Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30668 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30668 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/01/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 16 gennaio 2024, e depositata in tale data, la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME, per mancanza di deposito della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazion giudizio, ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., e ha ordinato l’esecuzione del provvedimento impugnato.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando due motivi, preceduti da una premessa sugli accadimenti processuali rilevanti ai fini dell’impugnazione.
2.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod proc. pen., avendo riguardo alla corretta applicazione della disciplina del deposito della dichiarazione o elezione di domicilio nel caso di appello di imputato non giudicato in assenza.
Si premette che l’imputato, sin dalla ricezione del decreto di citazione a giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, aveva nominato come difensore di fiducia l’AVV_NOTAIO ed aveva eletto domicilio presso lo studio di quest’ultimo. Si precisa, altresì, che l’imputato, nella sentenza di primo grado, era stato indicato come libero già presente non comparso. Si aggiunge, che l’ordinanza di inammissibilità, emessa dalla Corte d’appello, è stata notificata sia al difensore che all’imputato, a quest’ultimo nel luogo del domicilio eletto.
Si deduce che, la nuova disciplina introdotta dalla I. n. 199 del 2022, nel dettare nuove regole in tema di notifiche, distingue la condizione dell’imputato processato nel precedente grado in absentia da quello giudicato in presenza, introducendo solo per il primo un chiaro obbligo di rinnovazione di deposito del mandato ad impugnare e la contestuale elezione o dichiarazione di domicilio. Si osserva che la più recente giurisprudenza di legittimità ha ritenuto inapplicabile la sanzione dell’inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., al caso dell’imputato processato in presenza, quando sia già depositata dichiarazione o elezione di domicilio (si cita Sez. 2, n. 8014 dell’11/01/2024, COGNOME, Rv. 285936 – 01).
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta obbligatorietà di rinnovo di elezione di domicilio ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione.
Si deduce che deve ritenersi sufficiente l’elezione di domicilio già effettuata per il precedente grado di giudizio, e già presente in atti, in quanto l’art. 58 comma 1-ter, cod. proc. pen. si limita a richiedere il mero deposito della dichiarazione o elezione di domicilio, senza specificare che questa dichiarazione o elezione debba essere successiva al provvedimento impugnato.
Si aggiunge che: a) l’obbligo di rinnovo di elezione di domicilio risulta lesivo del diritto di difesa, in quanto determina un’irragionevole asimmetria nel potere di impugnazione rispetto ad altri soggetti del processo, come la parte civile, i quali, contrariamente all’imputato, non sono gravati da analoghe restrizioni; b) è
irragionevole applicare la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione, prevista per l’ipotesi di “difficoltà di notifica”, nei casi in cui questa difficoltà non v perché la dichiarazione o elezione di domicilio sia già in atti.
2.3. Si conclude con la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 24 e 111 Cost, o, in subordine, di accogliere il ricorso ed annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nei due motivi, da esaminare congiuntamente, perché strettamente connesse, le quali contestano la ritenuta inammissibilità del ricorso ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., sul presupposto che a questa fattispecie normativa deve ritenersi estranea l’ipotesi relativa ad imputato che non sia stato processato in assenza, abbia nominato un difensore di fiducia, ed abbia già dichiarato o eletto domicilio.
2.1. Ai fini dell’esame delle censure appena sintetizzate, è utile partire dal dato normativo.
L’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. prevede: «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto d citazione a giudizio».
2.2. Il dettato normativo, per quanto di specifico interesse in questa sede, risulta prevedere con chiarezza che l’imputato o il suo difensore, nel presentare l’atto di impugnazione, deve depositare, «a pena di inammissibilità», la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto d citazione a giudizio, e, quindi, anche per il giudizio di appello.
Il testo normativo, inoltre, deve ritenersi riferito proprio all’imputa processato in presenza – nella specie, l’attuale ricorrente, nel giudizio di primo grado, risultava libero già presente non comparso – anche perché specifica e più rigorosa disciplina è prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., nel caso di impugnazione presentata dall’imputato processato in assenza. Invero, l’art. 581, comma 1-quater, cit., dispone: «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».
E anche le decisioni più attente alle esigenze del diritto di difesa, con riguardo all’imputato non processato in absentia, hanno ritenuto necessario il deposito, unitamente all’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio, pur se anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, COGNOME NOME, Rv. 285936 – 01), o, quanto meno, l’allegazione, nell’intestazione dell’atto di appello, della ricorrenza dell’elezione di domicilio, g effettuata dall’appellante presso il difensore di fiducia nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, NOME. Rv. 286269 – 01).
2.3. Nella specie, non solo non è stata depositata, unitamente all’atto di appello, alcuna dichiarazione o elezione di domicilio, ma l’atto di appello proposto nell’interesse dell’attuale ricorrente non contiene alcuna indicazione relativa alla dichiarazione o elezione di domicilio del medesimo.
Di conseguenza, di immediata constatazione è l’inosservanza della prescrizione prevista e sanzionata a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Manifestamente infondata, inoltre, ad avviso del collegio è la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., prospettata per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., in particolare perché la stessa si applica all’imputato, ma non anche alle altre parti private, e perché la stessa sanziona anche ipotesi in cui non vi sia alcuna difficoltà di notifica, come nella specie, per la presenza in atti di valida dichiarazione o elezione di domicilio.
Innanzitutto, va precisato che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. è espressamente riferito alle «parti private» e ai «difensori», senza alcuna distinzione, sicché nessuna asimmetria lo stesso pone tra la posizione dell’imputato e quella delle altre parti private.
In secondo luogo, poi, la scelta del legislatore di richiedere, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio unitamente all’atto di impugnazione in funzione della notificazione del decreto di citazione a giudizio non sembra manifestamente irragionevole o sproporzionata. Da un lato, infatti, l’adempimento richiesto è di semplice prestazione, a maggior ragione se si ritiene sufficiente anche la puntuale indicazione nell’atto di impugnazione dell’atto di dichiarazione o di elezione di domicilio già compiuto. Dall’altro, poi, lo stesso serve ad evitare ogni incertezza in ordine al compimento delle operazioni dirette a costituire il contraddittorio per il corretto svolgimento del giudizio di impugnazione.
E ad identiche conclusioni è pervenuta già, specificamente, altra decisione, secondo la quale è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti
dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né co presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Terrasi, Rv. 285900 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 31/05/2024.