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Elementi forniti dalla difesa: quando valutarli?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato che lamentava la nullità di un’ordinanza di custodia cautelare. La difesa sosteneva che il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) non avesse valutato gli ‘elementi forniti dalla difesa’ durante l’interrogatorio. La Corte ha chiarito che tale nozione include solo dati oggettivi e decisivi, non mere dichiarazioni negatorie o, come nel caso di specie, una confessione accompagnata da accuse a terzi. Pertanto, non vi è stata alcuna omissione da parte del GIP, rendendo l’ordinanza pienamente valida.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elementi Forniti dalla Difesa: Cosa Deve Valutare il Giudice?

Nell’ambito delle misure cautelari, uno dei temi più dibattuti riguarda l’obbligo del giudice di considerare gli elementi forniti dalla difesa prima di disporre una restrizione della libertà personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23734/2025) offre un chiarimento fondamentale su quali elementi rientrino in questa categoria e quali, invece, possano essere esclusi dalla valutazione a pena di nullità. La decisione sottolinea la differenza tra dati oggettivi e mere dichiarazioni difensive, tracciando un confine netto per l’operato del giudice.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato dal difensore di un indagato, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con un’ordinanza del GIP del Tribunale di Pescara. La difesa sosteneva la nullità di tale provvedimento, poiché il giudice non avrebbe tenuto in alcun conto le dichiarazioni rese dall’indagato durante l’interrogatorio. Successivamente, il Tribunale del Riesame di L’Aquila confermava la misura, rigettando la richiesta della difesa. Secondo il ricorrente, il Tribunale del Riesame non avrebbe potuto ‘sanare’ l’omissione originaria del GIP, che rendeva l’atto nullo fin dal principio.

La Questione Giuridica: Cosa sono gli ‘Elementi Forniti dalla Difesa’?

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 292, comma 2, lett. c-bis) del codice di procedura penale. Questa norma impone al giudice di indicare, nell’ordinanza cautelare, gli elementi forniti dalla difesa che sono stati presi in considerazione. La difesa dell’indagato sosteneva che le sue stesse dichiarazioni, rese in sede di interrogatorio, rientrassero in questa categoria e che la loro mancata valutazione avesse viziato irrimediabilmente il provvedimento restrittivo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio già consolidato: la nozione di ‘elementi forniti dalla difesa’ non è onnicomprensiva. Essa include esclusivamente i dati di natura oggettiva e concludente che possono influenzare la decisione del giudice. Sono invece escluse le mere posizioni difensive di negazione dei fatti, le tesi alternative non supportate da prove, le diverse interpretazioni degli indizi e gli assunti puramente difensivi (defatigatori).

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, nel caso specifico, l’indagato non aveva fornito elementi a proprio favore idonei a smontare il quadro indiziario. Al contrario, si era limitato a rendere una confessione, accompagnandola con dichiarazioni accusatorie nei confronti di terze persone. Una simile dichiarazione non costituisce un elemento a favore della difesa, ma anzi rafforza la posizione dell’accusa. Di conseguenza, il Tribunale del Riesame ha correttamente ritenuto che non vi fosse alcuna omissione da parte del GIP. Non si è trattato, quindi, di una ‘sanatoria’ di un vizio, ma del semplice riconoscimento che il vizio lamentato non esisteva. La motivazione del Tribunale è stata considerata congrua e logica, poiché ha stabilito che, data la natura delle dichiarazioni dell’indagato, non vi era alcun elemento favorevole da valutare ai fini della gravità indiziaria.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio procedurale: affinché l’obbligo di valutazione del giudice scatti, la difesa deve fornire elementi concreti, oggettivi e rilevanti. Non basta negare le accuse o fornire una propria versione dei fatti, specialmente se questa assume i contorni di una confessione. La decisione chiarisce che il fine della norma è garantire che il giudice non ignori prove tangibili a discarico (come documenti, testimonianze o alibi verificabili), non che debba necessariamente argomentare su ogni singola parola pronunciata dall’indagato, soprattutto quando questa non fa che confermare, in tutto o in parte, l’ipotesi accusatoria.

Cosa si intende per ‘elementi forniti dalla difesa’ ai fini della validità di un’ordinanza cautelare?
Si intendono i soli dati di natura oggettiva e concludente che possono incidere sulla decisione, come prove documentali o alibi riscontrabili. Sono escluse le mere posizioni difensive negatorie, le tesi alternative non provate e le dichiarazioni confessorie.

Una semplice dichiarazione o confessione dell’indagato è considerata un elemento che il GIP deve obbligatoriamente valutare a pena di nullità?
No. Secondo la Corte, una dichiarazione che si risolve in una confessione, seppur accompagnata da accuse a terzi, non costituisce un elemento a favore dell’indagato che il GIP è tenuto a valutare per escludere la gravità indiziaria. Anzi, può rafforzare il quadro accusatorio.

Il Tribunale del Riesame può ‘sanare’ l’omessa valutazione di elementi difensivi da parte del GIP?
La sentenza chiarisce che il problema non si pone se l’omissione non sussiste. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame non ha ‘sanato’ un vizio, ma ha correttamente concluso che non vi era stata alcuna omessa valutazione da parte del GIP, poiché gli elementi forniti dall’indagato non rientravano nella categoria protetta dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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