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Elezione di domicilio appello: basta il richiamo

La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, non è necessaria una nuova elezione di domicilio se l’imputato era presente al giudizio di primo grado. È sufficiente che l’atto di appello contenga un richiamo chiaro ed inequivocabile al domicilio già eletto. La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello che aveva dichiarato l’inammissibilità del gravame per un’interpretazione troppo formalistica della norma sull’elezione di domicilio appello, oggi abrogata ma applicabile al caso.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio nell’Appello Penale: Basta il Richiamo a Quello Esistente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19706/2025, interviene su una questione procedurale di grande rilevanza pratica: la validità dell’elezione di domicilio appello. La pronuncia chiarisce che per l’imputato presente al processo di primo grado non è necessario depositare una nuova dichiarazione, essendo sufficiente un chiaro richiamo, nell’atto di impugnazione, al domicilio già eletto. Questa decisione, pur riguardando una norma nel frattempo abrogata, stabilisce un principio di non formalismo fondamentale per la tutela del diritto di difesa.

I Fatti del Caso: un Appello Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte di Appello di Cagliari, la quale aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal difensore di un imputato. La ragione della decisione risiedeva nella presunta violazione dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale (introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia). Tale norma, all’epoca dei fatti, richiedeva che con l’atto di impugnazione fosse depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio.

La Corte territoriale aveva ritenuto che l’indicazione del domicilio, già eletto nel primo grado di giudizio e semplicemente riportato nell’atto di appello, non soddisfacesse il requisito di legge, interpretato come obbligo di una nuova e autonoma dichiarazione. Contro questa decisione l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge processuale.

La questione sull’elezione di domicilio appello e la Riforma

L’articolo 581, comma 1-ter c.p.p., aveva lo scopo di assicurare la certezza delle notificazioni del decreto di citazione per il giudizio di appello. Tuttavia, la sua applicazione ha generato incertezze, soprattutto nei casi in cui l’imputato, essendo stato presente al primo grado, aveva già validamente eletto un domicilio. La questione centrale era se fosse necessario un atto formale e nuovo di elezione di domicilio o se fosse sufficiente confermare quello esistente.

La Corte di Cassazione, richiamando un precedente intervento delle Sezioni Unite, ha affrontato il problema adottando un’interpretazione sostanziale e non meramente formalistica della norma, sebbene questa sia stata abrogata dalla legge n. 114 del 2024. In base al principio tempus regit actum, la validità dell’atto di appello doveva essere valutata secondo la legge vigente al momento della sua proposizione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità. Le motivazioni si fondano su principi chiari:

1. Interpretazione Teleologica della Norma: L’obiettivo della legge era garantire una notifica efficace all’imputato. Se tale scopo è raggiunto tramite un richiamo chiaro, specifico e inequivocabile al domicilio già eletto e noto, un’ulteriore formalità sarebbe superflua.

2. Distinzione per l’Imputato Presente: Le Sezioni Unite avevano già chiarito che per l’imputato presente al giudizio di primo grado non è richiesta una “nuova” elezione di domicilio. La sua presenza garantisce la consapevolezza del procedimento, e il domicilio già eletto rimane valido fino a revoca. Di conseguenza, il difensore può legittimamente richiamare tale domicilio nell’atto di appello.

3. Sufficienza del Richiamo Espicito: La sentenza sottolinea che l’atto di appello in esame conteneva l’esplicita indicazione del domicilio eletto dall’imputato. Questo richiamo, essendo contenuto nell’atto stesso, assolveva pienamente alla funzione richiesta dalla norma, rendendo la notifica del decreto di citazione a giudizio sicura e regolare.

4. Principio di Non Formalismo: Imporre il deposito di un nuovo atto di elezione di domicilio, identico a quello già agli atti, rappresenterebbe un onere sproporzionato e un inutile formalismo, contrario ai principi di economia processuale e di effettività del diritto di difesa.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, con questa decisione, ribadisce un importante principio di diritto: la validità degli atti processuali deve essere valutata in base alla loro idoneità a raggiungere lo scopo previsto dalla legge, senza cedere a interpretazioni eccessivamente formalistiche che possono pregiudicare il diritto di impugnazione. Per l’elezione di domicilio appello, nel regime normativo precedente, era sufficiente che l’atto di gravame, redatto dal difensore dell’imputato presente in primo grado, contenesse un riferimento chiaro e preciso al domicilio già validamente eletto. Questa pronuncia offre un criterio interpretativo fondamentale che privilegia la sostanza sulla forma, a garanzia del giusto processo.

Per presentare appello, è sempre obbligatorio depositare una nuova elezione di domicilio?
No. Secondo la Cassazione, per l’imputato presente al processo di primo grado, non è necessario depositare una nuova elezione di domicilio. È sufficiente che l’atto di appello richiami in modo chiaro, specifico e inequivoco il domicilio già eletto in precedenza.

Qual era lo scopo della norma che richiedeva l’elezione di domicilio con l’atto di appello?
Lo scopo della norma (art. 581, comma 1-ter c.p.p.) era garantire una notificazione certa e regolare del decreto di citazione per il giudizio di appello, assicurando così che l’imputato fosse a conoscenza della data dell’udienza.

La norma sull’elezione di domicilio con l’appello è ancora in vigore?
No, la norma è stata abrogata dalla legge n. 114 del 9 agosto 2024. Tuttavia, la sentenza chiarisce che per gli appelli proposti prima dell’abrogazione, la loro validità deve essere valutata secondo i principi stabiliti dalla giurisprudenza, che ne hanno dato un’interpretazione non formalistica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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