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Elezione di domicilio appello: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3118/2024, ha confermato l’inammissibilità di un ricorso in appello per la mancata presentazione di una nuova elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che, a seguito della Riforma Cartabia, l’elezione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio non è più valida per l’impugnazione, essendo necessaria una nuova e specifica dichiarazione per garantire la certezza della conoscenza del processo da parte dell’imputato.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio in Appello: Perché una Vecchia Dichiarazione non Basta Più

Con la recente sentenza n. 3118 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di una nuova elezione di domicilio appello per l’ammissibilità dell’impugnazione. Questa decisione sottolinea come una dichiarazione di domicilio effettuata durante il primo grado di giudizio non sia più sufficiente, creando un onere di collaborazione per la difesa a pena di inammissibilità. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: L’Appello Dichiarato Inammissibile

Tre imputati, condannati in primo grado dal Tribunale di Milano per il reato di cui all’art. 497-bis del codice penale, proponevano appello tramite il loro difensore. L’atto di impugnazione, tuttavia, veniva dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello. Il motivo? La violazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Invece di depositare una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, il difensore si era limitato ad allegare quella effettuata dagli imputati in una fase precedente del procedimento, ovvero durante l’udienza di convalida dell’arresto. Contro questa decisione, la difesa ricorreva in Cassazione.

La Questione Giuridica: Validità dell’Elezione di Domicilio Precedente

Il nucleo del ricorso si basava sull’interpretazione della nuova norma. La difesa sosteneva che l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non specificasse che l’elezione di domicilio dovesse essere effettuata necessariamente dopo la sentenza di primo grado. Pertanto, l’allegazione di una dichiarazione precedente, sebbene fatta in un’altra fase processuale, avrebbe dovuto essere considerata sufficiente a soddisfare il requisito di legge. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a chiarire se la ‘vecchia’ elezione di domicilio potesse ancora ritenersi valida ai fini dell’impugnazione.

Le Motivazioni della Cassazione: La ‘Ratio’ della Riforma Cartabia e l’obbligo di una nuova elezione di domicilio appello

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e fornendo una chiara interpretazione della norma. I giudici hanno spiegato che la Riforma Cartabia ha deliberatamente modificato il sistema precedente, in particolare l’art. 164 c.p.p., eliminando la validità ‘illimitata’ della prima elezione di domicilio per ogni stato e grado del procedimento.

La ratio legis di questa modifica è duplice:
1. Certezza della Conoscenza: Assicurare che l’imputato sia effettivamente e consapevolmente a conoscenza dell’avvio del giudizio di appello a suo carico. L’obbligo di una nuova dichiarazione serve a confermare la sua volontà di partecipare o comunque di essere informato sulla nuova fase processuale.
2. Efficienza e Celerità: Consentire una notifica rapida e sicura del decreto di citazione a giudizio in appello, che deve essere effettuata personalmente presso il domicilio dichiarato o eletto. Questo evita ritardi e potenziali dichiarazioni di improcedibilità, contribuendo alla ragionevole durata del processo.

La Corte ha sottolineato che l’onere imposto all’appellante non è irragionevole né sproporzionato. Si tratta di un ‘sacrificio’ giustificato dall’esigenza superiore di garantire un processo ordinato e la piena consapevolezza dell’imputato. Allegare una dichiarazione precedente, effettuata in un contesto diverso e magari molto tempo prima, non soddisfa questa esigenza di attualità e specificità. La volontà dell’imputato deve essere manifestata nuovamente, anche se solo per confermare la scelta precedente, proprio in funzione del nuovo giudizio che si intende promuovere.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

La decisione della Cassazione consolida un orientamento ormai chiaro: per presentare un appello valido, è indispensabile depositare, contestualmente all’atto di impugnazione, una dichiarazione o elezione di domicilio fatta ad hoc per quella fase. Non è ammessa la ‘sanatoria’ tramite il richiamo a dichiarazioni precedenti. Questa pronuncia serve da monito per i difensori, che devono prestare la massima attenzione a questo adempimento formale, la cui omissione comporta una conseguenza drastica: l’inammissibilità dell’appello, che preclude ogni discussione sul merito della sentenza impugnata.

È sufficiente allegare all’atto di appello una elezione di domicilio fatta in primo grado?
No. Secondo la sentenza, la Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) ha eliminato la validità illimitata della prima elezione di domicilio. È quindi necessario depositare una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità.

Qual è la conseguenza se non si deposita la nuova elezione di domicilio con l’appello?
La conseguenza diretta è la declaratoria di inammissibilità dell’atto di appello. Questo significa che il giudice dell’impugnazione non potrà esaminare nel merito i motivi del ricorso, e la sentenza di primo grado diventerà definitiva.

Perché il legislatore ha introdotto questo nuovo obbligo con la Riforma Cartabia?
L’obbligo è stato introdotto per due ragioni principali: primo, per avere la certezza che l’imputato sia a conoscenza del processo di impugnazione a suo carico; secondo, per garantire la tempestiva e corretta notifica dell’atto introduttivo del nuovo giudizio, contribuendo all’efficienza e alla ragionevole durata del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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