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Elezione di domicilio appello: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6605/2024, ha rigettato il ricorso di un imputato, confermando l’inammissibilità del suo appello. La Corte ha stabilito che la mancata presentazione contestuale all’atto di impugnazione della dichiarazione o elezione di domicilio in appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., non può essere sanata dalla pregressa conoscenza del domicilio o da indicazioni presenti nella procura speciale. Si tratta di un onere formale inderogabile a pena di inammissibilità.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio in Appello: Un Atto Formale Indispensabile

L’elezione di domicilio in appello rappresenta un adempimento cruciale nel processo penale, la cui omissione può avere conseguenze definitive. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6605 del 2024, ha ribadito con fermezza il rigore formale richiesto dalla legge, sottolineando come la sua inosservanza conduca inevitabilmente all’inammissibilità dell’impugnazione. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Un Appello Dichiarato Inammissibile

La vicenda trae origine dalla decisione di una Corte di Appello che, con una procedura snella de plano, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato contro una sentenza di primo grado. La ragione di tale drastica sanzione processuale risiedeva nella mancata osservanza di una specifica formalità prevista dal Codice di procedura penale.

In particolare, l’imputato, tramite il suo difensore, non aveva depositato, contestualmente all’atto di impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio in appello ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, come imposto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di rito.

L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che tale requisito fosse un mero formalismo superfluo nel suo caso. Egli evidenziava di aver già dichiarato il proprio domicilio nel corso del primo grado di giudizio e di averlo ribadito nella procura speciale rilasciata al difensore e allegata all’atto di appello. Secondo la difesa, questi elementi erano più che sufficienti a garantire la sua reperibilità e a manifestare la sua volontà di partecipare al giudizio di secondo grado.

La Questione Giuridica: Formalità o Formalismo?

Il nucleo della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 581, comma 1-ter, c.p.p. La difesa sosteneva una lettura sostanzialista, volta a valorizzare la ratio della norma: assicurare che l’imputato fosse a conoscenza del processo d’appello. Poiché tale conoscenza era, a suo dire, garantita, la mancata produzione di un documento separato e specifico non avrebbe dovuto comportare l’inammissibilità.

Di contro, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione e, in ultima analisi, la stessa Corte, hanno abbracciato un’interpretazione rigorosamente letterale e formale della disposizione, ritenendola un onere ineludibile per l’appellante.

La Decisione della Cassazione sulla Elezione di Domicilio in Appello

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, giudicandolo infondato e confermando così la decisione di inammissibilità dell’appello. I giudici hanno chiarito che le formalità previste dalla norma non sono derogabili né surrogabili da atti equipollenti.

Le Motivazioni

La Corte ha evidenziato che la legge è esplicita nel richiedere che «con l’atto d’impugnazione […] è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio». L’uso del verbo ‘depositare’ e la previsione della sanzione più grave (l’inammissibilità) indicano la volontà del legislatore di imporre un preciso incombente formale, da assolvere contestualmente alla presentazione dell’appello. Non è sufficiente che il domicilio sia già agli atti o che venga menzionato in altri documenti, come la procura speciale.

Lo scopo della norma è quello di individuare senza alcuna incertezza il luogo in cui l’imputato intende ricevere la citazione a giudizio per il grado di appello. Questo garantisce la sua effettiva e consapevole partecipazione al processo, introdotto dall’atto presentato dal suo difensore. Il legislatore ha voluto che vi fosse un atto specifico, di esclusiva pertinenza dell’imputato, a manifestare questa volontà, eliminando ogni possibile ambiguità o necessità di ricerca da parte della cancelleria.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel diritto processuale, la forma è sostanza. L’obbligo di depositare una specifica dichiarazione o elezione di domicilio in appello non è un vuoto formalismo, ma un requisito posto a presidio del diritto di difesa e della certezza del procedimento. Per gli avvocati e i loro assistiti, la lezione è chiara: al momento della presentazione di un atto di appello, è imperativo allegare un documento separato e specifico con cui l’imputato dichiara o elegge il proprio domicilio per quel grado di giudizio. Qualsiasi altra soluzione, anche se apparentemente logica e sufficiente, espone l’impugnazione al rischio concreto e insanabile dell’inammissibilità.

È sufficiente che il domicilio dell’imputato sia già noto dagli atti del primo grado per evitare di doverlo dichiarare nuovamente in appello?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. richiede un adempimento formale specifico e contestuale al deposito dell’atto di appello, a pena di inammissibilità.

L’indicazione della residenza nella procura speciale allegata all’atto di appello può sostituire la formale elezione di domicilio?
No. La Corte ha stabilito che la norma pretende il deposito di un atto (la dichiarazione o elezione di domicilio) esclusivamente riferibile all’imputato e non un mero richiamo da parte del difensore, nemmeno se contenuto nella procura.

Qual è lo scopo della norma che impone di depositare l’elezione di domicilio insieme all’atto di appello?
Lo scopo è quello di individuare senza incertezze il luogo dove l’imputato intende ricevere la citazione a giudizio per il grado di appello, garantendo così la sua effettiva e consapevole partecipazione al processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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