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Documento falso: quando la falsificazione è punibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per possesso e fabbricazione di un documento falso. La Corte ha stabilito che, anche se imperfetta, la falsificazione non era manifesta, essendo idonea a ingannare, e ha confermato la responsabilità dell’imputato come co-autore per aver fornito foto e dati personali.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Documento falso: quando l’alterazione, seppur imperfetta, costituisce reato?

La questione della punibilità legata al possesso e alla fabbricazione di un documento falso è un tema di grande attualità e rilevanza pratica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali sulla linea di demarcazione tra una falsificazione grossolana, e quindi non punibile, e un’alterazione idonea a trarre in inganno. Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato per aver fabbricato e posseduto un documento di identificazione alterato, sollevando interrogativi sulla sua effettiva pericolosità e sulla corretta qualificazione giuridica del fatto.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, previsto dall’articolo 497 bis, comma 2, del codice penale. L’imputato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due tesi difensive. In primo luogo, chiedeva l’assoluzione ai sensi dell’art. 49 c.p. (reato impossibile), argomentando che la falsificazione fosse talmente evidente e imperfetta da non poter ingannare nessuno. In subordine, chiedeva la riqualificazione del reato nella fattispecie meno grave prevista dal comma 1 dello stesso articolo 497 bis, relativa al solo possesso e non alla fabbricazione del documento.

La decisione della Cassazione sul documento falso

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica, coerente e giuridicamente corretta, confermando così la condanna dell’imputato. La decisione si basa su due pilastri argomentativi fondamentali che chiariscono quando un documento falso integra un reato e quale sia il corretto inquadramento della condotta di chi contribuisce alla sua creazione.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato la tesi difensiva del ‘reato impossibile’. Secondo i giudici, il criterio per valutare l’idoneità ingannatoria di un documento falso non è la perfezione tecnica della falsificazione, ma la sua capacità concreta di trarre in inganno. Nel caso specifico, l’imputato aveva utilizzato il documento in più occasioni senza che la falsità venisse mai rilevata. Questo fatto, secondo la Corte, è la prova lampante che l’alterazione, sebbene imperfetta, non era ‘manifesta’ e che il documento era quindi pienamente idoneo a ingannare i soggetti a cui veniva presentato. Di conseguenza, non è applicabile l’art. 49 c.p., che presuppone un’inidoneità assoluta dell’azione a produrre l’evento dannoso.

In secondo luogo, la Cassazione ha confermato la correttezza della qualificazione del reato come fabbricazione (comma 2 dell’art. 497 bis c.p.) e non come mero possesso (comma 1). La Corte ha ritenuto che l’imputato dovesse essere considerato quantomeno un co-autore del falso. Il motivo? Avendo fornito la propria fotografia e le proprie generalità, egli ha dato un contributo causale essenziale alla formazione del documento alterato. Questo comportamento va oltre il semplice possesso e si configura come una partecipazione attiva al processo di falsificazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce due principi giuridici di notevole importanza pratica. Primo, la punibilità per un documento falso non è esclusa da una falsificazione imperfetta, a meno che questa non sia così grossolana da essere immediatamente riconoscibile da chiunque. La prova dell’idoneità a ingannare risiede spesso nell’uso effettivo del documento senza che la sua falsità venga scoperta. Secondo, chi fornisce elementi personali essenziali (come foto e dati anagrafici) per la creazione di un documento falso non è un mero possessore, ma un concorrente nel reato di fabbricazione, con conseguenze sanzionatorie più gravi. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Quando una falsificazione di un documento è considerata punibile anche se non è perfetta?
Secondo la Corte, una falsificazione è punibile, anche se imperfetta, quando non è talmente grossolana ed evidente (‘manifesta’) da essere immediatamente riconoscibile. Se il documento si dimostra capace di trarre in inganno, come nel caso in cui sia stato usato più volte senza essere scoperto, il reato sussiste.

Perché fornire la propria foto per un documento falso rende co-responsabili del reato di fabbricazione?
La Corte ha stabilito che fornire la propria fotografia e i propri dati personali costituisce un contributo essenziale alla formazione del documento falso. Tale condotta qualifica la persona non come un semplice possessore, ma come un co-autore del reato di fabbricazione, previsto dalla norma più grave.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per cassazione?
Comporta che la Corte Suprema non entra nel merito della questione perché ritiene il ricorso privo dei requisiti legali fondamentali. Nel caso specifico, essendo stato giudicato ‘manifestamente infondato’, la decisione del giudice precedente (la Corte d’Appello) diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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