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Domicilio all’estero: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di un appello penale a causa dell’elezione di un domicilio all’estero da parte dell’imputato. La sentenza stabilisce che, in base alle nuove norme introdotte dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), per impugnare una sentenza è obbligatorio eleggere un domicilio valido sul territorio italiano. Questa regola mira a garantire la piena consapevolezza dell’imputato e l’efficienza del processo, rendendo di fatto invalida qualsiasi dichiarazione di domicilio all’estero ai fini dell’appello.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Domicilio all’Estero e Appello Penale: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per chi intende impugnare una sentenza penale: l’elezione di un domicilio all’estero non è valida e comporta l’inammissibilità dell’appello. Questa decisione, scaturita dall’applicazione delle norme introdotte dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), sottolinea l’importanza di rispettare precisi requisiti formali per garantire il diritto di difesa e l’efficienza della giustizia. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna emessa dal Tribunale di Asti nel marzo 2023, proponeva appello tramite il suo difensore. Tuttavia, l’atto di impugnazione era accompagnato da una dichiarazione di domicilio in un Paese extra-UE. La Corte di appello di Torino, applicando le nuove disposizioni dell’articolo 581 del codice di procedura penale, in vigore dal 30 dicembre 2022, dichiarava l’appello inammissibile.

La Corte territoriale riteneva che la dichiarazione di domicilio fosse invalida, poiché la nuova normativa impone, a pena di inammissibilità, che l’imputato elegga un domicilio valido sul territorio italiano per le notificazioni relative al giudizio di appello. L’imputato, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che la legge non vieta esplicitamente di dichiarare un domicilio all’estero, specialmente se coincidente con la propria residenza.

La Decisione della Corte di Cassazione e il domicilio all’estero

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, definendolo ‘manifestamente infondato’. I giudici supremi hanno confermato la decisione della Corte di appello, consolidando un’interpretazione rigorosa delle nuove regole procedurali. La sentenza chiarisce che la finalità delle nuove norme non è meramente burocratica, ma sostanziale: assicurare che l’imputato sia pienamente consapevole dell’impugnazione e, soprattutto, che sia effettivamente reperibile per le notificazioni del processo.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che un domicilio all’estero è da considerarsi ‘inidoneo’ a soddisfare i requisiti di legge, rendendo l’impugnazione irrimediabilmente inammissibile.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella ratio della riforma. L’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, del codice di procedura penale è stato introdotto per rafforzare le garanzie di conoscenza del processo da parte dell’imputato. La legge ora richiede che, con l’atto di impugnazione, venga depositata una dichiarazione o elezione di domicilio specifica per quella fase processuale. Nel caso di imputato assente, è necessario anche uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza.

La Corte ha evidenziato come questa previsione debba essere letta in combinato disposto con l’articolo 169 del codice di procedura penale, il quale stabilisce che il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato residente o dimorante all’estero debba essere ‘nello Stato’. Pertanto, l’elezione di un domicilio all’estero, per giunta in un Paese extra-UE, vanifica lo scopo della norma, che è quello di garantire la celerità e l’effettività delle notificazioni.

I giudici hanno spiegato che non si tratta di un inutile formalismo, ma di una scelta precisa del legislatore per assicurare l’efficienza della ‘complessa macchina giudiziaria’. Permettere un domicilio fuori dal territorio nazionale renderebbe le notificazioni più complesse e incerte, rallentando il corso della giustizia e andando contro gli obiettivi di efficacia perseguiti dalla riforma.

Le Conclusioni

La sentenza in esame lancia un messaggio chiaro e inequivocabile: chiunque intenda presentare un’impugnazione penale, pur risiedendo all’estero, deve obbligatoriamente eleggere un domicilio valido in Italia (tipicamente presso lo studio del proprio difensore). In mancanza di questo requisito formale, l’atto di appello sarà dichiarato inammissibile, con la conseguenza che la sentenza impugnata diventerà definitiva. Questa pronuncia rappresenta un’importante guida interpretativa per difensori e imputati nell’applicazione delle nuove disposizioni processuali, sottolineando che il rispetto delle forme è essenziale per la tutela dei diritti nel processo penale.

È possibile eleggere domicilio all’estero per presentare un appello penale in Italia?
No, la sentenza chiarisce che, ai fini dell’impugnazione, è necessario eleggere un domicilio valido all’interno del territorio italiano, come previsto dall’art. 169, comma 1, cod. proc. pen. L’elezione di un domicilio all’estero è considerata inidonea e causa l’inammissibilità dell’appello.

Qual è lo scopo delle nuove norme sull’impugnazione introdotte dalla Riforma Cartabia?
Lo scopo è garantire che l’imputato abbia piena consapevolezza e volontà di impugnare una specifica sentenza, rendendosi reperibile presso un domicilio valido in Italia per ricevere le notificazioni. Questo serve ad assicurare l’efficienza del processo giudiziario.

Cosa succede se un appello viene presentato con una dichiarazione di domicilio all’estero?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esaminerà il merito dell’impugnazione, e la sentenza di primo grado diventerà definitiva. Il ricorrente, inoltre, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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