato ha presentato ricorso a mezzo del proprio difensore di fiducia, che ha formulato un unico motivo, con cui lamenta inosservanza dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. inserito dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 150 del 2022 e dell’art. 164 cod. proc. pen.
Sostiene il ricorrente che la dichiarazione o elezione di domicilio pretesa dalla Corte territoriale sarebbe stata del tutto superflua, dal momento che egli con l’atto di impugnazione dichiarava, sottoscrivendo l’impugnazione, la propria residenza e che nel corso del giudizio di primo grado aveva eletto domicilio presso il suo difensore di fiducia, avv.to COGNOME presso il quale anche l’ordinanza impugnata è stata notificata.
Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso alla luce della giurisprudenza di questa Corte (si indicano Sez. 2, n. 19547 del 14/03/2024, dep. 16/05/2024, Rv. 286521 – 01; Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, dep. 24/01/2024, Rv. 285805 – 01; Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, dep. 15/02/2024, Rv. 285985 – 01; Sez. 2, n. 23462 del 12/04/2024, dep. 11/06/2024, Rv. 286374 – 01) anche nel suo massimo consesso (Sez. U, n. 6578 del 2024) evidenziando che, nel caso di specie, la precedente elezione di domicilio, valida per il primo grado di giudizio, non è richiamata nell’atto di appello e non è richiamata neppure nel mandato difensivo per la proposizione dell’appello, sicché, seguendo l’insegnamento sopra riportato, deve rilevarsi l’infondatezza del ricorso.
Con memoria scritta, in replica alla requisitoria del Procuratore generale, l’avvocato COGNOME COGNOME rilevando che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 6578/2024 del 24/10/2024, hanno adottato, sulla controversa questione di diritto, una soluzione che non è pertinente alla fattispecie di causa, insiste nell’accoglimento del ricorso.
Pur dando atto che l’atto di appello proposto il 23 marzo 2024 non conteneva il richiamo alla precedente dichiarazione o elezione di domicilio, evidenzia il difensore che allo stesso era allegata una dichiarazione di domicilio indicata dal ricorrente nella sua residenza, e che non «può ritenersi che l’elezione di domicilio, ossia la scelta del luogo ove l’imputato intenda ricevere gli att processuali, richieda una formula tassativa, perché è sufficiente che nell’impugnazione risulti precisamente un’indicazione “tale da consentire l’immediata ed inequivoca individuazione de/luogo in cui eseguire la notificazione” (come nella sentenza delle SS.UU. n. 6578/2024)». Contenendo una dichiarazione di domicilio, il proposto appello deve dichiararsi ammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Nessuna censura può essere mossa all’impugnato provvedimento che ha correttamente applicato i principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite del 24 ottobre 2024, di cui è stata diffusa l’informazione provvisoria (le motivazioni alla data odierna non sono state ancora depositate).
1.1 Le questioni di diritto rimesse al Supremo consesso da Sez. 5, ord. n. 26458 del 19 giugno 2024 erano così formulate:
«Se ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell’impugnazione.
Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo»;
e le Sezioni Unite si sono così pronunciate:
«La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.
La previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione».
1.2 La lettura combinata dei due principi consente di affermare, in primo luogo, che al caso di specie non è applicabile la novella di cui all’art. 2, lett. o legge 9 agosto 2024, n. 114 (che ha abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen.) in quanto l’impugnazione è stata proposta il 25 marzo 2024 e dunque prima della data (del 25 agosto 2024) di entrata in vigore della riforma.
Ne deriva che l’appello proposto dal ricorrente sottostà al disposto di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. a norma del quale, secondo il diritto vivente, è sufficiente che l’impugnazione contenga (anche solo) il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
1.3 Nel caso che occupa l’appello non contiene alcun richiamo ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio (che risulta esservi stata, come si desume dal ricorso per cassazione in cui si fa menzione di una elezione di domicilio presso lo studio del difensore di fiducia) né alcuna indicazione della sua collocazione nel fascicolo processuale e dunque, sotto questo profilo, deve ritenersi che non si versi nell’ipotesi in cui, secondo il massimo consesso, l’appello sarebbe stato ammissibile.
1.4. Né può ritenersi che quanto contenuto nella “dichiarazione di impugnazione” inserita nella prima pagina dell’atto di appello possa essere inteso, come invece sostiene il difensore nella memoria di replica alla requisitoria del pubblico ministero, quale elezione di domicilio. Nessuna censura può essere infatti mossa sul punto alla Corte di appello che, nel dichiarare inammissibile il proposto gravame, ha evidenziato come tale dichiarazione non contenga alcuna dichiarazione/elezione di domicilio, limitandosi con essa il ricorrente ad indicare, oltre alle proprie generalità, alla data e al luogo di nascita, il suo indirizzo residenza, indicazione, questa, insufficiente alla formalizzazione necessaria ai sensi dell’art. 162 cod. proc. pen.
2 Ne consegue, alla luce delle suesposte considerazioni, l’inammissibilità del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere per il ricorrente del pagamento delle spese del procedimento nonché, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/01/2025.