Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10050 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10050 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 5/3/2024 della Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 2, con rinvio per nuovo esame, e il rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 marzo 2024 la Corte d’appello di Roma, provvedendo sulla impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 6 marzo 2023 del Tribunale di Latina, con la quale lo stesso COGNOME era stato ritenuto responsabile di due contestazioni del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 (capi 1 e 2 della rubrica) e del reato di cui all’art. 10 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000 (di cui al capo 3), ha dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui al capo 1) in quanto estinto per prescrizione, ha ridotto la pena inflitt all’imputato a un anno e sette mesi di reclusione per i residui reati di cui ai capi 2) e 3), e ha confermato nel resto la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a due motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato l’errata applicazione di disposizioni di legge penale con riferimento alla affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati di cui ai capi 2) e 3) e il travisamento sul punto delle prove testimoniali, sottolineando che dalla deposizione del teste COGNOME non emergerebbe affatto, come invece affermato dalla Corte d’appello, che la documentazione amministrativa e contabile era stata restituita alla società RAGIONE_SOCIALE amministrata dall’imputato, ma solo che era stata predisposta una nota di restituzione di tale documentazione. La prova della sussistenza del dolo di evasione in relazione a entrambi i reati residui, ossia quelli di cui ai capi 2) e 3), era, quindi, stata ricava in modo illogico, travisando quanto dichiarato dal suddetto teste NOME.
2.2. In secondo luogo, ha denunciato la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo 2), quanto la Corte d’appello aveva illustrato gli elementi dimostrativi della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui al capo 3), ma nulla aveva indicato a proposito dell’elemento soggettivo del reato di omessa presentazione della dichiarazione fiscale di cui al capo 2), anche perché la documentazione contabile non rinvenuta di cui al capo 3) era quella relativa agli anni 2012 e 2013 e non anche quella concernente l’anno d’imposta 2015, cui invece si riferiva la contestazione ex art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo 2), concernente, appunto, l’omessa presentazione della dichiarazione d’imposta 2016 relativa ai redditi dell’anno 2015, cosicché dovrebbe ritenersi del tutto assente la motivazione in ordine al dolo di evasione riguardo a tale reato.
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso sollecitando l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui capo 2) e il rigetto del ricorso nel resto, evidenziando la carenza della motivazione circa il dolo di evasione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2. Entrambi i motivi del ricorso, esaminabili congiuntamente in ragione della loro intima connessione, consistendo nella denuncia della violazione di disposizioni di legge penale, in particolare degli artt. 5 e 10 d.lgs. n. 74 del 2000, e i travisamento delle prove, con riferimento alla affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo di entrambi i reati ascritti al ricorrente, non essendo certa la restituzione al ricorrente della documentazione amministrativa e contabile della società amministrata dal ricorrente medesimo e non rinvenuta, e non potendo, comunque, dalla mancanza di detta documentazione trarsi la prova del dolo di evasione in relazione a entrambe le fattispecie contestate, sono infondati, essendo volti, peraltro riproponendo senza sostanziali elementi di novità critica i corrispondenti motivi di appello, a conseguire una rivisitazione e una rivalutazione delle risultanze istruttorie, sia quanto alla configurabilità della condotta d occultamento e distruzione delle scritture sia quanto al dolo di evasione, che, però, sono state esaminate e valutate in modo concorde dai giudici di merito, che ne hanno fornito una lettura coerente illustrata con motivazione idonea e non manifestamente illogica, non suscettibile di rivisitazioni nel giudizio di legittimità
La Corte d’appello, in accordo con il primo giudice, ha, infatti, sottolineato che dall’istruttoria svolta sono state accertate sia l’avvenuta restituzione al ricorrente della documentazione amministrativa e contabile della società e il suo mancato rinvenimento (riferito in modo univoco dal teste COGNOME, della cui deposizione il ricorrente propone una rilettura e un diverso apprezzamento), sia la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali relative agli anni d’imposta 2012 e 2015, valutando, non illogicamente, in modo complessivo tali condotte, come tra loro coordinate a fine di evasione, essendo, evidentemente, e sulla base di nozioni di comune esperienza, l’occultamento della documentazione contabile volta a ostacolare la ricostruzione dei ricavi della società e, con essa, l’accertamento impositivo, al fine di evadere il pagamento delle imposte.
Si tratta di motivazione sufficiente e non manifestamente illogica, essendo fondata sulla corretta applicazione di regole razionali e di massime di comune esperienza, sia quanto all’occultamento o distruzione della documentazione contabile (riferita con chiarezza dal teste NOME con riferimento ai documenti indicati nella nota di restituzione predisposta dallo studio professionale che si occupava della tenuta della contabilità della società amministrata dal ricorrente), sia quanto alla finalità che ha animato entrambe le residue condotte ascritte al ricorrente.
Va, infatti, al riguardo rammentato che, in tema di omessa dichiarazione, la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del contribuente obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta, che può, peraltro, costituire oggetto di rappresentazione e volizione anche solo nella forma del dolo eventuale (Sez. 3, n. 38802 del 25/09/2024, Nuzzolese, Rv. 286950 – 01; Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016, V., Rv. 267022 – 01).
Detta consapevolezza può essere desunta da elementi ulteriori al superamento della soglia di punibilità, quali il mancato pagamento postumo di tale imposta in tempi ragionevoli o la reiterazione dell’omissione per più anni, dai quali possa essere tratta la convinzione che l’omissione sia finalizzata all’evasione (Sez. 3, n. 44170 del 04/07/2023, Marra, Rv. 285221 – 01; v. anche Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, COGNOME, Rv. 265087 – 01).
Ora, nel caso in esame l’ammontare dell’imposta dovuta e non versata è assai rilevante, essendo pari, per il periodo d’imposta 2015 di cui al capo 2), a euro 782.813,00, l’omessa presentazione della dichiarazione relativa a tale periodo d’imposta è stata preceduta da una analoga omissione per l’anno d’imposta 2012, oltre che accompagnata dall’occultamento della documentazione contabile (allo scopo, evidente, sulla base di regole di comune esperienza, come sottolineato dalla Corte d’appello, di impedire la determinazione dell’imposta non versata), e non è stata seguita da alcun versamento postumo.
Sulla base di tale complesso di elementi, valutati unitariamente, i giudici di merito hanno ritenuto che la condotta omissiva addebitata al ricorrente sia stata animata dal fine di evasione: si tratta, come già osservato, di considerazioni razionali, in quanto fondate su una pluralità di indici convergenti in modo univoco nella direzione dell’esistenza del dolo di evasione, valutati in modo logico dalla Corte d’appello, sulla base di comuni e consolidate massime di esperienza (quali quelle in ordine alla finalità che anima condotte ripetute e allo scopo dell’occultamento o distruzione della documentazione contabile), con la conseguenza che le doglianze del ricorrente in ordine alla mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza del suddetto dolo di evasione risultano infondate.
Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, a cagione della infondatezza di entrambi i motivi ai quali è stato affidato.
Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/2/2025