Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24053 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato da NOME COGNOME, nato a Marsala il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 20/04/2023.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIONOMEAVV_NOTAIONOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/04/2023 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Marsala del 15/06/2021, che aveva condannato NOME COGNOME quale L.R. della “RAGIONE_SOCIALE” – alla pena di anni 1 di reclùsione per il delitto di c all’articolo 4 d. Igs. 74/2000 in riferimento alla dichiarazione annuale dei redditi 2015.
Avverso il provvedimento ricorre l’imputato.
Con il primo e unico motivo lamenta mancanza e vizio di motivazione, nonché travisamento della prova con riferimento al dolo specifico richiesto dalla norma.
Con l’atto di appello si era dedotta l’assenza del dolo specifico sotto il duplice profilo dell assenza di intenzione di evadere le tasse, poste le ingenti perdite relative agli anni precedenti, che avrebbero consentito di non versare alcuna imposta per l’anno 2015, e per l’assenza di qualsiasi elemento che consentisse di escludere che l’omessa indicazione di elementi attivi non fosse frutto di un mero errore.
A fronte di tali precise doglianze la Corte di appello risponde in modo incongruo e apparente, travisando addirittura la prova, laddove ha annotato, difformemente al vero, che la documentazione prodotta dalla Difesa fosse relativa ad annualità successive a quella in contestazione.
D’altro canto, la tesi dell’errore materiale riposava sul tenore dell’articolo 109 TUIR, secondo cui, in caso di prestazione di servizi, i corrispettivi delle prestazioni si considerano conseguiti a data in cui le prestazioni sono ultimate.
Tale indicazione normativa avrebbe indotto il ricorrente a ritenere che la fattura indicata in rubrica (n. NUMERO_DOCUMENTO) avrebbe dovuto essere inserita semmai nella dichiarazione relativa ai redditi maturati nel 2014, posto che dal PVC prodotto emerge in modo incontestabile che le prestazioni relative a tale fattura erano state eseguite nel 2014.
Si era inoltre dedotto che, ai sensi dell’articolo 4, comma 1-bis, d. Igs. 74/2000, “ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1 … non si tiene conto della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza”, deduzione rimasta senza risposta.
In data 10 maggio 2024 l’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, depositava memoria in cui, nel contestare le conclusioni del P.G., insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che nel caso in esame si verte in ipotesi di c.d. “doppia conforme”, per cui i contenuti dei due provvedimenti uniscono a formare un unicum, con conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi con entrambi.
Ciò premesso, la prima sentenza evidenzia, a pagina 2, che il pagamento della prestazione era avvenuto tramite una mera registrazione di giroconto in compensazione di partite sul libro giornale, ossia senza movimentazione di provvista.
Inoltre, dai controlli di coerenza esterna emergeva che tale prestazione di servizi non trovava riscontro alcuno in contabilità, nelle poste che documentano ricavi o proventi, essendo stata omessa l’annotazione sul registro IVA delle vendite e sul libro giornale, a fronte della fattura in contestazione, emessa nei confronti del consorzio RAGIONE_SOCIALE.
Sempre la prima sentenza, a pagina 3, sottolinea come «proprio la mancata registrazione della posta attiva, unitamente all’omessa dichiarazione della stessa, è espressiva di inequivoca voluntas diretta alla induzione in errore dell’amministrazione finanziaria ed al finale perseguimento del proposito evasivo e del corrispondente risparmio fiscale».
Quanto alla compensazione, su cui pure si appunta la doglianza difensiva, la sentenza impugnata precisa che essa deve ritenersi irrilevante, in quanto per effettuare la stessa «risulta indispensabile la espressa indicazione di avvalersi dell’istituto (mediante l’utilizzo di specifi modello da inviare all’Agenzia delle entrate), come condizione indispensabile anche ai fini della successiva verifica della correttezza della compensazione medesima; inoltre, il ricorso all’istituto della compensazione è subordinato alla ricorrenza di precisi requisiti normativi, non essendo la sua operatività rimessa unilateralmente al contribuente».
Conclude nel senso che «la dichiarata finalità di avvalersi della suddetta compensazione indipendentemente dalla indicazione formale della stessa in dichiarazione e a prescindere dalla prova della ricorrenza dei requisiti per avvalersene, evidenzia la sussistenza del dolo di evasione».
A fronte della motivazione dianzi evidenziata, il ricorrente proponeva due distinte censure. Quanto alla deduzione relativa alla compensazione, essa è infondata.
La pronuncia di appello (pag. 2) evidenzia che – per usufruire dell’istituto della compensazione – occorre indicare nella dichiarazione stessa l’intenzione di avvalersene e occorre comunque la presenza di precisi requisiti, elementi che l’odierno ricorrente non è stato in grado di dimostrare.
Quanto alla ulteriore deduzione, secondo cui la prestazione sottostante la fattura era stata eseguita nel 2014 e quindi avrebbe dovuto concorrere a integrare i redditi di quell’esercizio finanziario, essa è del pari infondata.
Effettivamente, l’articolo 109, comma 1, lettera b), del TUIR (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), stabilisce che «i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate».
Tale disposizione va, tuttavia, integrata con le disposizioni di cui all’articolo 21 del d.P.R 633/1972, il quale, al comma 1, stabilisce che «per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura», la quale (comma 2, lettera g-bis) reca la «data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia divers dalla data di emissione della fattura».
Ai sensi del comma 4, la fattura è emessa «entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione» determinata ai sensi dell’articolo 6).
Tuttavia (per quanto qui interessa), «per le prestazioni di servizi individuabili attravers idonea documentazione, effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, può essere emessa una sola fattura, recante il dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime».
Il ricorrente, che pure deduce la completa ultimazione della prestazione di servizi nell’anno precedente l’emissione di fattura, non allega neppure copia della fattura stessa, da cui evincere la data di ultimazione della prestazione e il conseguente obbligo di emissione della fattura, né è in grado di dimostrare che tale prestazione sia entrata a far parte della dichiarazione relativa all’anno 2014 (evenienza del resto impossibile, posto che in assenza di fattura non è possibile neppure quantificare la posta).
Ed infatti la prestazione avrebbe potuto essere stata conclusa nei quattordici giorni precedenti la fine dell’anno solare, con conseguente corretta applicazione, come richiamato in sentenza, del criterio della competenza. Incombeva sul ricorrente, eventualmente, dimostrare la sussistenza degli elementi da cui inferire l’obbligo di produrre fattura in epoca antecedente, il che non è stato.
Tale elemento di genericità, in uno con la accertata assenza di appostazione in contabilità, fuga in modo chiaro i dubbi sollevati con le censure difensive, che debbono pertanto ritenersi infondate.
L’infondatezza del motivo di cui al paragrafo che precede determina l’irrilevanza sopravvenuta della deduzione relativa all’articolo 4, comma 1-bis, del d.lgs. 74/2000 che, anche ove in ipotesi fondata (in quanto la norma parla anche dell’annualità di competenza), non produrrebbe alcun concreto beneficio per il ricorrente.
Del pari irrilevante risulta il dedotto travisamento della documentazione prodotta dalla difesa, in quanto del tutto ininfluente sulla decisione.
Anche sotto tali profili il ricorso va pertanto rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/05/2024.