Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4337 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4337 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CREMONA il 19/12/1954
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del TRIBUNALE di PIACENZA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Piacenza ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Piacenza del 28/11/2023, ritenendo non allegata all’atto di appello la dichiarazione o elezione di domicilio, necessaria ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio come prescritto dall’ad- 581 comma 1 ter cod.proc. pen., introdotto dal D. Igs. 150/2022 (cd. Riforma Cartabia).
Ha proposto ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia.
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2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione per non avere il Tribunale considerato che, in seno alla dichiarazione di nomina del difensore, allegato all’atto di appello, l’imputato aveva indicato la propria residenza anagrafica, non avendo ritenuto necessario eleggere domicilio. L’indicazione del luogo di residenza era stata effettuata al fine di consentire all’autorità giudiziaria la notifica degli atti processuali.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizi di violazione e di motivazione deducendo che: il ricorrente era risultato presente nel giudizio di primo grado e che la dichiarazione di elezione di domicilio deve essere rilasciata solo nell’ipotesi di assenza nel precedente grado di giudizio; in oogni caso, inoltre, la dichiarazione di domicilio risulta dagli atti ed anche dall’intestazione della sentenza impugnata.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, la dichiarazione o la elezione di domicilio, per gli effetti che hanno sul diritto di difesa dell’imputato e sul corretto svolgimento del procedimento, devono essere non equivoci e devono essere comunicati all’Autorità procedente in modo formale (Sez. 2, n. 18469 del 01/03/2022, Rv.283180).
L’art. 162 cod.proc.pen. prescrive, infatti, che “il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall’imputato all’autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore”.
Sul punto va rilevato che – ancorché si ritenga legittima, sotto il profilo formale, una elezione di domicilio effettuata contestualmente a un atto del procedimento avente diverse finalità, purché ne sia certa l’autenticità e non equivoco il contenuto (Cass., n. 35438 del 219/2006, Rv. 234900)- le Sezioni unite hanno affermato che, con la dichiarazione di domicilio, l’indagato (o l’imputato), non si limita ad una manifestazione di scienza o di semplice verità, cioè a “comunicare” un dato di fatto o il proprio pensiero su di esso, ma opera
una “vera e propria scelta” tra i luoghi indicati nell’art. 157 cod.proc.pen., con la consapevolezza degli effetti processuali di tale scelta.
Ne costituisce riprova l’avvertimento che precede l’elezione o la dichiarazione di domicilio, previsto dall’art. 161 cod.proc.pen., che è volto proprio a fondare una scelta consapevole: il dichiarante, attraverso l’elezione o la dichiarazione di domicilio, “sa” e “vuole” che gli atti vengano notificati in un determinato luogo. Quindi con la dichiarazione di domicilio, al pari dell’elezione di domicilio, l’imputato compie un atto di volontà (Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, COGNOME, Rv. 234905).
Anche con la dichiarazione di domicilio, al pari dell’elezione di domicilio, l’imputato compie un atto di volontà (Sez. U, sent.n.41280/2006, Rv. 234905).
Questa Corte ha, inoltre, affermato che la mera indicazione nell’atto di nomina del difensore della propria residenza non può costituire valida dichiarazione di domicilio, in quanto in questo caso manca proprio la manifestazione di un consapevole atto di volontà volto ad effettuare una scelta tra i luoghi indicati nell’art. 157 cod.proc.pen. (cfr. Sez. 5, sent. n. 41178 /2014 Rv. 261032; Sez. 2, n. 8397 del 10/11/2015, dep.2016, Rv. 266070).
Nel caso in esame in esame, peraltro, risulta dalla visione degli atti processuali, consentita in considerazione della natura processuale della violazione di legge dedotta, che il ricorrente si è limitato ad allegare all’atto di impugnazione una dichiarazione di nomina di difensore nella quale ha dichiarato la propria residenza, in uno alle proprie generalità, senza, tuttavia, inserire alcuna specifica indicazione in ordine alle modalità della notifica.
Orbene, deve confermarsi, sul punto, che l’avere semplicemente indicato in un atto processuale la propria residenza e il proprio domicilio non può costituire valida dichiarazione di domicilio, proprio perché manca la manifestazione di un consapevole atto di volontà volto ad effettuare una scelta tra i luoghi indicati nell’art. 157 cod.proc.pen.
3. È, altresì, infondato il secondo motivo.
La difesa prospetta un’interpretazione riduttiva dell’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen., limitandola alla mera ipotesi di assenza dell’imputato in contrasto con il tenore letterale della stessa che proietta l’onere della difesa di corredare l’atto di appello di una dichiarazione o elezione di domicilio, da parte dell’imputato appellante, oltre l’ipotesi di assenza del medesimo imputato.
Inoltre, è erronea la prospettazione difensiva secondo cui sarebbe sufficiente ad assolvere l’onere imposto sulla difesa l’esistenza in atti di una
dichiarazione o elezione di domicilio soprattutto quando corroborata dalla stessa indicazione del domicilio eletto, contenuta nell’intestazione della sentenza impugnata.
La tesi difensiva si collega ad un contrasto interpretativo sul quale è intervenuta questa Corte con la recente pronuncia a Sezioni Unite (Sez.U, in proc n. 6578/2024 ud. CC 24/10/2024, ric. COGNOME).
Per come è dato desumere dall’informazione provvisoria in attesa del deposito delle motivazioni, le Sezioni Unite- oltre a pronunciarsi sulla perdurante applicazione della disciplina contenuta nella norma in esame in quanto abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, ed in particolare se per stabilire il dies a quo della applicazione della abrogazione si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell’impugnazione- hanno stabilito che: la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 continui ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto; precisando, inoltre, che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.
Non ha automatico carattere sanante la circostanza che una dichiarazione o elezione di domicilio risulti essere fra gli atti compiuti nel corso del giudizio di primo grado, né può essere ritenuta sufficiente la circostanza che l’indicazione del domicilio eletto o dichiarato risulti dall’intestazione della sentenza trattandosi di opzione interpretativa che si pone in contrasto con il tenore letterale dell’art. 581 comma 1 ter cod.proc.pen. e volta a neutralizzare il contenuto dell’onere imposto sul difensore di verificare la perdurante validità del domicilio eletto o dichiarato dall’imputato e di darne specifica indicazione ai fini della notifica del decreto di citazione in appello, in un’ottica di collaborazione e per snellire gli adempimenti gravanti sulle cancellerie penali e inerenti alla fase preliminare del giudizio di appello.
Nel caso in esame risulta mancata, per come sostanzialmente ammesso dalla stessa difesa ricorrente, tale deposito o specifica indicazione di precedente dichiarazione o elezione di domicilio e l’ordinanza impugnata deve ritenersi validamente pronunciata.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Così deciso il 21 novembre 2024 Il Consigliere estensore
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