Documento falso: quando l’alterazione, seppur imperfetta, costituisce reato?
La questione della punibilità legata al possesso e alla fabbricazione di un documento falso è un tema di grande attualità e rilevanza pratica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali sulla linea di demarcazione tra una falsificazione grossolana, e quindi non punibile, e un’alterazione idonea a trarre in inganno. Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato per aver fabbricato e posseduto un documento di identificazione alterato, sollevando interrogativi sulla sua effettiva pericolosità e sulla corretta qualificazione giuridica del fatto.
I Fatti di Causa
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, previsto dall’articolo 497 bis, comma 2, del codice penale. L’imputato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due tesi difensive. In primo luogo, chiedeva l’assoluzione ai sensi dell’art. 49 c.p. (reato impossibile), argomentando che la falsificazione fosse talmente evidente e imperfetta da non poter ingannare nessuno. In subordine, chiedeva la riqualificazione del reato nella fattispecie meno grave prevista dal comma 1 dello stesso articolo 497 bis, relativa al solo possesso e non alla fabbricazione del documento.
La decisione della Cassazione sul documento falso
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica, coerente e giuridicamente corretta, confermando così la condanna dell’imputato. La decisione si basa su due pilastri argomentativi fondamentali che chiariscono quando un documento falso integra un reato e quale sia il corretto inquadramento della condotta di chi contribuisce alla sua creazione.
Le Motivazioni
La Corte ha smontato la tesi difensiva del ‘reato impossibile’. Secondo i giudici, il criterio per valutare l’idoneità ingannatoria di un documento falso non è la perfezione tecnica della falsificazione, ma la sua capacità concreta di trarre in inganno. Nel caso specifico, l’imputato aveva utilizzato il documento in più occasioni senza che la falsità venisse mai rilevata. Questo fatto, secondo la Corte, è la prova lampante che l’alterazione, sebbene imperfetta, non era ‘manifesta’ e che il documento era quindi pienamente idoneo a ingannare i soggetti a cui veniva presentato. Di conseguenza, non è applicabile l’art. 49 c.p., che presuppone un’inidoneità assoluta dell’azione a produrre l’evento dannoso.
In secondo luogo, la Cassazione ha confermato la correttezza della qualificazione del reato come fabbricazione (comma 2 dell’art. 497 bis c.p.) e non come mero possesso (comma 1). La Corte ha ritenuto che l’imputato dovesse essere considerato quantomeno un co-autore del falso. Il motivo? Avendo fornito la propria fotografia e le proprie generalità, egli ha dato un contributo causale essenziale alla formazione del documento alterato. Questo comportamento va oltre il semplice possesso e si configura come una partecipazione attiva al processo di falsificazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi giuridici di notevole importanza pratica. Primo, la punibilità per un documento falso non è esclusa da una falsificazione imperfetta, a meno che questa non sia così grossolana da essere immediatamente riconoscibile da chiunque. La prova dell’idoneità a ingannare risiede spesso nell’uso effettivo del documento senza che la sua falsità venga scoperta. Secondo, chi fornisce elementi personali essenziali (come foto e dati anagrafici) per la creazione di un documento falso non è un mero possessore, ma un concorrente nel reato di fabbricazione, con conseguenze sanzionatorie più gravi. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Quando una falsificazione di un documento è considerata punibile anche se non è perfetta?
Secondo la Corte, una falsificazione è punibile, anche se imperfetta, quando non è talmente grossolana ed evidente (‘manifesta’) da essere immediatamente riconoscibile. Se il documento si dimostra capace di trarre in inganno, come nel caso in cui sia stato usato più volte senza essere scoperto, il reato sussiste.
Perché fornire la propria foto per un documento falso rende co-responsabili del reato di fabbricazione?
La Corte ha stabilito che fornire la propria fotografia e i propri dati personali costituisce un contributo essenziale alla formazione del documento falso. Tale condotta qualifica la persona non come un semplice possessore, ma come un co-autore del reato di fabbricazione, previsto dalla norma più grave.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per cassazione?
Comporta che la Corte Suprema non entra nel merito della questione perché ritiene il ricorso privo dei requisiti legali fondamentali. Nel caso specifico, essendo stato giudicato ‘manifestamente infondato’, la decisione del giudice precedente (la Corte d’Appello) diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36728 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36728 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ACERRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi di cui all’art. 497 bis, comma 2, cod. pen.;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è manifestamente infondato in quanto, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito h esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della penale responsabilità del ricorrente, respingendo conseguentemente, sia l’avanzata richiesta di assoluzione ex art. 49 cod. pen., sia l’ipotizzata riqualificazione del fatto nella meno grave ipotesi di cui al comma 1 dell’art 497 bis cod. pen. Sotto il primo profilo, infatti, il giudice di merito ha rilevato che l’imput aveva prodotto più volte il documento in questione, e in nessuna di queste occasioni ne era stata rilevata la falsità. Da ciò emerge la prova del fatto che l’alterazione d documento, seppur imperfetta, non era tale da essere manifesta, rendendo, pertanto, lo stesso idoneo a trarre in inganno i soggetti al quale veniva mostrato. Al contempo, la Corte territoriale ha ritenuto corretta la riconducibilità del fatto all’ipotesi di cui al co operata dal giudice del Tribunale, dovendosi necessariamente considerare l’imputato quantomeno un co-autore del falso, avendo lo stesso contribuito alla formazione del documento fornendo la propria fotografia e le sue generalità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 ottobre 2025