Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26278 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte d’Appello de L’Aquila, in riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Pescara del 2 marzo 2021 nei confronti di NOME in ordine al reato di cui all’art. 73 e 80 comma 1 lett. g) d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ha assolto l’imputato perchè il fatto non sussiste.
A NOME era stata contestata la cessione, effettuata mentre era detenuto presso la casa circondariale di Pescara, ad altro detenuto di gr. 0,053 di sostanza stupefacente del tipo hashish.
1.1.La Corte di Appello ha osservato che la sostanza ceduta aveva un principio attivo di THC pari a mg 4,2 da cui potevano essere ricavate 0,17 dosi ed ha ritenuto che tale sostanza non avesse effetto drogante. In tal senso ha richiamato la pronuncia delle Sez. U n. 30475 del 30.5.2019, Rv 275956, con cui si è stabilito che “in tema di stupefacenti, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge 2 dicembre 2016, n. 242, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività” e ha sostenuto che tale principio, a proposito della necessità della efficacia drogante, debba trovare applicazione in generale, rispetto a tutte le ipotesi di detenzione e cessione di droga. Con riferimento al quantitativo di principio attivo presente nella sostanza sequestrata all’interno della casa circondariale, la Corte ha affermato che sulla soglia di percentuale di THC dello 0,5%, al di sotto della quale non è ravvisabile alcuna forma di idoneità drogante, si sarebbe formata una chiara e univoca convergenza scientifica e che il trattato di tossicologia forense, richiamato dalla Circolare del Ministero degli Interni del 31 luglio 2018, afferma testualmente “tenuto conto che la quantità massima di canapa reperita nelle sigarette risulta di 1 gr., si ritiene che la percentuale di THC necessaria perché si possa parlare di stupefacente sia identificabile in quella di almeno 5 mg, corrispondente quindi allo 0,5 °/0”. La scienza tossicologia- prosegue la Corte- ha precisato che la quantità di 5 mg non deve essere riferita al peso originario di THC, quanto piuttosto a quello residuo che viene metabolizzato dall’organismo del consumatore, atteso il progressivo degrado dello stesso durante l’assunzione: la c.d. biodisponibilità diventa il parametro principale per pervenire ad un preliminare giudizio di psicoattività o non psicoattività della sostanza specifica, al fine di valutare la rilevanza penale della condotta. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di Appello de L’Aquila, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta assenza di efficacia drogante nella sostanza ceduta. Il Procuratore Generale osserva che la pronuncia assolutoria sarebbe stata fondata sul travisamento di un passaggio tratto da un trattato di tossicologia forense nel quale, prendendo ad esempio un grammo di canapa di una sigaretta, si afferma che la percentuale di THC necessaria perché possa parlarsi di sostanza stupefacente deve essere di almeno 5 mg. COGNOME Tale peso, dunque, COGNOME non è soglia generale al di sotto della quale la sostanza non ha efficacia drogante, ma solo soglia con riferimento ai quantitativo pari a 1 gr. di canapa. Nel caso in esame il peso della sostanza era di 0,053 gr., sicché il quantitativo di THC pari a mg 4,277 era ragguardevole.
Il Procuratore rileva che oggetto della cessione non era la cannabis sativa, bensì sostanza stupefacente del tipo hashish per cui l’illecito penale è configurabile anche in caso di cessione di dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11.4.2006.
La sentenza impugnata, dunque, lungi dall’essere fornita di motivazione rafforzata, è affetta da violazione di legge per erronea interpretazione della normativa e per essere fondata su asserite indicazioni scientifiche frutto di travisamento, nonché su concetti quali psicoattività e biodisponibilità, introdotti dalla Corte, in assenza di apporti derivanti da indagini tecniche.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il difensore dell’imputato ha presentato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato il motivo.
6. In primo luogo /il richiamo operato dalla Corte alla sentenza Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 275956 è inconferente. E’ stato affermato invero COGNOME in COGNOME tale sentenza che COGNOME la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. 73 d.P. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività. Le Sezioni unite hanno in particolare affrontato il tema delle soglie di percentuali di THC che,
secondo alcuni orientamenti, costituivano il discrinnine della liceità della commercializzazione dei suddetti prodotti. Venivano in considerazione i valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge 2 dicembre 2016, n. 242 per la coltivazione della canapa, volti a tutelare esclusivamente l’agricoltore che, pur impiegando qualità consentite, nell’ambito della filiera agroalimentare delineata dalla legge, coltivi canapa che, nel corso del ciclo produttivo, risulti contenere, nella struttura, una percentuale di THC compresa tra lo 0,2 per cento e lo 0,6 per cento, ovvero superiore a tale limite massimo. Il comma 5 stabilisce che, nel primo caso, nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge; e il comma 7, nel prevedere la possibilità che vengano disposti il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa che, se pure impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla legge, presentino un contenuto di THC superiore allo 0,6 per cento, ribadisce che, anche in tal caso, è esclusa la responsabilità dell’agricoltore. Le Sezioni Unite hanno chiarito che le richiamate percentuali di THC non possono essere valorizzate, al fine di affermare la liceità dei derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L. – e la lor commercializzazione – ove contenenti percentuali inferiori allo 0,6 ovvero allo 0,2 per cento, rilevando che “ogni condotta di cessione o di commercializzazione di categorie di prodotti, ricavati dalla coltivazione agroindustriale della cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, diversi da quelli tassativamente indicati dall’art. 2, comma 2, legge n. 242 del 2016, da un lato è estranea dall’ambito di operatività della predetta legge, dall’altro integra una attività illecit secondo la generale disciplina contenuta nel T.U. stup..
7.11 principio astratto per cui, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art 73 d.P.R. n. 309/90, occorre che la sostanza ceduta (o comunque illecitamente detenuta) abbia efficacia drogante, è stato affermato già da Sez. U, n. 47472 del 29/11/2007, COGNOME, Rv. 237856 e da Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008, COGNOME, Rv. 239920: si tratta di principio che discende da quello, di rilevanza costituzionale, per cui la condotta incriminata deve essere concretamente offensiva.
7.1. Tuttavia, nel caso di specie la Corte ha individuato in maniera arbitraria la soglia della 0,5 % ai fini della sussistenza della efficacia drogante, traendolo da un esempio ripreso da un trattato in cui tale soglia era stata individuata con riferimento ad un quantitativo di 1 gr. di sostanza del tipo hashish.
Come rilevato dal ricorrente, la valutazione in merito all’assenza di efficacia drogante della sostanza ceduta da NOME, non avrebbe dovuto essere compiuta dal giudice in maniera autonoma. Si deve, in tal senso, ribadire che il giudice, nelle ipotesi in cui viene in rilievo l’accertamento di fatti che esulino dall
conoscenze, per così dire, “ordinarie”, ma che richiedano specifiche competenze tecniche o scientifiche, deve affidarsi al contributo del sapere scientifico, non potendo il prudente apprezzamento e libero convincimento del giudice equivalere ad arbitrium merum (tra le numerose, v., assai autorevolmente, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn).
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di Appello di Perugia
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia
ziona COGNOME
iudiziario
‘anfra COGNOME