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Elezione di domicilio: appello inammissibile senza

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di un appello penale a causa della mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio. La sentenza chiarisce che la mera indicazione della residenza non soddisfa l’onere formale previsto dalla Riforma Cartabia, in quanto l’elezione di domicilio rappresenta un atto di volontà specifico e non una semplice comunicazione anagrafica. Questo requisito è essenziale per garantire la certezza delle notifiche nella fase di impugnazione.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Penale: L’Importanza della Formale Elezione di Domicilio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale introdotto dalla Riforma Cartabia: la necessità di una formale elezione di domicilio nell’atto di appello, pena l’inammissibilità del ricorso. Questa decisione sottolinea come la procedura penale richieda adempimenti precisi, volti a garantire certezza e celerità, e come la loro omissione possa avere conseguenze drastiche per l’imputato. L’analisi di questo caso offre spunti fondamentali per comprendere la differenza tra una semplice comunicazione di residenza e un atto di volontà giuridicamente rilevante.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Giudice di Pace, proponeva appello avverso la sentenza. Il Tribunale, tuttavia, dichiarava l’appello inammissibile. La ragione? All’atto di impugnazione non era stata allegata la dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito introdotto dall’art. 581, comma 1 ter, del codice di procedura penale a seguito della Riforma Cartabia. L’imputato, allora, ricorreva in Cassazione, sostenendo che l’indicazione della propria residenza anagrafica, contenuta nell’atto di nomina del difensore allegato all’appello, fosse sufficiente. Inoltre, evidenziava di essere stato presente al giudizio di primo grado e che, pertanto, tale onere non dovesse applicarsi a lui.

La Questione dell’Elezione di Domicilio nell’Appello

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione della norma introdotta dalla Riforma Cartabia. L’art. 581, comma 1 ter, c.p.p. (ora abrogato ma applicabile ai casi precedenti) imponeva all’appellante di allegare all’atto di impugnazione una dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. La difesa del ricorrente ha tentato di interpretare la norma in senso meno restrittivo, equiparando l’indicazione della residenza a una valida elezione di domicilio e limitando l’obbligo ai soli imputati assenti nel primo grado. La Corte di Cassazione è stata chiamata a chiarire la natura e la portata di questo onere processuale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e fornendo una motivazione chiara e rigorosa.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che la dichiarazione o l’elezione di domicilio non è una mera comunicazione di un dato di fatto (come la residenza), ma una “vera e propria scelta”. È un atto di volontà con cui l’imputato, consapevole degli effetti processuali, decide in quale luogo specifico vuole che gli vengano notificati gli atti. La semplice indicazione della residenza in un altro documento, come la nomina del difensore, è priva di questa manifestazione di volontà consapevole e finalizzata alla notifica.

In secondo luogo, la Corte ha smontato la tesi secondo cui l’obbligo riguarderebbe solo gli imputati assenti. Il tenore letterale della norma è chiaro e non prevede distinzioni. L’obiettivo del legislatore era quello di semplificare e rendere più certa la fase di notifica del decreto di citazione in appello, un’esigenza che sussiste indipendentemente dalla presenza dell’imputato nel giudizio precedente.

Infine, la sentenza si allinea a un recente intervento delle Sezioni Unite, le quali hanno precisato che, per adempiere all’onere, è sufficiente anche un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione già presente nel fascicolo processuale. Tuttavia, nel caso di specie, mancava sia una nuova dichiarazione sia questo specifico richiamo, rendendo l’omissione insanabile.

Conclusioni

La decisione in commento consolida un’interpretazione rigorosa degli adempimenti formali nel processo penale. L’elezione di domicilio non è un cavillo burocratico, ma uno strumento posto a garanzia del corretto svolgimento del processo e del diritto di difesa. Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: l’atto di appello deve essere redatto con la massima cura, includendo espressamente una dichiarazione di domicilio o, in alternativa, un riferimento preciso e inequivocabile a una dichiarazione precedente. Omettere questo passaggio, come dimostra il caso esaminato, non è una semplice irregolarità, ma un errore che può precludere l’accesso al secondo grado di giudizio, con conseguenze definitive per l’esito del processo.

Indicare la propria residenza nell’atto di nomina del difensore è sufficiente per l’elezione di domicilio in appello?
No, la Corte ha stabilito che non è sufficiente. L’elezione di domicilio è un atto di volontà specifico e consapevole, non una mera comunicazione di un dato anagrafico.

L’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio con l’atto di appello vale anche se l’imputato era presente nel primo grado di giudizio?
Sì, l’obbligo previsto dall’art. 581, comma 1 ter, c.p.p. ha una portata generale e si applica indipendentemente dalla presenza o assenza dell’imputato nel precedente grado, per garantire la certezza delle notifiche nella fase di appello.

Se una precedente elezione di domicilio è già presente nel fascicolo, è necessario indicarla di nuovo nell’atto di appello?
Sì, è necessario. La Corte, richiamando una recente pronuncia delle Sezioni Unite, ha chiarito che l’impugnazione deve contenere il richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, indicandone la collocazione nel fascicolo, per consentirne l’immediata individuazione. La semplice esistenza in atti non basta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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