Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36903 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36903 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/04/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in qualità di Giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 5 aprile 2024 rigettava l’istanza proposta nell’interesse di NOME, alias NOME volta ad ottenere – ex art. 587 cod. proc. pen. – l’effetto estensivo dell’impugnazione della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Roma e divenuta irrevocabile il 23 aprile 2023.
L’ordinanza era emessa in fase di rinvio a seguito dell’annullamento da parte della Corte della precedente ordinanza di rigetto di analoga istanza per violazione dell’art. 666 cod proc pen, per aver cioè proceduto il Tribunale di Roma de plano.
Il condannato, tramite il proprio difensore, AVV_NOTAIO, avverso detto provvedimento proponeva ricorso, che articolava in tre motivi.
2.1 Con il primo motivo lamenta vizio di motivazione in relazione agli art. 666, 125 cod proc pen.
Dopo una ampia premessa con richiamo al giudizio di primo grado svoltosi avanti al Tribunale di Roma a carico di entrambi i fratelli NOME e ai motivi di appello proposti dal solo COGNOME NOME, precisava che l’appello proposto era stato accolto e COGNOME NOME era stato assolto per non avere commesso il fatto.
A seguito di tale assoluzione, il condannato prima proponeva istanza di revisione, che veniva rigettata, e poi istanza ex art. 587 cod proc pen.
Lamentava la stringatezza della motivazione dell’impugnato provvedimento, la mancata approfondita disamina della posizione del ricorrente, rapportata a quella dell’appellante, con riferimento alle dichiarazioni della testimone.
La Corte di Appello, poi, aveva esaminato i medesimi episodi che vedevano coinvolti entrambi gli imputati e, ciononostante, il provvedimento impugnato aveva apoditticamente ritenuto che le ragioni dell’assoluzione del fratello NOME fossero assolutamente personali e non potessero comunicarsi alla posizione del ricorrente.
2.2 Con il secondo motivo denunciava vizio di applicazione dell’art. 666 cod proc pen per avere violato il principio del contraddittorio.
Il vizio consisterebbe nel non avere il giudice dell’esecuzione visionato i fascicoli di merito, né la documentazione prodotta dall’istante, con ciò non effettuando quella approfondita disamina dei motivi di accoglimento del gravame che sarebbe imposta dal meccanismo dell’art. 587 cod proc pen
2.3 Con il terzo motivo denunciava l’erronea applicazione dell’art 587 cod proc pen.
Faceva presente il ricorrente che è stato ritenuto l’effetto estensivo dell’impugnazione allorquando la situazione processuale dell’imputato che la richiede si sia sviluppata in maniera del tutto conforme a quella degli originari coimputati; nel caso in esame l’unico elemento di prova a carico di entrambi gli
imputati erano le dichiarazioni della teste COGNOME, ritenute non riscontrate in appello con riferimento alla posizione di NOME, ragione per cui costui veniva assolto.
Secondo il ricorrente le ragioni dell’assoluzione non erano di carattere meramente soggettivo, poiché le dichiarazioni, ritenute contradittorie e infondate, avevano natura oggettiva e riguardavano la posizione di entrambi gli imputati.
Inoltre, i riscontri individualizzanti ritenuti carenti per la posizione di NOME riguardavano anche la collocazione e attività lavorativa di NOME e dunque tale valutazione avrebbe dovuto comunicarsi anche all’originario coimputato.
Infatti, le dichiarazioni delle teste riguardano il medesimo fatto che coinvolge entrambi gli imputati, pertanto la conclusione raggiunta per NOME non potrebbe che estendersi ad NOME.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME concludeva chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo è infondato.
Il principio espresso dall’art. 587 cod. proc. pen. concerne l’estensione all’imputato – non impugnante sul punto – degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere di esaminarli da parte del giudice. (In motivazione, la Corte ha precisato che il non impugnante è semplicemente messo in condizione di perorare “ad adiuvandum” il motivo comune proposto dal solo impugnante).
Il non impugnante, dunque, non realizza un rapporto processuale impugnatorio, ma è semplicemente messo in condizione di perorare ad adiuvandum, quindi anche nel proprio interesse, il motivo comune ritualmente proposto solo dall’impugnante.(Sez. 2 – , Sentenza n. 22903 del 01/02/2023)
Le Sezioni Unite, con la sentenza del 24 marzo 1995, n. 9, COGNOME, hanno avuto modo di affermare che il “fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione (in processo plurisoggettivo per lo stesso reato, o in procedimento cumulativo) in favore del coimputato non impugnante (o l’impugnazione del quale sia dichiarata inammissibile), di cui all’articolo 587 del codice di procedura penale, si risolve nella prospettazione di un evento (quale il riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sull’impugnazione, della fondatezza del motivo non esclusivamente personale dedotto dall’impugnante diligente), al
verificarsi del quale, operando di diritto come rimedio straordinario capace di revocare il giudicato in favore del non impugnante, rende questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato”.
Il Tribunale di Roma non si è limitato a valutare la formula assolutoria utilizzata per il coimputato, bensì ha esaminato partitamente le ragioni della sua assoluzione, e cioè, il difetto di riscontri individualizzanti alle dichiarazioni de teste, che in uno con un principio di alibi fornito dall’appellante, avevano condotto all’esito assolutorio del gravame.
Benchè, cioè le posizioni dei due coimputati non divergano, certamente strettamente personali sono sia i motivi di gravame, sia le ragioni dell’assoluzione che detti motivi hanno accolto.
Del resto è connaturato alla nozione stessa di “riscontro individualizzante” il suo carattere personalissimo e soggettivo; infatti, ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, il riscontro alla chiamata in correità può dirsi individualizzante quando non consista semplicemente nell’oggettiva conferma del fatto riferito dal chiamante, ma offra altresì elementi che collegano il fatto stesso alla persona del chiamato, fornendo un preciso contributo dimostrativo dell’attribuzione a quest’ultimo del reato contestato. (Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018 Ud. Rv. 274151).
La carenza di riscontri individualizzanti circa la posizione del coimputato appellante significa che non sono emersi elementi di riscontro tali da collegare con certezza l’imputato al fatto, come riferito dalla teste, ma nulla dice circa la posizione dell’istante, ovvero del collegamento fra lo stesso e il fatto.
La proposizione dell’istanza ex art. 587 cod. proc. pen, come visto, non consente l’instaurazione di un autonomo rapporto impugnatorio in capo all’istante, né crea un onere in capo al giudice adito di vagliare i motivi di doglianza avverso la decisione mai impugnata, dunque la doglianza circa l’omessa valutazione dei motivi di gravame è assolutamente infondata.
1.2. Anche il secondo motivo è infondato.
Il ricorrente lamenta, infatti, la violazione del contraddittorio che si sarebbe concretizzata, secondo la sua prospettazione, nella mancata disamina da parte del Giudice dell’esecuzione dei documenti prodotti, nonché del fascicolo del processo di merito.
Già da questa prospettazione è evidente l’infondatezza della doglianza che certamente, per come esplicitata, non può ritenersi afferire al contraddittorio : nessun contraddittorio è stata violato, poiché il giudice dell’esecuzione ha fissato l’udienza nel corso della quale ha sentito le parti in contraddittorio e ha consentito loro di fare valere le proprie ragioni e produrre documenti.
Se la doglianza attiene, come sembrerebbe più probabile, alla mancata valutazione di una prova o di un elemento fondamentale, sarebbe stato onere del ricorrente indicarlo, per il principio di autosufficienza, in maniera precisa e determinata, non solo facendo un vago e generico riferimento agli atti del processo ovvero ai documenti prodotti, e sarebbe stato altresì suo onere indicare come quell’elemento di prova avrebbe potuto scardinare l’impianto motivazionale del censurato provvedimento.
In tema di ricorso per cassazione, infatti, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione. (Sez. 2, Sentenza n. 20677 del 11/04/2017)
1.3 Anche il terzo motivo di ricorso è infondato.
Come già osservato in punto al primo motivo di ricorso, la valutazione fatta del giudice dell’esecuzione circa la estensibilità delle ragioni dell’appello e del suo accoglimento proposte dall’originario coimputato non è comune alla posizione del ricorrente, perché attiene non a ragioni oggettive, comunicabili ad entrambe le posizioni, bensì a ragioni del tutto personali e soggettive, quali la mancanza di riscontri individualizzanti – rispetto a COGNOME NOME – alle dichiarazioni della teste.
Se, dunque, il rapporto che si instaura a seguito dell’accoglimento dell’istanza ex art. 587 cod. proc. pen. non è un rapporto impugnatorio autonomo, ma consente semplicemente al coimputato non impugnante un intervento ad adiuvadum delle ragioni già proposte con l’appello, è evidente nel caso in esame che COGNOME NOME non avrebbe avuto alcun diretto beneficio a perorare i motivi di appello proposti dal COGNOME, poiché non riguardavano la sua posizione, ma solo quella del coimputato.
La teste, inoltre, non è mai stata dichiarata inattendibile, ma anzi, al contrario, è stata dichiarata astrattamente attendibile; la precedente pronuncia di legittimità che ha rilevato il vizio in procedendo per avere deciso il giudice dell’esecuzione de plano, non ha, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, effettuato alcuna delibazione di fondatezza dell’istanza in concreto, ma ha affermato che, poiché la decisione è stata preceduta da una valutazione ermeneutica da parte del giudicante ciò, escludeva, la inammissibilità ictu ocu/i della domanda e dunque, correlativamente, la applicabilità del rito ex art. 666 co 2 cod.proc.pen.
Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali. Così deciso il 27 giugno 2024