Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11945 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11945 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PELOSI o COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 17/01/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria del difensore AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimentodel ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata da NOME COGNOME o COGNOME diretta ad ottenere la declaratoria di nullità dell’ordine di esecuzione emesso a suo carico dal Procuratore generale presso la medesima Corte territoriale in data 10 aprile 2019 n.231/19-2084/18 SIEP, a seguito del cumulo con pena residua da espiare di anni uno, mesi nove e giorni ventotto di reclusione.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto infondata la richiesta del condannato ed ha osservato che la lamentata irregolarità della notifica dell’ordine di esecuzione effettuata il giorno 12 ottobre 2022 era stata sanata dalla successiva notifica all’AVV_NOTAIO; inoltre il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che, avendo il condannato già usufruito della sospensione della pena ex art.656 cod. proc. pen. una volta, non poteva usufruire di una ulteriore sospensione ai sensi dell’art. 1. L.199/2010.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME o COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
In particolare lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt.656, comma 4-bis, del codice di rito, 1 1.199/2010 ed il relativo vizio di motivazione; al riguardo rileva che – a seguito del rigetto della richiesta di detenzione domiciliare pronunciato dal Tribunale di sorveglianza di Roma con ordinanza del 7 ottobre 2022 – la Procura generale presso la Corte di appello di Roma in data 12 ottobre 2022 aveva revocato il provvedimento di revoca del decreto di sospensione dell’ordine di esecuzione (a suo tempo emanato) disponendo la carcerazione ai sensi dell’art.656, comma 8, cod. proc. pen.
Il citato ordine di esecuzione era stato notificato (a seguito del decesso dell’AVV_NOTAIO che era stato nominato per la fase esecutiva) al solo AVV_NOTAIO difensore di fiducia di NOME COGNOME o COGNOME nel procedimento avanti il Tribunale di sorveglianza di Roma, nonostante il condannato fosse difeso in tale giudizio anche dall’AVV_NOTAIO. A seguito
della specifica eccezione sollevata da tale ultimo difensore, la citata Procura generale aveva disposto la notifica del predetto ordine di esecuzione all’AVV_NOTAIO, ma tale atto riportava ancora nel suo corpo come unico difensore l’AVV_NOTAIO con la conseguente nullità della nuova notifica.
Inoltre, il ricorrente osserva che la nuova istanza di sospensione dell’ordine di esecuzione, presentata ai sensi degli artt.11.199/2010 e 656, comma 4-bis, cod. proc. pen. non poteva essere dichiarata inammissibile considerato che la 1.199/2010 opera su presupposti differenti rispetto alle misure alternative alla detenzione dato che prescinde dalla meritevolezza della misura.
Il difensore ha poi depositato articolata memoria difensiva insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Invero, quanto alla dedotta nullità della notifica dell’ordine di esecuzione effettuata all’AVV_NOTAIO, si osserva che – come dedotto nello stesso ricorso – la nuova notifica dell’ordine di esecuzione del 12 ottobre 2022 è stata espressamente disposta (ed effettuata) nei confronti dell’AVV_NOTAIO e che, pertanto, tale ultimo difensore è ritualmente e formalmente venuto a conoscenza di tale atto con la conseguente irrilevanza del fatto che, in detto ordine di esecuzione, fosse indicato come difensore di fiducia soltanto l’AVV_NOTAIO e la insussistenza della dedotta nullità della notifica stessa, la quale ha raggiunto il proprio scopo.
Quanto poi alla possibilità di una seconda sospensione dell’ordine di esecuzione deve ricordarsi che, dopo un iniziale contrasto, la giurisprudenza di questa Corte, nel coordinare la disciplina prevista per l’esecuzione delle pene detentive non superiori a tre o quattro anni dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. e quella introdotta dall’art. 1, commi 3 e segg., della legge n. 199 del 2010 per l’esecuzione delle pene detentive non superiori a diciotto mesi, è pervenuta all’approdo ermeneutico, ormai consolidato, in base al quale il Pubblico ministero, quando sussistono le condizioni previste dal provvedimento normativo citato da ultimo deve disporre un’ulteriore sospensione dell’esecuzione nei confronti del condannato che ha già beneficiato della sospensione dell’esecuzione della pena
ex art. 656 cod. proc. pen. e che non ha avanzato la richiesta di misura alternativa e ciò al fine di consentire al Magistrato di sorveglianza di decidere se la pena vada eseguita presso il domicilio (Sez. 1, n. 14987 del 13/03/2019, PG C/ NOME COGNOME, Rv. 275330; Sez. 1, n. 4971 del 09/12/2014, dep. 2015, P.M. in proc. Vullo, Rv. 262642. Sez. 1, n. 25039 del 11/01/2012, Pmt in proc. Sanzo, Rv. 253333. Contra Sez. 1, Sentenza n. 48425 del 27/11/2012, P.M. in proc. Baretto, Rv. 253981).
3.1. Non è però assimilabile a siffatta ipotesi quella in cui il condannato dopo l’ordine di sospensione ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen. non sia rimasto inerte, ma si sia attivato ed il Tribunale di sorveglianza competente abbia rigettato la sua domanda per assenza dei presupposti della misura richiesta come avvenuto nel caso di specie.
Invero, la valutazione sulla concessione delle misure alternative del Tribunale di sorveglianza non è interamente sovrapponibile a quella affidata dall’art. 2 della legge 26 novembre 2010, n. 199 al Magistrato di sorveglianza in ordine all’applicazione dell’esecuzione presso il domicilio. Non solo i presupposti di quest’ultima misura sono configurati soltanto come “limiti negativi” o come condizioni ostative, ma, comunque, essa è applicabile anche in deroga alle regole generali poste dall’art. 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, per la detenzione domiciliare, e quindi indipendentemente da ogni valutazione di meritevolezza in ordine alla concessione della misura (cfr. Sez. 1, n. 6138 del 11/12/2013, dep. 2014, P.G. in proc. Caldarozzi, Rv. 259469; in motivazione, la Corte ha evidenziato che la nuova disciplina non costituisce una mera sovrapposizione rispetto a quella della detenzione domiciliare anche perché l’art. 1, comma ottavo, della legge n. 199 del 2010 prevede che le disposizioni dell’art. 47-ter della legge n. 354 del 1975 sono applicabili in quanto compatibili). Non vi è dubbio, però, che, come osservato dal provvedimento impugnato, laddove il Tribunale di sorveglianza avesse rigettato la richiesta di applicazione di misure alternative avanzata dal condannato in costanza di sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen. apprezzando la loro inidoneità a fronteggiare il tasso di pericolosità sociale del condannato, il magistrato di sorveglianza nell’eventuale successivo giudizio promosso per l’applicazione della misura di cui alla legge n. 199 del 2010 in relazione alla pena oggetto del medesimo ordine di
esecuzione dovrebbe compiere, in punto di pericolosità, una valutazione di merito in gran parte assorbita da quella compiuta in precedenza dal Tribunale.
Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 2 lett. d), l’applicazione della detenzione presso il domicilio non è applicabile “quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti ovvero quando non sussista l’idoneità e l’effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato” .
3.2. Inoltre, è di ostacolo ad un’ulteriore sospensione del medesimo ordine di esecuzione la preclusione processuale determinata dalla conclusione della fase svoltasi dinanzi al Tribunale sorveglianza adito ai sensi dell’art. 656, commi 5 e 6, cod. proc. pen. con conseguente efficacia esecutiva sia della pronuncia di rigetto sia della revoca immediata della sospensione (art. 656, comma 8, cod. proc. pen.), statuizioni che non possono essere rimesse in discussione dal pubblico ministero il quale non può disporre la sospensione dell’esecuzione per la stessa condanna “più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni” (art. 656, comma 7, cod. proc. pen.). D’atra parte, nei rapporti tra Tribunale di sorveglianza e Magistrato di sorveglianza trova applicazione, per espressa previsione dell’art. 1, comma 5, della legge n. 199 del 2010, la disciplina dettata in materia di liberazione anticipata dall’art. 69-bis,Ord pen., a mente della quale competente a decidere sulla richiesta in prima istanza, è il magistrato di sorveglianza fatta eccezione per il caso in cui la domanda sia presentata nel corso di procedimenti pendenti dinanzi al tribunale di sorveglianza per la richiesta di altre misure alternative, nel qual caso il Tribunale può decidere sulla richiesta di liberazione anticipata senza necessità di trasmetterla al Magistrato di sorveglianza (Sez.1, n. 46040 del 03/11/2004, COGNOME, Rv. 230583). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.3. Ne deriva quindi che il Tribunale di sorveglianza, investito dopo l’ordine di carcerazione sospeso ex art. 656, comma 5 cod. proc. pen., può direttamente ammettere il detenuto, senza attendere un nuovo ordine di sospensione, ad
espiare la pena presso il domicilio qualora non sussistano i presupposti per la concessione della misura richiesta dal condannato, ma ricorrono i requisiti di cui all’art. 1 della legge n. 199 del 2010, disponendo se necessario un supplemento istruttorio circa l’idoneità del domicilio ai sensi dell’art. 69-bis, comma 5, Ord. pen.
Nel delineato sistema non c’è, quindi, spazio per un intervento del Pubblico ministero volto a riattivare il procedimento disciplinato dall’art. 656, commi 5 e seg., cod. proc. pen., già definito dal Tribunale di sorveglianza, legittimato, per di più, anche ad applicare la detenzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi richiedibili dal condannato attraverso una nuova sospensione del medesimo ordine di esecuzione. Ove, infatti, si ritenesse ammissibile anche nella ipotesi in esame la doppia sospensione dovrebbe ammettersi una regressione alla fase precedente alla pronuncia di rigetto già divenuta esecutiva (Sez. 1, n.8522 del 18/12/2020, dep. 2021).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, a norma dell’art.616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2024.