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Dolo specifico strage: quando il suicidio è reato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per strage e resistenza a pubblico ufficiale nei confronti di un uomo che, nel tentativo di suicidarsi, aveva saturato di gas il proprio appartamento minacciando di far esplodere l’intero edificio. Secondo i giudici, il dolo specifico strage sussiste quando, pur mirando al suicidio, si utilizzano modalità che espongono a concreto pericolo la vita di un numero indeterminato di persone. La parziale infermità mentale dell’imputato non è stata ritenuta sufficiente a escludere la coscienza e volontà di porre in essere tale condotta pericolosa.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Dolo Specifico Strage: Quando il Tentativo di Suicidio Diventa un Reato contro Tutti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 29601/2025, affronta un tema tanto delicato quanto complesso: la linea di confine tra un gesto estremo come il tentato suicidio e il gravissimo reato di strage. Il caso analizzato chiarisce come la scelta delle modalità di un atto autolesionistico possa trasformarlo in un crimine contro la collettività, anche in presenza di una parziale infermità mentale. La Corte ha stabilito un principio fondamentale sul dolo specifico strage: non è necessario voler uccidere una folla indistinta, è sufficiente la consapevolezza di mettere in pericolo la vita di molti, anche con il solo fine di uccidere sé stessi.

I Fatti del Processo

Un uomo, affetto da disturbi psicologici, decideva di togliersi la vita. Per farlo, apriva le manopole del gas del suo appartamento, saturando l’ambiente, e brandiva un accendino minacciando di far esplodere l’intero condominio. All’arrivo delle forze dell’ordine, opponeva una strenua resistenza, barricandosi in casa e continuando a minacciare la deflagrazione. I giudici di primo e secondo grado lo condannavano per i reati di strage (art. 422 c.p.) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), riconoscendo un vizio parziale di mente ma ritenendo pienamente configurato l’elemento soggettivo del reato.

La Tesi Difensiva e il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso su tre punti principali. In primo luogo, ha sostenuto la mancanza del dolo specifico strage, ovvero la finalità di uccidere richiesta dalla norma. Secondo l’avvocato, l’azione era finalizzata esclusivamente al suicidio e non a cagionare la morte di altre persone. La condizione di parziale incapacità, aggravata dall’assunzione massiccia di psicofarmaci, avrebbe inoltre reso impossibile la piena consapevolezza necessaria per un dolo così specifico. In secondo luogo, è stata richiesta la riqualificazione del fatto nel meno grave reato di crollo di costruzioni (art. 434 c.p.), che richiede un dolo generico. Infine, è stata contestata l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, ritenendo insussistente un’attuale pericolosità sociale.

Il Dolo Specifico Strage secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che il dolo specifico strage consiste nella coscienza e volontà di compiere atti che, al fine di uccidere anche una sola persona (incluso sé stesso), espongano a pericolo la vita di un numero indeterminato di soggetti. La straordinaria potenzialità offensiva del mezzo usato (la saturazione di gas in un condominio) è stata considerata un elemento chiave per dimostrare l’intenzione. Le esplicite minacce proferite dall’imputato (“voglio che muoiano tutti nel palazzo! Devo far saltare il palazzo!”) hanno ulteriormente corroborato la tesi accusatoria, obliterando l’ipotesi del mero intento suicidario.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della sentenza si articola su punti giuridici cruciali. Innanzitutto, la Corte ha ribadito che l’accertamento del dolo deve essere distinto da quello dell’imputabilità. Anche un soggetto con capacità diminuita può agire con dolo specifico, e la prova di tale elemento psicologico va desunta da fatti esterni e oggettivi: le modalità dell’azione, le minacce, la resistenza opposta. Nel caso di specie, la scelta di un metodo indiscriminatamente letale come il gas dimostrava l’accettazione del rischio, se non la volontà diretta, di coinvolgere terzi nella propria morte.

La Corte ha inoltre spiegato perché non fosse possibile riqualificare il fatto in crollo di costruzioni. La differenza sostanziale tra i due reati risiede proprio nella finalità: l’art. 422 c.p. (strage) punisce chi agisce “al fine di uccidere”, mentre l’art. 434 c.p. (crollo di costruzioni) sanziona chi commette un fatto diretto a “cagionare il crollo”. Nel caso esaminato, la volontà di provocare la deflagrazione era chiaramente strumentale all’uccisione degli abitanti del palazzo, e non fine a sé stessa.

Infine, per quanto riguarda la misura di sicurezza, la Corte ha ritenuto la valutazione dei giudici di merito congrua, basata sulla “pericolosità sociale media” accertata dal perito e sulla necessità di un supporto terapeutico costante, non elisa dal fatto che l’imputato fosse pericoloso anche per sé stesso.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di diritto di fondamentale importanza: la responsabilità penale per strage non viene meno se l’atto è primariamente motivato da un intento suicida. Quando si sceglie di togliersi la vita con modalità che creano un concreto e inevitabile pericolo per la pubblica incolumità, si risponde anche della messa a rischio della vita altrui. Il “fine di uccidere” richiesto dalla norma può essere integrato anche dalla volontà di uccidere sé stessi, se per farlo si accetta consapevolmente di sacrificare un numero indeterminato di altre persone. La parziale infermità mentale può incidere sulla misura della pena, ma non cancella la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, che deve essere valutato attraverso l’analisi oggettiva della condotta.

Un tentato suicidio può essere considerato reato di strage?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un tentato suicidio integra il delitto di strage quando le modalità scelte (come saturare di gas un appartamento in un condominio) espongono a concreto pericolo la vita di un numero indeterminato di persone. Il ‘fine di uccidere’ richiesto dalla norma può essere rivolto anche solo verso sé stessi, se l’azione mette consapevolmente a repentaglio la vita di altri.

La parziale incapacità di intendere e di volere esclude il dolo specifico nel reato di strage?
No. La Corte ha stabilito che l’accertamento del dolo è distinto da quello sull’imputabilità. La parziale infermità mentale rileva ai fini della diminuzione della pena, ma non esclude automaticamente il dolo specifico, il quale deve essere accertato sulla base di elementi oggettivi e del comportamento dell’agente, come le minacce proferite e la pericolosità del mezzo utilizzato.

Qual è la differenza tra il reato di strage e quello di crollo di costruzioni?
La differenza fondamentale risiede nel dolo. Il reato di strage (art. 422 c.p.) richiede il dolo specifico, cioè la finalità di uccidere qualcuno. Il reato di crollo di costruzioni (art. 434 c.p.) è invece punito a titolo di dolo generico, essendo sufficiente la volontà di cagionare il crollo o il disastro, accettando solo eventualmente il pericolo per la pubblica incolumità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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