Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44954 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44954 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME nato a Brescia il 1/8/1976
NOMECOGNOME nato a Poncarale il 21/6/1954
avverso la sentenza del 14/9/2023 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura ‘ tore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi; uditi per COGNOME NOME e COGNOME NOME l’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME che
hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 settembre 2023 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato le impugnazioni proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 15 dicembre 2022 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, gli stessi erano stati dichiarati responsabili dei reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. 74/2000 (capi A e B per NOME COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, capi 1 e 2 per NOME COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente condanna alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per ciascuno, con l’applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 12 d.lgs. 74/2000 e la confisca diretta e per equivalente del profitto di detti reati.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME mediante gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo hanno affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo hanno denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 43 cod. pen., 2 e 8 d.lgs. 74/2000.
In premessa hanno illustrato contenuto e caratteristiche della vicenda, consistita nella conclusione di acquisti e vendite reciproci delle medesime merci tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, i cui costi e ricavi si erano elisi a vicenda, salvo che per la somma di 79.000,00 euro a favore della RAGIONE_SOCIALE, tutti però interamente sottoposti a imposizione fiscale, in quanto tali operazioni non erano state concluse per conseguire vantaggi fiscali, che non si erano comunque realizzati, ma per ottenere dei finanziamenti a breve periodo, utilizzando da parte della RAGIONE_SOCIALE le fatture emesse nei confronti della FIDBON allo scopo di ottenere anticipi su tali fatture mediante operazioni di sconto bancario, al cui saldo differito la FIDBON provvedeva mediante la provvista a sua volta ricevuta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, in pagamento di altre equivalenti fatture postume emesse dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nei confronti della medesima RAGIONE_SOCIALE.
Tanto premesso, hanno censurato l’affermazione contenuta in entrambe le sentenze di merito circa la sussistenza del dolo specifico di evasione. In presenza di un’altra, riconosciuta, finalità delle operazioni economiche concluse tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, non sarebbe sufficiente, al fine di ravvisare il dolo di evasione, l’astratta compatibilità tra il fine di ricorso al credito e quello di evasione, in quanto quest’ultimo è escluso ove ricorra un fine esclusivo che si collochi al di fuori della sfera tributaria, e il dolo eventuale va inteso in termini di lucid accettazione da parte dell’agente dell’evento lesivo e quindi anche del fine di evasione come conseguenza della propria condotta.
Non sarebbe, dunque, sufficiente la mera accettazione del rischio di realizzare una evasione d’imposta, ma occorrerebbe la necessaria accettazione di tale evento, quale conseguenza dell’azione, da accertare secondo í criteri elaborati dalla giurisprudenza, costituiti: a) dalla lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) dalla personalità e dalle pregresse esperienze dell’agente; c) dalla durata e dalla ripetizione dell’azione; d) dal comportamento successivo al fatto; e) dal fine principale della condotta e dalla compatibilità con le eventuali conseguenze collaterali; f) dalla probabilità di verificazione dell’evento; g) dalle conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) dal contesto lecito o illecito nel quale si è svolta l’azione; i) dalla possibilità di riten che, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, l’agente non si sarebbe astenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento.
2.2. Con un secondo motivo hanno denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione, nella parte relativa al rigetto dei motivi di appello e alla conseguente conferma della dichiarazione di responsabilità, sempre con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati contestati, di cui sarebbe stata ribadita la ravvisabilità senza adeguatamente considerare quale fosse l’unico fine delle operazioni realizzate dalle due società (RAGIONE_SOCIALE ed COGNOME), ossia il ricorso al credito da parte della RAGIONE_SOCIALE, come rilevato anche nella decisione della Commissione Tributaria Provinciale, che aveva escluso qualsiasi pregiudizio per l’Erario quale conseguenza delle condotte poste in essere dalle suddette RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, applicando correttamente l’insegnamento della giurisprudenza tributaria (si richiama la sentenza n. 12200 del 2008), secondo cui il cosiddetto giro di fatture chiuso, inerente a operazioni inesistenti di acquisti e successive rivendite di merci al medesimo prezzo deve considerarsi fiscalmente neutro, per essere le fatture dirette non all’evasione d’imposta ma a fini diversi dalla detrazione (quali la simulazione di una floridità economica per ottenere finanziamenti o contributi da istituti di credito o da altri enti).
2.3. Con il terzo motivo hanno lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza dell’art. 12 d.lgs. 74/2000, con riferimento alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000, contestato a ricorrente come commesso nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore, profitto che sarebbe conseguente alla annotazione nella contabilità di tale società delle fatture emesse nei suoi confronti dalla RAGIONE_SOCIALE e al risparmio derivante dalla inclusione di tali fatture nelle dichiarazioni fiscali della RAGIONE_SOCIALE, in quanto, a fronte del pacifico scambio tra le due società della stessa merce allo stesso prezzo, la FIDBON aveva portato in detrazione l’iva sugli acquisti dalla RAGIONE_SOCIALE (che era stata regolarmente assolta) e aveva registrato un’iva a debito sulle fatture emesse
nei suoi confronti e le due partite di debito e credito iva si erano poi compensate in sede di liquidazione dell’iva.
Non potrebbe, quindi, dirsi sussistente alcun risparmio d’imposta e, di conseguenza, nessun profitto dei reati, anche tenendo conto della ulteriore circostanza che la RAGIONE_SOCIALE, a fronte delle medesime contestazioni relativamente ai medesimi anni di imposta, aveva definito la contestazione versando una rilevante somma all’Erario, che quindi aveva già recuperato l’iva non versata, oggetto della disposta confisca, il cui mantenimento determinerebbe un ingiustificato arricchimento dell’Erario.
2.4. Infine, con il quarto motivo hanno lamentato la mancanza della motivazione nella parte relativa alla conferma del diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l’ammissione della fittizietà delle operazioni sottostanti le fatture oggetto delle contestazioni e la mancanza di evasione d’imposta, che la Corte d’appello non aveva considerato, confermando il diniego di tale beneficio con motivazione generica (fondata sulla durata della condotta truffaldina, sulla pluralità delle violazioni e sull’entità delle imposte evase).
Avverso la medesima sentenza ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME per il tramite dei medesimi Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo hanno affidato a quattro motivi.
3.1. Dopo aver illustrato, in termini sovrapponibili a quanto esposto nel ricorso di NOME COGNOME, le operazioni concluse tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, sottolineandone la fittizietà, con la conseguente elisione dei relativi costi e ricavi, salvo che per la somma di 79.000,00 euro quale margine a favore della FIDBON per le tre annualità in contestazione (mentre nessun beneficio ne aveva tratto la RAGIONE_SOCIALE, che aveva sempre chiuso le annualità con maggiori perdite, così da rendere fiscalmente ininfluenti i maggiori costi sopportati nella suddetta misura di 79.000,00 euro), hanno ribadito che tali operazioni erano state realizzate non per conseguire vantaggi fiscali ma per ottenere finanziamenti a breve periodo, utilizzando le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della FIDBON per scontarle e avere degli anticipi, al cui saldo differito la FIDBON aveva provveduto con la provvista ricevuta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in pagamento di altre equipollenti fatture postume.
Tanto premesso, hanno lamentato la violazione degli artt. 43 cod. pen. nonché 2 e 8 d.lgs. 74/2000, con riferimento alla affermazione della sussistenza del dolo di evasione, per motivi identici a quelli esposti nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME
3.2. In secondo luogo, hanno lamentato un vizio della motivazione, sempre con riferimento alla affermazione della sussistenza del dolo di evasione, per motivi
identici a quelli del secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
3.3. Con un terzo motivo hanno lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 13-bis d.lgs. 74/2000, a causa della mancata considerazione, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante speciale pervista da tale disposizione, della definizione della posizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE con l’Agenzia delle Entrate relativamente alle annualità 2014 – 2016 mediante procedimento per adesione che prevedeva il pagamento della somma di euro 1.334.857,22, corrisposta entro il luglio 2022, prima della ammissione al rito abbreviato, esclusione che era stata giustificata dalla Corte d’appello con la contestazione del reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000, che non contempla un debito tributario suscettibile di essere adempiuto, escludendo di conseguenza l’applicabilità di detta circostanza attenuante, che, però, avrebbe potuto essere applicata in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000, pure ascritto al ricorrente.
Hanno, inoltre, contestato l’affermazione secondo cui dalla realizzazione del reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000, ossia dalla emissione di fatture per operazioni] inesistenti, non derivi un debito tributario, posto che tale condotta genera comunque il debito tributario, ai sensi dell’art. 21, comma 7, d.P.R. 633/72, come chiarito nella sentenza n. 25656 del 2022.
3.4. Con un quarto motivo hanno lamentato la mancanza della motivazione con riferimento alla richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, per motivi identici a quelli esposti nel quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione ai primi due motivi di entrambi i ricorsi.
Va, in premessa ricordato che sia il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, sia quello di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 8 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, per la loro configurabilità richiedono, per espressa previsione normativa, il dolo specifico di evasione, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, anche a favore di un terzo, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico, costituito dalla presentazione della dichiarazione fraudolenta o dall’emissione delle fatture (v. Sez. F, n. 31142 del 11/08/2022, COGNOME Rv. 283708 – 01; Sez. 3, n. 52411 del 19/06/2018, B., Rv. 274104 – 01; Sez. 3, n. 37848 del 29/03/2017, COGNOME, Rv. 271044 – 01).
L’evasione d’imposta non è elemento costitutivo né del delitto di dichiarazione fraudolenta (che è reato di pericolo, v. Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv. 248869 – 01, nonché Sez. 3, n. 16459 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269652 – 01; Sez. 3, n. 25808 del 16/03/2016, COGNOME, Rv. 267659 – 01), né di quello di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (v. Sez. F, n. 31142 del 11/08/2022, COGNOME Rv. 283708 – 01, cit.; Sez. 3, n. 39359 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 241040 – 01), in quanto l’evasione d’imposta configura, come ricordato, un elemento del dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell’agente, perché per integrare i reati è necessario che l’utilizzatore e l’emittente delle fatture si propongano il fine di evadere le imposte o di consentire a terzi l’evasione dell’imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma non occorre anche che la programmata evasione sia, effettivamente, conseguita.
Tale elemento soggettivo è configurabile anche nella forma del dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che le azioni di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, o di emissione di fatture per operazioni inesistenti, possano comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva (Sez. 3, n. 52411 del 19/06/2018, B., Rv. 274104 – 01, cit.; Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, C., Rv. 273939 – 02; v. anche Sez. 3, n. 30492 del 23/06/2015, NOME Rv. 264395 – 01).
La presenza di una ulteriore finalità nell’azione delittuosa (c.d. dolo multiplo) non incide sulla compiuta integrazione delle fattispecie di dichiarazione fraudolenta e di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, in ragione della natura di reati di pericolo di tali delitti, per la c configurabilità sono sufficienti il compimento della condotta tipica e la sussistenza del dolo di evasione (Sez. 3, n. 22812 del 21/04/2022, Stagno, non mass.; Sez. 3, n. 39316 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277162 – 01; Sez. 3, n. 49190 del 12/06/2018, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 44449 del 17/09/2015, COGNOME, Rv. 265442 – 01; Sez. 3, n. 44665 del 15/10/2013, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 12719 del 14/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239339 – 01; v. anche Sez. 3, n. 10763 del 12/02/2021, Filip, Rv. 281329 – 01, in relazione al reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché Sez. U, n. 27 del 25/10/2000, COGNOME, Rv. 217032 – 01).
In tal caso, tuttavia, occorre un rigoroso accertamento della sussistenza del dolo di evasione, che non può comunque essere ritenuto sussistente in re ipsa, e costituisce, tra gli innumerevoli fini che può perseguire l’agente, quello selezionato dal legislatore per attribuire disvalore tartkepenale alla condotta, rendendolo, in questo senso, parte della fattispecie tipica.
3. Ora, nel caso in esame sono pacifiche sia l’inesistenza oggettiva delle operazioni commerciali sottostanti le fatture oggetto delle contestazioni, relative ai medesimi beni (materiali siderurgici) che le società amministrate dai due ricorrenti hanno acquistato una dall’altra e poi rivenduto a esse medesime (così ponendo in essere operazioni c.d. “a specchio”), sia una delle finalità di tali operazioni, volte a consentire alla RAGIONE_SOCIALE, che si trovava in una situazione di difficoltà finanziaria, di ottenere delle anticipazioni bancarie mediante sconto delle fatture dalla stessa emesse nei confronti della FIDBON.
Quanto all’elemento soggettivo, di cui gli imputati hanno eccepito l’insussistenza, per essere le loro condotte state realizzate solo per la finalità anzidetta e non anche a fine di evasione, tanto che non vi sarebbe stata neppure alcuna evasione di imposta, per la “neutralità” fiscale delle operazioni realizzate, la Corte d’appello di Brescia ne ha ribadito la sussistenza ricordando la compatibilità tra dolo eventuale e dolo specifico (nella specie di evasione), e anche tra quest’ultimo e una finalità ulteriore concorrente (quale quella prospettata dai ricorrenti di reperimento di liquidità per la RAGIONE_SOCIALE), escludendo anche la prospettata irrilevanza, sul piano fiscale, delle operazioni in questione, sia perché comunque idonee a porre in pericolo l’interesse finanziario dello Stato, sia perché l’obbligazione Iva avrebbe comunque dovuto essere adempiuta a seguito dell’emissione delle fatture anche se relative a operazioni oggettivamente inesistenti, senza possibilità di compensarla con l’Iva a credito (derivante dalle operazioni reciproche).
La questione, prospettata dai ricorrenti in modo specifico, della insussistenza del dolo di evasione, per l’esistenza di una differente ed esclusiva finalità delle condotte, non è, però, stata adeguatamente risolta dalla Corte bresciana, che ha, sostanzialmente, desunto l’esistenza di tale elemento soggettivo dalla sola realizzazione delle operazioni e dal fatto, sottolineato nella sentenza, che le stesse non possono considerarsi fiscalmente “neutre” come sostenute dagli imputati.
Si tratta, però, di motivazione insufficiente a dare risposta alle specifiche censure mosse dagli imputati, essendo, sostanzialmente, rimasto eluso il tema della esistenza del dolo specifico di evasione in presenza di una riconosciuta diversa finalità delle condotte (quella, ricordata, di procurare liquidità alla RAGIONE_SOCIALE).
La Corte d’appello, cioè, nonostante le specifiche deduzioni degli imputati, fondate su comprovate risultanze documentali, ritenute anche dai giudici di merito dimostrative di detta finalità ulteriore, si è limitata a desumere la concorrente finalità di evasione dalla realizzazione delle operazioni e dal fatto, oggettivo, che le stesse hanno comunque determinato una evasione d’imposta, senza, però, indicare da quali elementi sia stato ricavato il dolo specifico di evasione.
Si tratta, però, di motivazione che, tenendo V di quanto pacificamente emerso circa la finalità delle condotte, non può essere ritenuta sufficiente, non essendo stati indicati gli specifici elementi fattuali, ulteriori rispetto alla sola realizzazi delle condotte e all’esistenza di una evasione d’imposta, dimostrativi del fatto che i ricorrenti hanno consapevolmente preordinato le condotte anche a fini di evasione delle imposte.
La sentenza impugnata deve, pertanto, in accoglimento del primo e del secondo motivo di entrambi i ricorsi, essere annullata, con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d’appello di Brescia, affinché verifichi, tenendo conto della peculiarità della vicenda, consistente nella realizzazione di operazioni c.d. “a specchio” (ovvero un “giro di fatture chiuso”, Cass. civ., Sez. 5, n. 12200 del 29/02/2008, non mass.), la sussistenza di elementi dimostrativi della finalità di evasione sottostante le condotte contestate a entrambi i ricorsi.
Ciò determina l’assorbimento dei motivi relativi al trattamento sanzionatorio (quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME e terzo e quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME) e alla confisca del profitto dei reati (terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso il 17/9/2024