Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2471 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 01/12/1990
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha richiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Napoli con il quale è stata applicata ad Abenante Francesco la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di tentata estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416-bis.1 c.p.
Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato deducendo con unico motivo violazione di legge. In particolare il ricorrente eccepisce la nullità dell’ordinanza genetica in quanto emessa in difetto di domanda cautelare con specifico riferimento al reato per il quale è stata applicata la misura. In tal senso rileva come il pubblico ministero avesse invero richiesto l’applicazione della misura esclusivamente per il reato di partecipazione ad associazione camorristica e non anche per quello in oggetto, l’unico peraltro per il quale il G.i.p. ha poi effettivamente accolto la domanda. Secondo il ricorrente il Tribunale in maniera illogica ed arbitraria ha invece sostenuto che per mero errore materiale il pubblico ministero non avrebbe formalmente richiesto l’applicazione della misura anche per il reato in questione (capo M), facendo riferimento al fatto che nel corpo della richiesta cautelare questi aveva ampiamente e specificamente motivato sulla sussistenza di gravi indizi del concorso dell’Abenante nella tentata estorsione di cui si tratta. Infatti, la trattazione dell’episodio da parte del titolare esclusivo potere di iniziativa cautelare appare funzionale all’enucleazione dei fatti ritenuti comprovare la partecipazione dell’indagato al sodalizio camorristico, reato per il quale e per l’appunto è stata invece formulata espressamente la richiesta di applicazione della misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va ribadito, infatti, come il principio della domanda cautelare, enunciato dall’art. 291, comma 1, cod. proc. pen., comporta che la mancanza di quest’ultima integra una nullità di ordine generale ex art. 178, comma primo, lett. b), cod. proc. pen., rilevabile in ogni stato e grado del processo ai sensi dell’art. 179 c.p.p., comma 1 dello stesso codice (ex multis Sez. 6, n. 29593 del 04/07/2011, Starita, Rv. 250742; Sez. 6, n. 51065 del 03/10/2017, La Selva, Rv. 272736).
Attese le sue immediate incidenze sul bene della libertà personale, la disposizione di cui al citato primo comma dell’art. 291 è norma di stretta interpretazione; ne consegue la necessità che il pubblico ministero prospetti espressamente al giudice gli elementi sui quali la richiesta si basa e le esigenze di cautela da assicurare, senza che
alcuno spazio possa al riguardo attribuirsi a richieste implicite (ex multis Sez. 6, n. 15959 del 02/03/2021, COGNOME, Rv. 281662).
Principi questi di cui i giudici del merito non hanno fatto buon governo. E’ pacifico e ammesso anche dal Tribunale che il pubblico ministero non abbia formalmente richiesto l’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’COGNOME anche per il reato di tentata estorsione di cui al capo M), come emerge in maniera inequivocabile dall’atto di impulso dell’incidente cautelare, nella quale l’unica richiesta in tal senso proposta dal titolare dell’azione cautelare – e peraltro non accolta dal G.i.p. – ha ad oggetto il diverso reato di partecipazione all’associazione mafiosa di cui al capo A) dell’incolpazione.
Il Tribunale ha comunque ritenuto non dirimente l’assenza nel “dispositivo” della richiesta di qualsivoglia riferimento al reato di cui al capo M), imputandolo ad una mera dimenticanza del pubblico ministero, la cui volontà di estendere l’azione cautelare anche a tale reato emergerebbe invece implicitamente dal contenuto dell’atto.
Come detto, però, la volontà di promuovere l’incidente cautelare non può essere oggetto di una richiesta implicita, potendosi al più inferire la stessa dall’inequivocabile espressività in tal senso del contenuto della parte illustrativa della domanda. Espressività che nel caso di specie non può ritenersi inoppugnabile, come asserito dal Tribunale, atteso che, come eccepito dalla difesa, ogni riferimento alla tentata estorsione di cui al capo M) contenuto nella domanda cautelare può allo stesso modo essere interpretato, tenuto conto del tenore dell’atto, come meramente funzionale al rafforzamento della dimostrazione dell’organicità dell’Abenante all’associazione cui era accusato di partecipare.
Già la evidenziata ambivalenza della motivazione posta a sostegno della domanda, una volta posta in relazione con l’unico dato oggettivamente certo nella presente vicenda, ossia la mancata evocazione del capo M) nella sezione dell’atto dedicata alla formalizzazione della richiesta cautelare, rende dunque palese come non si versi in un caso di mera constatazione della manifestazione della volontà del pubblico ministero, sebbene espressa in maniera non ortodossa nel contesto dell’atto, bensì di un esercizio di esegesi finalizzata a far emergere un contenuto ritenuto implicito nell’atto medesimo, che si traduce in una indebita estensione del potere del giudice di interpretare la richiesta cautelare, in grado di minare alla base il monopolio da parte del suo titolare dell’iniziativa cautelare, nonché di compromettere in prospettiva la terzietà dello stesso giudice.
4. In conclusione deve ritenersi che in alcun modo l’atto attraverso cui il pubblico ministero ha promosso l’azione cautelare nei confronti dell’COGNOME riveli in maniera inequivocabile la volontà di esercitare la suddetta azione nei confronti dell’indagato anche per il reato di cui al capo M) – per il quale poi la misura è stata effettivamente applicata – e non solo per quello di cui al capo A), relativamente al quale la domanda è stata rigettata dal G.i.p.
Ne consegue che, sussistendo la nullità assoluta eccepita dalla difesa, l’ordinanza impugnata e quella genetica (emessa dal G.i.p. del Tribunale di Napoli il 4 giugno 2024) devono entrambe essere annullate senza rinvio e per l’effetto deve disporsi la cessazione dell’efficacia della misura custodiale applicata ad COGNOME NOME, del quale pertanto deve disporsi la liberazione se non detenuto per altra causa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché l’ordinanza genetica, emessa nei confronti di NOME COGNOME dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli in data 04/06/2024, e per l’effetto, dispone la cessazione di efficacia della misura e l’immediata liberazione del predetto, se non detenuto per altro titolo.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 5/11/2024