Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 693 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 693 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina nel procedimento a carico di COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Messina il 11/09/1973
avverso l’ordinanza del 01/06/2023 del Tribunale della libertà di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; udito il difensore, avv. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, in accoglimento dell’appello cautelare proposto nell’interesse di NOME COGNOME, nella veste di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Messina revocava il sequestro preventivo disposto – in relazione al delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. – sui beni di detta società, ordinandone la restituzione a favore della medesima.
Ad avviso del Tribunale, l’ordinanza genetica aveva reso una motivazione del tutto apparente posto che, per un verso, non aveva spiegato la ragione per la quale i beni che appartenevano pro-quota anche a soggetti non indagati fossero stati asserviti dall’amministratore in via esclusiva alla commissione dei reati per cui si procede, e, per altro verso, non era nemmeno chiara la finalità perseguita dalla misura reale – se impeditiva o anticipatoria – posto che nella motivazione era indicata la prima, nel dispositivo la seconda; sebbene l’ordinanza genetica non era stata impugnata dalla società ricorrente con il riesame – rimedio che, invece, era stato coltivato con successo dalla RAGIONE_SOCIALE nei cui confront l’ordinanza impositiva del sequestro prevenivo sul complesso aziendale di quest’ultima era stata annullata proprio rilevando il difetto di motivazione motivo era ugualmente deducibile in sede di istanza di restituzione dei beni, sulla base dei principi affermati da Sez. U, n. 46201 del 31/05/2018.
Avverso l’indicata ordinanza, il pubblico ministero presso il Tribunale di Messina ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
2.1. Dopo aver ricostruito la vicenda processuale, con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione della legge processuale in relazione all’art. 310 cod. proc. pen., per avere il tribunale cautelare violato il principi devolutivo, accogliendo l’appello in relazione a un motivo – ossia l’originaria mancanza di motivazione in riferimento al vincolo reale – che non era stato prospettato dalla difesa, la quale aveva unicamente dedotto l’estensione degli effetti favorevoli dell’impugnazione ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen.; tribunale, pertanto, avrebbe emesso un provvedimento in violazione del principio della domanda.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione della legge processuale in relazione agli artt. 321 e 324 cod. proc. pen., essendosi il tribunale del riesame pronunciato su una questione, quale l’estensione ex art. 587 cod. proc. pen. degli effetti alla società ricorrente dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE che già era stata oggetto di precedenti impugnazioni e su cui si era formato un giudicato cautelare, essendo stata rigettata in due precedenti occasioni.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della legge processuale in relazione all’art. 321 cod. proc. pen., avendo il Tribunale errato nel ritenere sussistente il vizio di motivazione dell’ordinanza genetica, in quanto il g.i.p. aveva disposto l’applicazione contestuale di misure personali e reali utilizzando una motivazione molto articolata e specifica sia sul fumus, rinviando per relationem alla motivazione del capo 20), sia sul periculum in mora; in ogni caso, le argomentazioni alla base dell’annullamento dell’ordinanza in relazione all’impugnazione promossa da RAGIONE_SOCIALE – ossia l’assenza di motivazione in relazione al rapporto di strumentalità esistente tra i beni aziendali e il reato – non sono estendibili ad RAGIONE_SOCIALE in quanto, come emerso nel corso delle indagini, il compendio aziendale era stato totalmente adibito allo svolgimento dell’ipotizzata attività illecita e la proprietà era, di f nelle mani di NOME COGNOME, amministratore della società, le cui figlie erano le sode della società medesima.
In data 1 dicembre 2023, il difensore dell’indagato ha depositato memoria, con cui, nel misurarsi con i motivi di ricorso, ne chiede l’inammissibilità o il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento.
Dalla documentazione prodotta dal ricorrente, l’articolata vicenda processuale può essere così ricostruita:
il 22 dicembre 2022 il difensore di NOME COGNOME, quale legale rappresentata della RAGIONE_SOCIALE depositava al Tribunale istanza di revoca del sequestro preventivo, chiedendo l’estensione ex art. 587 cod. proc. pen. degli effetti del provvedimento emesso il 9 febbraio 2021 dal Tribunale del riesame, che, in accoglimento dell’istanza proposta nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, aveva annullato il sequestro prevenivo sul complesso aziendale di quest’ultima disposto con l’ordinanza genetica, rilevando il difetto di motivazione;
il 29 dicembre 2022 il Tribunale collegiale dichiarava non doversi procedere sulla richiesta, ribadendo il contenuto di una procedente decisione, ossia la non riconducibilità all’ente del sequestro emesso; tale provvedimento non veniva impugnato;
il 3 gennaio 2023 la difesa presentava istanza al pubblico ministero di restituzione dei beni in sequestro, ritenendo che l’estensione degli effetti
dell’impugnazione ex art. 587 cod. proc. pen. fosse di competenza dell’organo dell’accusa in sede esecutiva;
il 9 gennaio 2023 il pubblico ministero dichiarava non doversi procedere sulla richiesta, in quanto non erano ravvisabili adempimenti esecutivi ulteriori rispetto a quelli già svolti in seguito al dissequestro delle quote sociali disposto dal Tribunale del riesame con una precedente ordinanza;
il 19 gennaio 2023 la difesa presentava istanza, qualificandola come “opposizione” al provvedimento del pubblico ministero, reiterando le argomentazioni precedentemente svolte;
il 19 aprile 2023, all’esito della discussione svolta all’udienza camerale del 5 aprile 2023, il Tribunale rigettava l’istanza di restituzione del compendio aziendale avanzata nell’interesse dell’amministratore della RAGIONE_SOCIALE ritenendo non estensibile alla società gli effetti del provvedimento di annullamento emesso dal Tribunale dilla libertà il 9 febbraio 2021 a seguito di riesame proposto nell’interesse dalla RAGIONE_SOCIALE;
il 6 giugno 2023, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale cautelare annullava il provvedimento genetico.
In particolare, il Tribunale cautelare ha ritenuto inconferente il richiamato al giudicato cautelare sulla base del principio affermato da Sez. U, n. 46201 del 31/05/2018, secondo cui la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti; ne consegue che è ammissibile l’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all’impugnazione.
Il Tribunale cautelare, inoltre, ha evidenziato che, nella specie, non può operare l’effetto estensivo invocato dalla difesa, perché la decisione di annullamento, adottata dal Tribunale del riesame, riguarda esclusivamente la RAGIONE_SOCIALE e non anche la RAGIONE_SOCIALE, le cui attività illecite, peraltro, sono sovrapponibili.
Nondimeno, il Tribunale cautelare ha ritenuto che la società ricorrente avesse comunque eccepito l’originaria mancanza di motivazione del vincolo, come risulta da un passaggio della richiesta di revoca del sequestro avanzata il 22 dicembre 2022.
Ciò posto, il primo motivo è fondato.
Va ricordato che l’art. 310 cod. proc. pen., il quale disciplina l’appello relativo a provvedimenti in materia di libertà, richiama i commi 1, 2, 3, 4 e 7 dell’art. 309, ma non anche il comma 9 del citato articolo, secondo il quale in tema di riesame “il Tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all’imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso”. Ne consegue che deve ritenersi che il legislatore abbia voluto attribuire all’appello avverso provvedimenti in materia di libertà i caratteri propri delle impugnazioni, con la conseguente applicabilità del principio tantum devolutum quantum appellatum, previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. (da intendersi implicitamente richiamato), che attribuisce al giudice di appello la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti (Sez. 1, n. 1137 del 17/03/1993 – dep. 04/05/1993, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 193948).
Stante, dunque, la natura devolutiva dell’appello cautelare, la cognizione del giudice è circoscritta entro il limite segnato non solo dai motivi dedotti dall’impugnante, ma anche dal decisum del provvedimento gravato, sicché con l’appello non possono proporsi motivi nuovi rispetto a quelli avanzati nell’istanza sottoposta al giudice di primo grado, né al giudice ad quem è attribuito il potere di estendere d’ufficio la sua cognizione a questioni non prese in esame dal giudice a quo (Sez. 3, n. 30483 del 28/05/2015 – dep. 15/07/2015, COGNOME, Rv. 264818; Sez. 1, n. 43913 del 02/07/2012 – dep. 13/11/2012, Xu, Rv. 253786; Sez. 2, n. 3418 del 02/07/1999 – dep. 21/07/1999, Moledda, Rv. 214261).
Nel caso di specie, come anticipato, pur dando atto che la ricorrente aveva impropriamente richiamato la disciplina di cui all’art. 587 cod. proc. pen., tuttavia, secondo il Tribunale cautelare, era stata eccepita l’originaria mancanza di motivazione, come risulta dall’istanza di revoca del sequestro avanzata il 22 dicembre 2022.
Orbene, è del tutto evidente l’errore in cui è incorso il Tribunale cautelare, in quanto ha desunto l’implicita eccezione di mancanza originaria di motivazione del vincolo da un atto del tutto inconferente, ossia l’istanza di revoca del sequestro in relazione alla quale il Tribunale collegiale ha dichiarato non doversi procedere con ordinanza del 29 dicembre 2022, atto conclusivo di quel sub procedimento incidentale.
Per contro, come emerge testualmente dal provvedimento impugnato, l’appello qui in esame lamentava, “l’erronea applicazione compiuta dal Tribunale adito del disposto normativo di cui all’art. 587 cod. proc. pen., essendo stata
disattesa dal giudice di prime cure l’istanza con la quale di chiedeva di estendere alla società appellante gli effetti favorevoli della decisione con cui il Tribunal della libertà, adito nel medesimo procedimento in sede di riesame proposto dal difensore del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE aveva annullato il sequestro preventivo sul complesso aziendale di quest’ultima, rilevando il difetto di motivazione” (p. 1 dell’ordinanza impugnata).
Orbene, è di immediata evidenza che, con l’appello, non era stata affatto devoluta, nemmeno implicitamente, la questione relativa alla mancanza di motivazione del provvedimento genetico.
Ne consegue che il Tribunale cautelare, laddove, invece, ha ritenuto che la relativa questione era stata pur implicitamente dedotta, richiamando, però, un’istanza proposta nell’ambito di un precedente – ed evidentemente diverso procedimento cautelare, che aveva già esaurito i propri effetti, ha perciò travalicato i limiti derivanti dall’effetto devolutivo dell’appello cautelare, avendo esteso d’ufficio la propria cognizione su una questione non dedotta con l’atto di appello, con conseguente violazione dell’art. 597 cod. proc. pen.
Per le considerazioni sin qui espresse, l’ordinanza impugnata deve conseguentemente essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Così deciso il 14/12/2023.