Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22363 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in TUNISIA il 09/04/1988
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE D’APPELLO DI CATANIA
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate per iscritto in data 5/05/2025 dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 dicembre 2024 la Corte di appello di Catania ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME imputato del delitto di cui agli artt. 110, 56, 624-bis cod. pen., avverso la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di questi dal Tribunale di Ragusa in data 15 marzo 2023; inammissibilità dichiarata in ragione della mancata allegazione all’atto di gravame dell’elezione o della dichiarazione di domicilio dell’imputato, come richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, affidando l’impugnativa a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione degli artt. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., 24 Cost. e 6 CEDU, deducendo che il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, contenuto nel frontespizio della sentenza appellata – atto da considerare un unicum con l’impugnazione – era tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello; atto, questo, che, in effetti in forza del menzionato richiamo, gli era stato regolarmente e celermente notificato presso il domicilio eletto.
Dunque, giusta la ratio della norma evocata, ossia, quella di rendere agevole la notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello, la rilevata invalidit dell’atto di impugnazione doveva considerarsi sanata per il conseguimento dello scopo. Diversamente opinando, si finirebbe per irrogare all’imputato medesimo una sanzione processuale manifestamente sproporzionata e si adotterebbe una soluzione improntata a sterile formalismo, suscettibile di porsi in contrasto il diritto di accesso al giudizio d impugnazione, garantitogli anche dalle fonti sovrannazionali.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato la violazione dell’art. 587 cod. proc. pen., perché gli si sarebbero dovuti estendere gli effetti dell’impugnazione ritualmente e ammissibilmente sporta dal coimputato NOME COGNOME il quale aveva articolato motivi di gravame non esclusivamente personali.
Il difensore del ricorrente, Avvocato NOME COGNOME ha depositato in data 19 maggio 2025 memoria di replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, insistendo per l’accoglimento del ricorso e per l’annullamento della sentenza impugnata, in quanto l’inammissibilità dell’appello sarebbe il frutto di un’interpretazione della norma di cui all’art. 581, comma 1 -ter, cod. pen. eccessivamente formalistica, non essendosi verificato alcun pregiudizio concreto per la regolarità del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza deve essere annullata senza rinvio per essere il reato ascritto al ricorrente estinto per prescrizione.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
1.1. Le Sezioni Unite COGNOME (sentenza n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025) hanno enunciato il principio di diritto secondo cui «L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche
con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione», precisando che la dichiarazione o elezione di domicilio non deve necessariamente essere successiva alla sentenza impugnata, purché la stessa sia richiamata, in maniera espressa e specifica nell’atto d’impugnazione, con l’indicazione della relativa collocazione nel fascicolo processuale, in modo che sia immediatamente e inequivocabilmente individuabile per la notificazione del decreto di citazione a giudizio dell’imputato.
L’autorevole Collegio ha, dunque, aderito alla tesi secondo la quale la ratio della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., oggi abrogata dalla legge n. 114 del 2024, è da individuare nella volontà legislativa (come cristallizzata nel d.lgs. n. 150 del 2022) di promuovere impugnazioni consapevoli e garantire la celere e certa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio d’impugnazione, assicurando così la regolare celebrazione del giudizio d’appello e limitando ricorsi a rimedi successivi.
La Corte, nella medesima composizione, ha enunciato l’ulteriore principio di diritto secondo cui «La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024» e ha spiegato le ragioni ad esso sottese, evidenziando come «l’atto d’impugnazione, considerato isolatamente e nel suo aspetto formale (non, dunque, nella prospettiva del diritto di proporre l’impugnazione e della legge a esso applicabile), abbia effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento», di modo che «in applicazione del principio di cui all’art. 11 preleggi, deve aversi riguardo alla disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso».
1.2. Così illustrati gli snodi concettuali di tale vincolante decisione, ai fini dell soluzione della questione sottoposta all’odierno Collegio con il motivo in disamina, ossia, se sia o meno emendabile l’inammissibilità dell’impugnazione prodottasi in conseguenza del mancato adempimento dell’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., nei temini indicati dalle Sezioni Unite De Felice, è indispensabile soffermarsi sul nucleo essenziale della comminata sanzione processuale e, quindi, verificare se, anche alla stregua del dato normativo, la stessa sia emendabile in ragione del raggiungimento, aliunde, dello scopo avuto di mira dalla norma che la prevede.
1.3. Invero, secondo il diritto vivente (Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, COGNOME, Rv. 219531 – 01; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, COGNOME, Rv. 211469 – 01; Sez. U, n. 21 del 11/11/1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 199903 – 01), la mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen., compreso quello della specificità dei motivi, rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una
pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità. Viene in rilievo, in sostanza, un’impugnazione soltanto apparente, che si caratterizza per l’inidoneità dell’atto di parte a mantenere in vita il rapporto processuale e che determina, pertanto, la formazione del giudicato sostanziale sulla sentenza oggetto di impugnazione.
1.4. Dal che discende, quale necessitato corollario, che il vizio radicale che affligge l’atto di impugnazione non può essere sanato. Tale enunciato trova conforto nella giurisprudenza di questa Corte, espressasi nel senso che «In materia di impugnazioni, l’indicazione di motivi generici nel ricorso in appello non può essere superata mediante l’integrazione effettuata a mezzo di memorie presentate in sede di discussione o di motivi aggiunti depositati nei termini di legge» (Sez. 5, n. 2425 del 31/10/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287496 – 02); «L’inammissibilità di un motivo del ricorso principale cui si colleghi un motivo aggiunto, idoneo, in astratto, a colmarne i difetti, travolge quest’ultimo, non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell’impugnazione originaria» (Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, L., Rv. 278387 – 01); «È inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta una violazione di legge che non sia stata eccepita nemmeno con l’atto di appello, non avendo l’intervenuta trattazione della questione da parte del giudice di secondo grado efficacia sanante “ex post”» (Sez. 3, n. 21920 del 16/05/2012, COGNOME, Rv. 252773 – 01); «L’inammissibilità dell’impugnazione conseguente al fatto che la stessa sia stata presentata nella cancelleria del giudice “ad quem” anziché in quella del giudice “a quo”, come invece disposto dall’art. 582 cod. proc. pen., non è suscettibile di sanatoria; in particolare, non può al riguardo trovare applicazione la previsione di cui all’art. 568, comma 5, stesso codice, che disciplina il diverso caso in cui l’impugnazione sia proposta ad un giudice incompetente (cui fa obbligo di trasmettere gli atti a quello competente) e che, dunque, attenendo alla sola ipotesi della proposizione del gravame, non concerne quella relativa alle modalità della sua presentazione, disciplinate appunto dal ricordato art. 582, e la cui inosservanza, a tenore dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., determina l’inammissibilità dell’impugnazione» (Sez. 1, n. 4706 del 17/11/1992, dep. 1993, NOME, Rv. 192677 01).
Del resto, giova ricordare che le disposizioni codicistiche che disciplinano le ipotesi di sanatoria di invalidità processuali, ossia gli artt. 183 e 184 cod. proc. pen., si riferiscono soltanto alle ‘nullità’ e non anche alle ‘inammissibilità’.
1.5. Tutto quanto sopra esposto comporta che gli effetti del giudicato sostanziale, prodottisi per effetto dell’inammissibilità dell’atto di impugnazione, discendente dalla violazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., come interpretato dal diritto vivente, non sono suscettibili di sanatoria, di modo che è privo di rilievo l’accertato conseguimento della finalità della citazione a giudizio dell’imputato (in termini, Sez. 5, n. 4330 del 14/11/2024, dep. 2025, G, non nnassinnata).
1.6. Venendo al caso in esame, sulla base dell’esame degli atti processuali, va rilevato quanto segue.
All’atto di appello avverso la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Ragusa in data 15 marzo 2023 nei confronti di NOME COGNOME presentato in data 13 aprile 2023 dal suo difensore, Avvocato NOME COGNOME non risulta allegata alcuna ‘Procura speciale’, conferita al predetto e sottoscritta da NOME COGNOME e l’atto di appello non contiene, comunque, alcuna elezione o dichiarazione di domicilio, né alcun richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
In data 30 ottobre 2024 il decreto di citazione per il giudizio di appello è stato regolarmente notificato presso il domicilio eletto all’imputato, che, tuttavia, è rimasto assente anche nel giudizio di appello.
1.7. Di tanto dato atto, considerato che la dichiarazione o l’elezione di domicilio, anche con le modalità di allegazione declinate dalle Sezioni Unite De Felice, costituisce un requisito intrinseco ed immanente dell’atto di impugnazione, previsto a pena di inammissibilità dalle disposizioni di cui all’art. 581, commi 1 -ter e 1 -quater cod. proc. pen., ratione temporis vigenti, e che, avuto riguardo al profilo delle modalità di proposizione, l’atto d’impugnazione produce «effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento» (così, Sezioni Unite De Felice, in motivazione), deve escludersi l’efficacia sanante ex post dell’effettivo conseguimento dello scopo avuto di mira dalle disposizioni citate, per effetto della regolare notificazione del decreto di citazione del ricorrente per il giudizio di appello presso il domicilio eletto.
Coglie, tuttavia, nel segno il secondo motivo di ricorso.
2.1. La disposizione di cui all’art. 587, comma 1, cod. proc. pen. recita che «Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati» e le Sezioni Unite Cacciapuoti (sentenza n. 9 del 24/03/1995, Rv. 201305 01) hanno evidenziato come «il fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione (in processo plurisoggettivo per lo stesso reato, o in procedimento cumulativo) in favore del coimputato non impugnante o l’impugnazione del quale sia dichiarata inammissibile, di cui all’articolo 587 cod. proc. pen., si risolve nella prospettazione di un evento (quale il riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sull’impugnazione, della fondatezza del motivo non esclusivamente personale, dedotto dall’impugnante diligente), il verificarsi del quale, operando di diritto come rimedio straordinario capace di revocare il giudicato in favore del non impugnante, rende questi partecipe del beneficio conseguito dal
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coimputato» (nello stesso senso, anche Sez. 2, n. 26771 del 25/03/2021, COGNOME, Rv.
281551 – 01; Sez. 5, n. L5446 del 17/02/2004, COGNOME Rv. 228758 – 01).
Dunque, la disposizione citata è stata uniformemente interpretata come dettata dall’esigenza di evitare disarmonie di trattamento tra soggetti in identica posizione,
taluno dei quali abbia con esito favorevole proposto valida impugnazione (Sez. 2, n.
26771/2021, cit,
che richiama Sez. 1, n. 15288 del 24/3/2003, COGNOME, Rv. 231242).
2.2. Tanto premesso, va dato atto che la Corte di appello di Catania, stimato ammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME concorrente di NOME COGNOME
nel delitto di tentato furto in abitazione commesso il 2 novembre 2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME per essere il reato in rubrica ascrittogli estinto
per intervenuta prescrizione.
Invero, la Corte territoriale ha errato nel non estendere gli effetti della prescrizione del reato, rilevata nei confronti del concorrente, all’odierno ricorrente: ciò avrebbe dovuto
fare in forza del pacifico principio di diritto secondo cui «L’inammissibilità della impugnazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione,
qualora altro impugnante abbia proposto valido atto di gravame» (Sez. 5, n. 12226 del
19/10/2000, De, Rv. 219739 – 01, che, in ossequio a tale principio, ha annullato senza rinvio, applicando la prescrizione, la sentenza di secondo grado, con la quale, dichiarando l’efficacia della già menzionata causa di estinzione in favore di un imputato che aveva ritualmente impugnato, il giudice di merito aveva dichiarato inammissibili, perché tardivi o proposti da difensore sprovvisto di procura speciale, i gravami degli altri imputati; in termini, Sez. 2, n. 11042 del 23/01/2009, COGNOME, Rv. 243860 – 01).
2.3. Di conseguenza, in virtù dell’effetto estensivo dell’impugnazione di cui all’art. 587, comma 1, cod. proc. pen., la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di NOME COGNOME per essere il reato ascrittogli estinto per intervenuta prescrizione.
S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Così è deciso, 30/05/2025