Dolo Specifico e Fatture False: la Cassazione Conferma la Condanna
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del dolo specifico nel reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. La decisione ribadisce un principio fondamentale: la detrazione sistematica dell’IVA proveniente da documenti falsi è una prova chiave dell’intento di evasione fiscale, rendendo le argomentazioni difensive basate sulla mancanza di consapevolezza difficilmente sostenibili. Questo caso offre spunti cruciali per amministratori e professionisti sulla responsabilità penale in ambito fiscale.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna inflitta al rappresentante legale di una società cooperativa. L’imputato era stato accusato di aver utilizzato fatture false per abbattere il carico fiscale della società. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sua responsabilità penale, pur riducendo l’importo del profitto del reato da confiscare da oltre 108.000 euro a circa 72.000 euro.
Nonostante la parziale riforma, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sentenza su due punti principali: la sussistenza della sua responsabilità penale e i criteri di determinazione della confisca dei beni.
I Motivi del Ricorso e la Questione del Dolo Specifico
La difesa del ricorrente si è concentrata principalmente sulla presunta assenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo specifico. Per configurare il delitto previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, non è sufficiente la semplice registrazione di fatture false, ma è necessario che l’autore agisca con il fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Secondo il ricorrente, mancava la prova di questa finalità.
In secondo luogo, veniva criticata la modalità di determinazione della confisca per equivalente, ritenuta illegittima. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte, che ha ritenuto le censure una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dai giudici di merito.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso con una motivazione chiara e lineare. In primo luogo, ha ribadito che il giudizio di legittimità non consente un riesame dei fatti. Il ricorrente, riproponendo le stesse argomentazioni, cercava di ottenere una nuova e più favorevole valutazione delle prove, un’attività preclusa in sede di Cassazione.
Nel merito, i giudici hanno considerato la motivazione della Corte d’Appello del tutto logica e congrua. L’esistenza del dolo specifico è stata correttamente desunta da elementi oggettivi e inconfutabili. La Corte ha evidenziato che l’IVA addebitata nelle fatture false era stata integralmente detratta e utilizzata in compensazione dalla società. Questo comportamento, secondo i giudici, dimostra in modo palese la consapevolezza e la volontà di ottenere un indebito vantaggio fiscale.
Ulteriori elementi a carico dell’imputato erano:
* La sua prolungata permanenza nella carica di amministratore per oltre due anni.
* La gestione diretta dell’annotazione delle fatture contestate.
* La nomina di un delegato che ha presentato proprio quelle fatture agli Uffici finanziari.
Anche la censura sulla confisca è stata respinta. La Corte ha chiarito che i giudici di merito avevano correttamente disposto la confisca del profitto diretto nei confronti della società (la persona giuridica che ha beneficiato del reato) e, solo in via subordinata e in caso di impossibilità, la confisca per equivalente sui beni dell’amministratore (l’autore del reato).
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di reati fiscali. La decisione sottolinea che il dolo specifico di evasione può essere provato attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. L’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, seguito dalla sistematica detrazione della relativa IVA, è considerato un comportamento che, di per sé, rivela l’intento fraudolento.
Per gli amministratori di società, questa pronuncia rappresenta un monito importante: la responsabilità per la gestione contabile e fiscale non è formale. La Corte presume che chi ricopre una carica apicale per un tempo significativo e gestisce materialmente operazioni illecite sia pienamente consapevole delle loro finalità. Affermare di non conoscere lo scopo evasivo diventa, in tali circostanze, una difesa estremamente difficile da sostenere.
Quando si considera provato il dolo specifico nel reato di utilizzo di fatture false?
Secondo la Corte, il dolo specifico è provato quando l’IVA indicata nelle fatture per operazioni inesistenti viene interamente detratta e portata in compensazione, dimostrando la consapevolezza e la volontà di ottenere un indebito vantaggio fiscale. Anche il ruolo attivo dell’amministratore nella gestione della società e delle fatture stesse è un elemento di prova rilevante.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto, riproponeva le medesime censure sui fatti già esaminate e respinte dalla Corte territoriale. La Cassazione non può riesaminare il merito delle prove, ma solo la corretta applicazione della legge.
Come funziona la confisca nel caso di reati tributari commessi dal rappresentante legale?
La confisca viene disposta in via principale sui beni della persona giuridica che rappresentano il profitto diretto del reato. Solo in via subordinata, qualora sia impossibile reperire tale profitto presso la società, si procede con la confisca per equivalente sui beni personali dell’autore del reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37548 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN GIULIANO MILANESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigr fe indicata, quale la Corte di appello di Milano, confermando la condanna alla pena riten ta di gius il reato di cui all’art. 2 D.Lvo 74/2000 inflittagli in primo grado, perc e nel rappresentante legale e firmatario delle dichiarazioni fiscali della società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, si era avvalso di fatture false, relative ad operazioni ines medesima sentenza la Corte territoriale ha, tuttavia, ridotto l’ammontare del ·rofitto tramite il reato perpetrato, portandolo da euro 108.723, come contestato ad euro riducendo l’importo della somma oggetto di confisca.
Il ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, violazione di Sge e vi motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità, essendo carente l’elem dolo specifico, e con il secondo motivo, violazione di legge in ordine alla determinazi confisca per equivalente dei beni nella sua disponibilità.
Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente, riproponendo le medesime cenure avanza Corte territoriale, sostanzialmente in punto di fatto, tende ad ottenere in ques a sede lettura delle stesse emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecita valutazione in fatto diversa e più favorevole, non consentita alla Corte di legit doglianza, inoltre, trascura che la Corte di appello ha redatto una motivazione del tutto fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; come tale non censurabile. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente soggettivo del dolo in ragione del fatto che l’Iva addebitata nelle fatture concernenti inesistenti è stata interamente detratta con liquidazioni periodiche e portata in comp dalla società, con conseguente consapevolezza e volontà di ottenere un i debito va fiscale. Al riguardo il giudice ha evidenziato che l’imputato ha ricoperto la car ca ammi per oltre due anni, dalla costituzione della società alla sua messa in liquida ione gestito la materiale annotazione delle 10 fatture passive oggetto di contesta ione e nominato un delegato al fine di interloquire con l’RAGIONE_SOCIALE delle entrate, il qua e avev agli Uffici finanziari le suddette fatture.
In ordine alla seconda doglianza, si evidenzia che il giudice di merito ha aokAto parz la richiesta di rideterminazione dell’ammontare dell’imposta evasa, e dispo+ in via p la misura ablativa dei beni, corrispondenti al profitto diretto del reato, nei confrionti giuridica, e soltanto in via subordinata, sul presupposto della verificata imposibilit il profitto del reato nei confronti dell’ente, la confisca per equivalente nei coOfron del reato.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condann del ricor pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cass ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proce e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21/06/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente