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Dolo specifico e omessa dichiarazione: le prove

Un amministratore è stato condannato per omessa dichiarazione fiscale, nonostante sostenesse di avere un ruolo puramente formale e di aver delegato gli adempimenti a un commercialista. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che il dolo specifico di evasione può essere desunto da vari elementi, come l’entità dell’imposta evasa e la condotta successiva. La delega a un professionista non esonera l’amministratore dalla sua responsabilità penale, che è personale e indelegabile.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omessa dichiarazione: la delega al commercialista esclude la responsabilità?

Il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, richiede la prova del dolo specifico di evasione, ovvero la precisa intenzione di non pagare le imposte. Ma cosa succede quando un amministratore sostiene di avere un ruolo puramente formale e di aver affidato ogni adempimento a un professionista? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla responsabilità personale dell’amministratore e sui criteri per accertare l’intento evasivo.

I Fatti del Caso

Un amministratore di una società a responsabilità limitata veniva condannato in primo e secondo grado per non aver presentato le dichiarazioni IVA e IRPEF per due annualità consecutive (2014 e 2015). La pena inflitta era di un anno e sei mesi di reclusione. L’imputato, tramite il suo legale, proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato lamentava:

1. Errata applicazione della legge penale: Sosteneva la mancanza del dolo specifico di evasione. A suo dire, il suo ruolo di amministratore, assunto nel 2015, era meramente formale, poiché la gestione di fatto era rimasta al socio di maggioranza e precedente amministratore. Affermava inoltre di aver delegato la tenuta della contabilità a un commercialista e di essersi dimesso dopo aver preso coscienza della reale situazione finanziaria della società, dimostrando così l’assenza di un intento evasivo.
2. Vizio di motivazione e travisamento della prova: La condanna si basava esclusivamente sugli accertamenti della Guardia di Finanza, che non avrebbero tenuto conto di costi desumibili dai conti correnti bancari. Se considerati, questi costi avrebbero ridotto l’imponibile e l’imposta evasa al di sotto della soglia di punibilità.
3. Errore nella determinazione della pena: Il Tribunale avrebbe applicato un quadro sanzionatorio più severo, introdotto da una legge del 2019, invece di quello più favorevole in vigore al momento dei fatti (2015-2016).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente e confermando la condanna.

Le Motivazioni

La prova del dolo specifico e la responsabilità dell’amministratore

La Corte ha ritenuto il primo motivo manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito che, in tema di omessa dichiarazione, la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta da elementi fattuali, come l’entità del superamento della soglia di punibilità e la piena consapevolezza dell’ammontare dell’imposta dovuta. Tale consapevolezza può manifestarsi anche nella forma del dolo eventuale.

La Corte ha sottolineato che la carica di amministratore, ricoperta per quasi due anni, non poteva essere considerata meramente formale. Elementi come la reiterazione dell’omissione per più anni e il mancato pagamento, anche parziale, delle imposte dovute sono indicatori chiari della finalità evasiva.

Fondamentale è il principio secondo cui l’affidamento degli adempimenti fiscali a un professionista non esonera l’amministratore dalla propria responsabilità. L’obbligo di presentare la dichiarazione è un dovere personale e indelegabile. Qualsiasi interpretazione diversa, che trasferisse l’obbligo sul delegato, modificherebbe la natura stessa della norma, riducendo il ruolo dell’amministratore a un mero controllore.

Sulla determinazione dell’imposta evasa

Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per la sua genericità. L’imputato si era limitato a lamentare la mancata considerazione di costi, senza però indicarli specificamente. La Corte ha dato atto che i giudici di merito avevano correttamente basato la ricostruzione del reddito sulle fatture e sulle comunicazioni di clienti e fornitori, ritenendo inattendibili i movimenti bancari in assenza di libri contabili e documenti giustificativi che li riconducessero a operazioni aziendali.

Sul trattamento sanzionatorio

Anche il terzo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha chiarito che non vi era alcun elemento per sostenere che fosse stata applicata la normativa sfavorevole. La determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale rientra nella discrezionalità del giudice e l’uso dell’aggettivo ‘lieve’ per descrivere lo scostamento dal minimo non implica l’applicazione di un quadro normativo errato.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi cruciali per chi ricopre cariche amministrative. La responsabilità per gli adempimenti fiscali è personale e non può essere scaricata su terzi, neanche su professionisti delegati. Sostenere di essere un ‘prestanome’ o un amministratore ‘di facciata’ non costituisce una difesa efficace se non supportata da prove concrete che dimostrino l’assoluta assenza di poteri gestori. Il dolo specifico di evasione può essere provato attraverso una serie di indizi logici, tra cui la gravità dell’inadempimento e la condotta complessiva dell’obbligato, confermando che il diritto penale tributario attribuisce un ruolo centrale alla figura del legale rappresentante.

L’amministratore di una società è responsabile per l’omessa dichiarazione dei redditi anche se ha delegato la contabilità a un commercialista?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’affidamento a un professionista non esonera da responsabilità il soggetto obbligato. Il dovere di presentare la dichiarazione è considerato personale e indelegabile.

Come viene provato il dolo specifico di evasione nel reato di omessa dichiarazione?
La prova può essere desunta da elementi ulteriori al semplice superamento della soglia di punibilità, come la piena consapevolezza dell’ammontare dell’imposta dovuta, la reiterazione dell’omissione per più anni e il mancato pagamento postumo, anche parziale, delle imposte.

Affermare di essere un amministratore ‘di facciata’ è una difesa valida contro l’accusa di omessa dichiarazione?
No, non è una difesa valida se non è supportata da elementi concreti che dimostrino l’assenza di reali poteri di gestione. La Corte ha ritenuto che chi accetta la carica di amministratore e la mantiene per un periodo significativo (in questo caso, quasi due anni) ha la piena consapevolezza degli obblighi che ne derivano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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