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Elezione di domicilio appello: la Cassazione decide

La Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, ha stabilito che l’appello è inammissibile se nell’atto non si fa espresso richiamo alla precedente elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che la norma sulla elezione di domicilio nell’appello penale, sebbene abrogata, si applica ai ricorsi proposti prima del 24 agosto 2024. La semplice presenza in primo grado non è sufficiente a superare il vizio.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di domicilio appello: le Sezioni Unite chiariscono i requisiti formali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha posto fine a un acceso dibattito giurisprudenziale riguardante un requisito formale cruciale per l’ammissibilità delle impugnazioni: l’elezione di domicilio nell’atto di appello. La pronuncia, basandosi su un intervento risolutore delle Sezioni Unite, ha confermato che la mancata indicazione o il mancato richiamo espresso al domicilio eletto nell’atto di gravame ne determina l’inammissibilità, anche se l’imputato era presente nel giudizio di primo grado. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per bancarotta emessa dal Tribunale di Rovigo. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. Tuttavia, la Corte d’Appello di Venezia dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione era puramente procedurale: nell’atto di gravame non era stata inserita la dichiarazione o l’elezione di domicilio, come richiesto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia.

L’imputato ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che tale requisito non dovesse applicarsi al suo caso. Egli, infatti, non solo era stato presente durante il processo di primo grado, ma aveva anche regolarmente eletto domicilio presso lo studio del suo avvocato fin dalle prime fasi del procedimento. A supporto della sua tesi, il ricorrente evidenziava un contrasto interpretativo sorto all’interno della stessa Corte di Cassazione, con sentenze di segno opposto sulla necessità di tale formalità per gli imputati non giudicati in absentia.

La Decisione della Corte e il Principio sull’Elezione di Domicilio Appello

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Il fulcro della decisione risiede nel richiamo a una recentissima sentenza delle Sezioni Unite (24 ottobre 2024), che ha risolto il contrasto giurisprudenziale.

Le Sezioni Unite hanno stabilito il seguente principio di diritto: la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. — sebbene abrogata dalla L. 114/2024 a partire dal 25 agosto 2024 — continua ad applicarsi a tutte le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024. La norma deve essere interpretata nel senso che, affinché l’appello sia ammissibile, deve contenere un “richiamo espresso e specifico” a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua esatta collocazione nel fascicolo processuale. Questo richiamo deve essere tale da permettere un’immediata e inequivocabile individuazione del luogo per le notificazioni.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione si allineano completamente al principio espresso dalle Sezioni Unite. La Corte ha sottolineato che, nel caso di specie, l’appello era stato proposto prima del 24 agosto 2024 e, pertanto, era soggetto alla vecchia normativa.

Nell’atto di appello, la difesa si era limitata a menzionare il luogo di residenza dell’imputato, omettendo quel “richiamo espresso e specifico” alla precedente elezione di domicilio effettuata presso lo studio legale. Questa omissione, secondo la Corte, non è una mera formalità, ma un vizio che incide direttamente sull’ammissibilità dell’atto, poiché frustra la finalità della norma, ovvero garantire la rapida e certa reperibilità dell’imputato nella fase di impugnazione.

La Corte ha quindi chiarito che la presenza dell’imputato nel primo grado di giudizio non è di per sé sufficiente a sanare il vizio. Il requisito formale è richiesto a prescindere dalle modalità di svolgimento del precedente grado, proprio per assicurare certezza procedurale nella fase successiva.

Conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione rigorosa dei requisiti formali dell’atto di appello, in linea con lo spirito della Riforma Cartabia di velocizzare e rendere più efficiente il processo penale. Sebbene la norma specifica sia stata abrogata, la decisione ha importanti implicazioni per tutti gli appelli presentati prima del 25 agosto 2024. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara lezione che la cura degli aspetti formali, come il corretto richiamo all’elezione di domicilio, è fondamentale per non incorrere in declaratorie di inammissibilità che precludono l’esame nel merito della vicenda processuale.

Per gli appelli presentati prima del 24 agosto 2024, è sufficiente aver eletto domicilio in primo grado per rendere ammissibile l’impugnazione?
No. Secondo la sentenza, che si conforma a una decisione delle Sezioni Unite, non è sufficiente. L’atto di impugnazione deve contenere un richiamo “espresso e specifico” alla precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.

La norma sull’obbligo di elezione di domicilio nell’atto di appello (art. 581, co. 1-ter c.p.p.) è ancora in vigore?
No, la norma è stata abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, con effetto dal 25 agosto 2024. Tuttavia, la sentenza chiarisce che essa continua ad applicarsi a tutte le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024.

La presenza dell’imputato al processo di primo grado sana la mancata dichiarazione di domicilio nell’atto di appello?
No. La sentenza specifica che il requisito formale si applica anche ai processi celebrati nei confronti di un imputato presente. La presenza non esonera dall’obbligo di inserire nell’atto di gravame il richiamo specifico all’elezione di domicilio precedentemente effettuata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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