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Dolo eventuale: quando risponde il liquidatore?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un liquidatore condannato per reati fiscali. La Corte conferma che la responsabilità penale sussiste a titolo di dolo eventuale quando il liquidatore, accettando l’incarico, non verifica la situazione debitoria fiscale della società e non adotta le misure necessarie, come la richiesta di fallimento, per evitare il reato, pur essendo consapevole della mancanza di liquidità.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Dolo Eventuale e Responsabilità del Liquidatore: Analisi di una Sentenza

L’amministrazione di una società in liquidazione comporta oneri e responsabilità significativi, specialmente in ambito fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i contorni della responsabilità penale del liquidatore per omessi versamenti, soffermandosi sul concetto di dolo eventuale. Questo principio diventa cruciale quando l’amministratore, pur non volendo direttamente commettere il reato, accetta il rischio che questo si verifichi. Vediamo come la Suprema Corte ha applicato questo concetto a un caso concreto.

I Fatti del Caso

Il liquidatore di una società a responsabilità limitata veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di omesso versamento di imposte, previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, basando la sua difesa principalmente su due punti:

1. Vizio di motivazione sull’elemento psicologico: Sosteneva che i giudici di merito avessero riconosciuto la sua colpevolezza basandosi su un dato puramente formale, senza indagare sull’effettiva impossibilità di adempiere agli obblighi fiscali per cause a lui non imputabili.
2. Mancata pronuncia sulle attenuanti generiche e sulla recidiva: Lamentava che la Corte d’Appello non avesse considerato le sue richieste relative a circostanze che avrebbero potuto mitigare la pena.

L’imputato, in sostanza, affermava di non aver agito con la volontà di evadere le imposte, ma di essersi trovato in una situazione di impossibilità oggettiva.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Dolo Eventuale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa della condotta del liquidatore e della configurabilità del dolo eventuale.

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello adeguata e priva di vizi logici. Secondo i giudici, il dolo eventuale era chiaramente ravvisabile nel comportamento dell’imputato. Egli, infatti, subentrando nella carica di liquidatore, non aveva effettuato alcun controllo contabile sulla situazione fiscale della società, né sugli adempimenti già eseguiti o da eseguire.

La Responsabilità del Liquidatore e il Dolo Eventuale

Il punto centrale della motivazione riguarda la consapevolezza e l’accettazione del rischio. La Corte ha sottolineato che il liquidatore, di fronte all’assenza di liquidità e al rifiuto delle banche di concedere credito, non era un soggetto passivo e privo di alternative. Al contrario, avrebbe potuto e dovuto intraprendere azioni per escludere la propria responsabilità.

Una di queste azioni, evidenziata dalla Corte, era la possibilità di chiedere la dichiarazione di fallimento della società. Questa mossa, intrapresa ben prima della scadenza dei termini per i versamenti fiscali, avrebbe potuto scagionarlo. Non facendolo, ha implicitamente accettato il rischio che i reati fiscali si consumassero. Questo atteggiamento integra pienamente gli estremi del dolo eventuale.

Le Motivazioni

La Corte ha fornito motivazioni chiare per rigettare entrambi i motivi di ricorso. Per quanto riguarda il primo motivo, relativo all’elemento psicologico, i giudici hanno stabilito che l’onere di dimostrare l’impossibilità di adempiere non era stato soddisfatto. L’imputato non aveva allegato prove concrete di aver assunto la carica senza aver potuto effettuare le dovute verifiche sui debiti fiscali. La sua condotta omissiva, unita alla consapevolezza della crisi di liquidità, è stata ritenuta sufficiente per configurare il dolo.

Inoltre, la Corte ha respinto il riferimento a una nuova normativa (l’art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. 74/2000), poiché l’appellante ne aveva invocato l’applicazione in modo generico, senza specificare quali presupposti ricorressero nel suo caso.

Per quanto riguarda il secondo motivo (attenuanti e recidiva), la Corte lo ha dichiarato inammissibile per una ragione procedurale: la questione non era mai stata sollevata nell’atto di appello. Di conseguenza, non poteva essere introdotta per la prima volta in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per gli amministratori e i liquidatori di società: l’assunzione di una carica gestoria comporta un dovere di diligenza e vigilanza attiva. La mera affermazione di una crisi di liquidità non è sufficiente a escludere la responsabilità penale per i reati tributari. È necessario dimostrare di aver posto in essere tutte le iniziative possibili per evitare la commissione del reato. In assenza di tali iniziative, la condotta omissiva, unita alla consapevolezza del rischio, viene qualificata come dolo eventuale, portando a una piena affermazione di responsabilità penale.

Quando si configura il dolo eventuale per il liquidatore che omette i versamenti fiscali?
Il dolo eventuale si configura quando il liquidatore, pur consapevole della crisi di liquidità della società, accetta l’incarico senza effettuare i dovuti controlli sulla situazione fiscale e, successivamente, non adotta tutte le misure possibili (come la richiesta di fallimento) per evitare l’omissione dei pagamenti, accettando così il rischio che il reato si verifichi.

La sola mancanza di liquidità è sufficiente a escludere la responsabilità penale del liquidatore?
No, secondo la Corte la mancanza di liquidità non è di per sé una scusante. Il liquidatore deve dimostrare di essere stato impossibilitato a prendere iniziative utili per evitare il reato. Se non agisce pur potendolo fare (ad esempio, chiedendo il fallimento), la sua responsabilità penale sussiste.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione un motivo non presentato in appello?
No, il ricorso in Cassazione è inammissibile per i motivi che non sono stati specificamente dedotti nell’atto di appello. Le questioni devono essere state sottoposte al giudice del grado precedente per poter essere esaminate dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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