LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dolo specifico evasione: il fine ulteriore non assolve

L’amministratore di un club sportivo è stato condannato per reati fiscali, tra cui l’uso e l’emissione di fatture false. In sua difesa, ha sostenuto la mancanza di dolo specifico di evasione, affermando di aver agito al solo fine di salvare il club. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che un movente secondario, anche se non fiscale, non elimina l’intenzione di evadere le imposte. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Dolo Specifico Evasione: Anche un Fine “Nobile” non Salva dalla Condanna

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 17887/2025 offre un’importante lezione sul concetto di dolo specifico evasione nei reati tributari. Il caso riguarda un amministratore di una nota società sportiva, condannato per aver utilizzato e emesso fatture false, il quale ha tentato di giustificare le sue azioni con la necessità di salvare la società dal fallimento. La Corte, tuttavia, ha ribadito un principio fondamentale: la presenza di un fine extra-fiscale non è sufficiente a escludere la responsabilità penale.

I Fatti del Processo: Fatture False per Salvare la Società Sportiva

L’imputato, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di un club calcistico, era stato accusato di plurime violazioni della normativa fiscale (D.Lgs. 74/2000). Le contestazioni principali riguardavano:

* Dichiarazione fraudolenta (art. 2): Aver indicato nelle dichiarazioni fiscali, per diversi anni, fatture per operazioni inesistenti, basate su plusvalenze fittizie. Queste operazioni, oltre a generare un’evasione fiscale, avevano contribuito a causare la bancarotta della società.
* Emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8): Aver emesso fatture false relative a vendite simulate di calciatori a un altro club per consentire a quest’ultimo di evadere le imposte. Inoltre, tramite un’altra società, aveva emesso fatture per prestazioni soggettivamente inesistenti (cioè, eseguite da lui personalmente ma fatturate dalla società) per permettere al suo stesso club di dedurre costi non spettanti.

La Corte d’Appello aveva già confermato la condanna, pur riducendo la pena. L’amministratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Tesi Difensiva e il Dolo Specifico Evasione

Il nucleo della difesa si basava sulla presunta assenza del dolo specifico evasione. L’imputato sosteneva che le sue azioni non erano state motivate dal desiderio di evadere le imposte, ma dalla necessità di “salvare” la società, garantendone l’iscrizione al campionato. Secondo questa prospettiva, il fine ultimo non era l’arricchimento personale o il danno all’erario, ma la sopravvivenza aziendale. Altri motivi di ricorso includevano la violazione del principio del ne bis in idem, poiché era stato condannato sia per l’uso che per l’emissione della medesima fattura falsa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le argomentazioni difensive con motivazioni chiare e rigorose.

Il Dolo Specifico Evasione e il Fine Extra-Fiscale

Il punto centrale della sentenza riguarda il dolo specifico evasione. La Corte ha affermato che la finalità o lo scopo personale che spinge l’agente a commettere l’illecito non è in conflitto con il dolo di evasione. Citando una precedente pronuncia (Cass. n. 27112/2015), i giudici hanno ribadito che il dolo specifico, consistente nel fine di evadere le imposte, sussiste anche quando a esso si affianca una distinta e autonoma finalità extra-evasiva. In altre parole, il fatto che l’imputato volesse salvare la società non annulla la consapevolezza e la volontà di presentare una dichiarazione fiscale non veritiera per pagare meno tasse. Il fine di evasione non deve essere l’unico né il principale movente dell’azione.

L’Irrilevanza degli Altri Motivi

La Corte ha liquidato rapidamente anche gli altri motivi. La questione sulle operazioni soggettivamente inesistenti è stata giudicata una richiesta di rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. Anche la doglianza sul bis in idem è stata respinta, poiché la giurisprudenza consolidata ritiene che l’emissione di fatture false (art. 8) e il loro successivo utilizzo in dichiarazione (art. 2) costituiscano due reati distinti, anche se commessi dalla stessa persona in qualità di rappresentante di due diverse entità.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale molto importante per amministratori e professionisti. Il messaggio è chiaro: il dolo specifico evasione non può essere escluso invocando finalità alternative, per quanto possano apparire aziendalmente “giustificate”. La volontà di danneggiare l’erario attraverso dichiarazioni mendaci è un elemento psicologico che sussiste a prescindere dal fatto che il fine ultimo sia salvare l’impresa, ottenere liquidità o raggiungere altri obiettivi personali o societari. Per la legge penale-tributaria, ciò che conta è l’intenzione di sottrarsi al corretto adempimento degli obblighi fiscali attraverso mezzi fraudolenti.

Se un amministratore commette un reato fiscale con lo scopo principale di salvare la sua azienda, può essere comunque condannato per evasione?
Sì. Secondo la sentenza, il fine di evadere le imposte (dolo specifico) sussiste anche se a esso si affianca un’altra finalità, come quella di iscrivere la società a un campionato. Lo scopo personale dell’azione illecita non esclude il dolo di evasione.

Cosa si intende per ‘operazioni soggettivamente inesistenti’?
Si tratta di operazioni commerciali realmente avvenute, ma documentate fiscalmente come intercorse tra soggetti diversi da quelli che le hanno effettivamente realizzate. Nel caso specifico, una prestazione era svolta da una persona fisica ma fatturata da una società a lui riconducibile.

La stessa persona può essere punita sia per aver emesso una fattura falsa sia per averla utilizzata nella dichiarazione della propria società?
Sì. La Corte ha stabilito che non vi è violazione del principio del ‘ne bis in idem’. Si tratta di due reati distinti, previsti dagli articoli 8 (emissione) e 2 (utilizzo in dichiarazione) del D.Lgs. 74/2000, e le norme sul concorso di persone nel reato non escludono la duplice punibilità in questo scenario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati