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Elezione di domicilio appello: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7751/2025, dichiara inammissibile un ricorso per mancata elezione di domicilio nell’atto di appello, conformemente alla Riforma Cartabia. Anche se un domicilio era stato eletto in primo grado, la sua mancata menzione specifica nell’atto di impugnazione ne ha causato l’inammissibilità, come chiarito dalle Sezioni Unite. La sentenza sottolinea l’importanza dei requisiti formali per la validità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Inammissibile: L’Importanza della Corretta Elezione di Domicilio

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7751 del 2025 riaccende i riflettori su un aspetto formale ma decisivo del processo penale: l’elezione di domicilio appello. A seguito della Riforma Cartabia, questo adempimento è diventato un requisito di ammissibilità cruciale, la cui omissione può precludere l’esame nel merito dell’impugnazione. La pronuncia in esame chiarisce, sulla scia delle Sezioni Unite, che non basta aver eletto domicilio in primo grado; è necessario un richiamo esplicito nell’atto di appello.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver ottenuto una sentenza di non doversi procedere per prescrizione dal Tribunale di Salerno, proponeva appello. La Corte di Appello di Salerno, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? La mancata indicazione, nell’atto di appello, di una dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dal d.lgs. 150/2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia).

La Difesa dell’Imputato e il Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso per cassazione, sostenendo che tale requisito fosse superfluo. Egli aveva infatti già eletto domicilio presso lo studio del suo avvocato durante il giudizio di primo grado, e proprio a quell’indirizzo era stata notificata l’ordinanza impugnata. Inoltre, nell’atto di impugnazione era stata indicata la sua residenza. Secondo la difesa, questi elementi erano sufficienti a garantire la reperibilità e a soddisfare la finalità della norma.

L’elezione di domicilio appello secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato. I giudici hanno basato la loro decisione su un recente e fondamentale intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 6578/2024), che ha risolto il contrasto interpretativo sulla questione. Il principio stabilito è netto: non è sufficiente la mera esistenza di una precedente elezione di domicilio negli atti del processo.

Il Principio delle Sezioni Unite: Chiarezza e Specificità

Le Sezioni Unite hanno chiarito che, per le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024, la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata rigorosamente. L’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, deve contenere:
1. Una nuova dichiarazione o elezione di domicilio;
2. Oppure, un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, indicandone la collocazione nel fascicolo processuale.

Questo richiamo deve essere tale da permettere un’individuazione immediata e inequivoca del luogo scelto per le notificazioni. La semplice indicazione della residenza, come avvenuto nel caso di specie, non è considerata equipollente a una formale elezione di domicilio.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che l’appello in questione non conteneva alcun richiamo, né espresso né specifico, alla precedente elezione di domicilio effettuata presso lo studio del difensore. Di conseguenza, non rientrava nell’ipotesi in cui, secondo le Sezioni Unite, l’appello avrebbe potuto essere considerato ammissibile. La dichiarazione contenuta nell’atto di impugnazione, che si limitava a riportare le generalità e l’indirizzo di residenza dell’imputato, è stata giudicata insufficiente a soddisfare il requisito formale previsto dalla legge. La Corte ha quindi confermato la decisione della Corte di Appello, dichiarando l’inammissibilità del ricorso.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza del rigore formale nella redazione degli atti di impugnazione penale. L’elezione di domicilio appello non è una mera formalità, ma un requisito di ammissibilità la cui omissione ha conseguenze definitive. Per i difensori, diventa fondamentale non solo assicurarsi che il cliente abbia eletto domicilio, ma anche e soprattutto che tale elezione sia esplicitamente richiamata nell’atto di appello, con precise indicazioni sulla sua collocazione processuale. In assenza di ciò, il diritto di difesa rischia di essere vanificato da un vizio procedurale insuperabile.

Cosa succede se nell’atto di appello manca la dichiarazione o elezione di domicilio?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione, in linea con le Sezioni Unite, la mancata indicazione o il mancato richiamo esplicito a una precedente elezione di domicilio costituisce un vizio formale che impedisce l’esame del merito dell’impugnazione.

È sufficiente aver eletto domicilio durante il processo di primo grado?
No, non è sufficiente. La sola esistenza di una precedente elezione di domicilio non salva l’appello dall’inammissibilità. È necessario che l’atto di appello contenga un richiamo espresso e specifico a quella precedente elezione, indicando dove si trova all’interno del fascicolo processuale, in modo da consentire una sua immediata individuazione.

Indicare il proprio indirizzo di residenza nell’atto di appello sostituisce l’elezione di domicilio?
No. La Corte ha chiarito che la semplice indicazione dell’indirizzo di residenza non è sufficiente per soddisfare il requisito di legge, in quanto non equivale alla formale elezione di domicilio richiesta dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale per le notificazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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