Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10171 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10171 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COLOGNO MONZESE il DATA_NASCITA
NOME l’ordinanza del 08/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il 2020, convertito con modificazioni dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, e dell’art. 16, com 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla I. 25 febbraio 2022, n. 15. Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr.AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ritenuto in fatto
Con l’impugnata ordinanza, la Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appel proposto nell’interesse di COGNOME NOME la sentenza emessa in primo grado d Tribunale di Milano in data 15 marzo 2023, in quanto con l’atto di impugnazione non è stata depositata la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decr citazione a giudizio, prevista, a pena di inammissibilità, dall’art. 581, comma 1 ter cod. p pen.
L’imputato, per il ministero del difensore di fiducia, lamenta l’inosservanza o l’err applicazione degli artt. 164,571 e 581, comma 1 ter, cod. proc. pen., inosservanza di norme a pena d’inammissibilità ed omessa motivazione, in quanto agli atti del fascicolo è present l’elezione di domicilio dell’imputato presso lo studio del medesimo difensore, dove, del resto stata notificata l’ordinanza di inammissibilità; il testo della norma prevede che sia “deposi la dichiarazione o l’elezione di domicilio, a differenza di quanto previsto dal comma 1 quat dell’art. 581 cod. proc. pen., che richiede invece la formalizzazione del mandato ad impugnare “ex novo”, rilievo che consentirebbe di affermare che la dichiarazione o la elezione di domici possano essere anche precedenti alla presentazione del gravame, come peraltro si dovrebbe trarre dal disposto dell’art. 164 cod. proc. pen., che chiarisce che detta dichiarazio elezione, anche se preesistente, abbia effetto ai fini della citazione in giudizio ex art. 60 proc. pen..
Ove diversamente intesa, la norma processuale rischierebbe di valicare i limiti della legitti costituzionale a causa dell’inutile compressione del diritto di difesa.
In via subordinata, chiede in proposito di sollevare questione di legittimità costituzionale d norma, in relazione agli artt. 24, 27 e 111 Cost..
Il difensore sottolinea la preminenza costituzionale del diritto di difesa nel process rilevanza del principio di non colpevolezza, vulnerata da ingiuste limitazioni all’esercizi diritto d’impugnazione, un contrasto con l’obbligo di motivazione dei provvediment giurisdizionali, esaltato dalla facoltà d’impugnazione delle parti nel procedimento penale co riconosciuto dalla giurisprudenza della Consulta.
Aggiunge il ricorrente che la norma censurata svilisce il ruolo del difensore che abbia promoss o intenda promuovere appello nell’interesse dell’assistito, in un contesto normativo che, modo contraddittorio, consente a che l’imputato possa impugnare le sentenze tramite un “procuratore” senza necessità di dichiarare o eleggere domicilio; infine, il legislatore, in prospettiva di snellimento degli adempimenti di cancelleria, avrebbe potuto pr l’elezione di domicilio ex lege presso lo studio del difensore, senza subordinare l’ammissibilità dell’impugnazione ad un incombente ingiustificato.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Dato incontroverso è che, con l’atto di appello, il difensore non abbia depositato dichiarazione o la elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del dec citazione, prescritta, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, dell’art. 581, comma 1 cod. proc. pen. (applicabile, nel caso in esame, per effetto della disciplina transitoria all’art. 89 comma 3 del Decr. Lgs. n. 150 del 2022).
E’ invero espressamente sancito dall’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. che, con l’atto d impugnazione delle parti private e dei difensori, debba sempre essere depositata anche la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio e la sanzione processuale, in mancanza dell’allegazione, è quella dell’inammissibili dell’atto di impugnazione medesimo.
La previsione è perentoria ed inequivoca, nel senso di esigere un deposito, concomitante o comunque formalizzato tempestivamente, dei due distinti scritti (l’atto di impugnazione e dichiarazione o elezione di domicilio), con la conseguenza che, ai fini dell’ammissibil dell’appello (impregiudicati, naturalmente, gli altri profili disciplinati dalla legge, che po ipotesi condizionarla), il secondo documento deve essere in ogni caso depositato entro la scadenza del termine per impugnare.
Va anche aggiunto che, in linea con un’interpretazione attenta all’intenzione del legislatore dichiarazione o elezione di domicilio (che deve essere depositata anche quando l’atto di gravame sia materialmente redatto e depositato dal difensore), in quanto finalizzata consentire la valida e funzionale citazione dell’imputato per il giudizio di appello, deve e necessariamente successiva alla deliberazione della sentenza impugnata perché la scelta di rivolgersi ad altro giudice per la rivisitazione del verdetto di primo grado pertiene all’imp nel cui esclusivo interesse il mezzo d’impugnazione è stabilito e concretamente attivato.
La dedotta questione di illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1 ter, cod. p pen. è manifestamente infondata.
La ratio ispiratrice dell’introduzione dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., a differenz quanto osservato nel motivo di ricorso, è orientata alla tutela dell’imputato e del difen proprio nell’esercizio della facoltà (formalmente espletabile disgiuntamente, ai sensi dell’ 571 cod. proc. pen. ma , naturalmente, sempre e solo in quanto di utilità per l’imputato) d proporre impugnazione – segnatamente l’appello – NOME una sentenza di prima istanza.
Quanto al primo profilo, la norma appare coerente con l’esigenza di garantire la partecipazione effettiva dell’imputato al processo penale, che rappresenta uno dei cardini delle più rece
modifiche del sistema penale, originariamente fondato sui canoni della conoscenza legale degli atti (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, NOME COGNOME NOME, in motivazione; sez. 3, n 11813 del 24/11/2020, COGNOME NOME, Rv. 281483; sez. 5, n. 19919 del 5 aprile 2023, Ehigiator, non massimata); con la dichiarazione o l’elezione di domicilio l’imputato forni dimostrazione dell’autenticità e tangibilità della scelta personale ed “informata” di oppor contrastare la decisione di primo grado.
Quanto al secondo profilo, essa è funzionale alla salvaguardia delle prerogative e del ruolo d difensore, perché la domiciliazione è il risultato di un’opzione riservata all’imputato e n una predeterminazione ex lege, che potrebbe non essere sufficiente ad evitare l’insorgenza di difficoltà nei contatti con l’assistito ai fini di una sua corretta erudizione ed informa riguardo della pendenza e dell’andamento del processo di secondo grado; in altre parole, l’innovazione normativa ha voluto evitare che l’unico soggetto interessato allo svolgimento de giudizio di appello, ed al quale soltanto spetta la decisione di proporre impugnazione, pos sottrarsi alle notificazioni di rito, cagionando, eventualmente anche con dolo, un ingiustif ritardo nella definizione del giudizio da lui precedentemente richiesto.
E’ poi evidente che, contestualmente, la disposizione di nuovo conio persegua lo scopo di agevolare le procedure di notificazione prodromiche alla celebrazione del giudizio impugnazione e, quindi, di contenere il fenomeno dei vizi delle notifiche e delle comunicazio funzionali all’instaurazione del contraddittorio (e pertanto anche nella prospettiva del ris del relativo e fondamentale principio di cui all’art. 111 comma 2 Cost.), in linea con qua previsto dal legislatore con la delega legislativa della legge 27 settembre 2021, n.134 («Deleg al Governo per l’efficienza del processo penale nonchè in materia di giustizia riparativa disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari»); l’art. 1, comma 13, le della legge delega stabilisce espressamente di prevedere che «fermo restando il criterio di cu al comma 7, lettera h), dettato per il processo in assenza con l’atto di impugnazio pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione».
In proposito, la Relazione illustrativa al Decr. Lgs. n. 150 del 2022, il cui art. 33 comma 1 d) ha inserito il comma 1 ter dell’art. 581 cod. proc. pen., ha precisato che “viene perseguito il fine di innalzare il livello qualitativo dell’atto d’impugnazione e del relativo in chiave di efficienza, semplificando al contempo le forme in ottica acceleratoria [….1″.Dop la spiegazione dei criteri seguiti per un affinamento della disciplina della specificità dei d’impugnazione in vista della valorizzazione della funzione di controllo espressa dal giudizio appello, la Relazione ha puntualizzato che ” 11 comma 1- ter dell’art. 581 c.p.p., in attuazione del criterio di cui all’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega, introduce un’ul condizione di ammissibilità dell’impugnazione: con l’atto d’impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decr citazione”.
La norma in commento è stata elaborata in un’ottica sistemica, che ha incluso l’introduzion dell’art. 157-ter, comma 3, cod. proc. pen., a mente del quale “in caso di impugnazion proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudiz suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell 581, commi 1-ter e 1-quater”; ha coinvolto la modifica dell’art. 164 (rubricato “Durata domicilio dichiarato o eletto”), secondo cui “la determinazione del domicilio dichiarato o el è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli citazione in giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decre penale, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1”; in particolare, è stata sostitui locuzione contenuta nella previgente formulazione dell’art. 164 cod. proc. pen. – che stabil che “la dichiarazione o l’elezione di domicilio è valida per ogni stato e grado del procedimen – e la disposizione da ultimo modellata dal legislatore ha dunque escluso – a conferma dell previsione della necessità di una autonoma ed ulteriore dichiarazione od elezione, proiettat sul giudizio di impugnazione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – che l dichiarazione o l’elezione di domicilio già presente nel fascicolo possa esonerare l’impugnant dal deposito di un nuovo e diverso atto a tali fini.
E come questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare, la richiesta di formalizzazione di una nuova dichiarazione od elezione di domicilio, condizione di ammissibilità dell’impugnazione non sfugge al canone costituzionale della ragionevolezza, perché muove anche dall’esperienza della durata dei giudizi e del tempo trascorso dalla fase delle indagini – nel corso della qu potrebbe già essere intervenuta una dichiarazione o elezione di domicilio ai sensi dell’art. 1 comma 1, cod. proc. pen. – a quella della impugnazione. Pertanto, la scelta del legislatore d modulare la durata di efficacia della prima elezione o dichiarazione cli domicilio, esigendone rinnovo, attualizzandola, è compatibile con l’evolversi dei tempi, nei quali è sempre p avvertito il diritto alla mobilità del cittadino ed appare dunque coerente la richiesta aggiornamento del domicilio eletto o dichiarato a ridosso del nuovo grado di giudizio, con risultato di ottenere garanzia dell’effettività della conoscenza della citazione per il g medesimo (sez.5, n. 46831 del 22/09/2023, COGNOME, non mass.).
Ben lungi dall’intendimento di restringere le maglie del diritto di proporre appello e dunqu sacrificare l’inviolabile diritto di difesa dell’imputato, il legislatore ha voluto in qu realizzare un equo contemperamento tra detto diritto, esaltato in base alle coordinat normative che rimarcano e responsabilizzano la figura predominante del soggetto nel cui esclusivo interesse il gravame è attivato e rivalutano, anche attraverso il perfezionamen espositivo dei requisiti dell’atto propulsivo, il compito dell’organo giurisdizionale deput riesame della pronuncia di primo grado GLYPH – artt. 24 comma 2, 27 comma 2, 111 comma 1 e comma 2 primo alinea e comma 6 e 117 comma 1 Cost. – e l’esigenza, fondata precipuamente sul rispetto del principio di ragionevole durata del processo, che rinviene tutela nell’art comma 2 secondo alinea Cost., di una più celere ed efficiente organizzazione dello sviluppo del procedimento penale e degli strumenti dell’attività giurisdizionale propriamente detta, anch
nella prospettiva di allontanare il pericolo della patologia dell’abuso del diritto, avversata dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamental (art.17) e di scongiurare l’eventuale dichiarazione di improcedibilità di cui all’art. 344 b proc. pen. (cfr. sez.5, n. 46831 del 22/09/2023, COGNOME, non mass.; sez.4, n. 22140 de 03/05/2023, En Naji, Rv.284645).
Né, proprio per le ragioni esposte, è ravvisabile alcuna violazione dei principi di or sovranazionale, in particolare dell’art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con L. 25 otto 1977, n. 881, e dall’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei di dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato reso esecutivo con L. 9 aprile 1990, n. 98, che prevedono il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato.
La salvaguardia di tale diritto è assicurata dalla giurisprudenza convenzionale, che anch recentemente ha ribadito i principi consolidati in materia – cfr. Corte Edu, Sezione 5, u 02/05/2023, COGNOME contro Francia – i quali, per quanto di interesse ai fini della presen decisione, fermo il diritto di accesso a un tribunale, garantito dall’articolo 6§1 Convenzione, che deve essere «concreto ed effettivo» e non «teorico e illusorio» (Bellet c Francia, 4 dicembre 1995, § 36, serie A n. 333 B), hanno chiarito che «Il diritto a un tribunale, di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto (COGNOME c. Regno Unito, 21 febbraio 1975 36, serie A n. 18), non è assoluto, e si presta a restrizioni implicite, in particolare per riguarda le condizioni di ammissibilità di un ricorso”, purchè siano funzionali ad uno sc legittimo, sussista un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo perseguito (COGNOME c. Francia, 29 luglio 1998, § 37, Recueil des arréts et décisions 1998, V)» siano prevedibili (cfr. Corte Edu,causa Zubac c. Croazia (, n. 40160/12).
Nel caso posto all’attenzione di questa Corte di Cassazione non vi è dubbio che l’adempimento relativo alla elezione/dichiarazione di domicilio sia stato previsto, anche nei suoi sanzionatori ove non rispettato, in quanto esplicitamente indicato dalla legge processuale concretamente applicabile in ragione della disciplina transitoria richiamata, prevista dal d.lg 150 del 2022 (cfr. sez. 5, n. 46831 del 2023, cit.).
Del resto, anche la giurisprudenza della Consulta ha avuto occasione di evidenziare la compatibilità costituzionale di regole processuali che si ispirino “all’esigenza di bilanciare il diritto di difesa degli imputati e la speditezza del processo, semplificando le modalità d notifiche e contrastando eventuali comportamenti dilatori ed ostruzionistici” (cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 136 del 2008); la ragionevole (art. 3 Cost.) durata del processo è diritto del cittadino e, segnatamente, anche dell’imputato nel più ampio contes dell’invulnerabile diritto di difesa, ed il suo riconoscimento non confligge con il princ economia processuale, al quale anzi è complementare.
Pertanto, ad avviso del Collegio, la questione posta è affetta da manifesta infondatezza, da momento che la norma censurata non è lesiva dei diritti della difesa, della presunzione di non colpevolezza e dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti del giudice (in senso analogo, cfr Sez. 3, n. 50322 del 30/11/2023, COGNOME, non massimata e Sez. 4, n. 44376 del 19/10/2023, COGNOME, non massimata).
4.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del ri conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento dell somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 10/01/2024
Il consigliere estensore
Il Presidente