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Documento falso: fornire la foto è concorso nel reato

La Corte di Cassazione stabilisce che fornire la propria fotografia per la creazione di un documento falso non costituisce mero possesso, ma una partecipazione attiva al reato di contraffazione. L’ordinanza analizza la distinzione tra le diverse ipotesi previste dall’art. 497-bis c.p., chiarendo che chi contribuisce alla formazione del falso, anche solo con la propria immagine, si inserisce nel circuito illecito e risponde della fattispecie più grave. L’impugnazione dell’imputato è stata quindi dichiarata inammissibile.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Documento falso: fornire la foto è concorso nel reato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito un punto cruciale in materia di reati di falso: chi fornisce la propria fotografia per la creazione di un documento falso non è un mero possessore, ma un partecipe attivo alla contraffazione. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, tracciando una linea netta tra chi subisce passivamente la falsificazione e chi, invece, vi contribuisce attivamente.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato aggravato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. L’imputato aveva impugnato la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello, sostenendo che la sua condotta, consistente nell’aver semplicemente fornito la propria fotografia a un falsario affinché venisse apposta su un documento valido per l’espatrio, non potesse configurare un concorso nella contraffazione, ma al massimo la meno grave ipotesi del mero possesso di documento falso.

La Questione Giuridica: Possesso o Concorso in Falsificazione?

Il nucleo della controversia legale risiedeva nell’interpretazione dell’articolo 497-bis del codice penale. Questa norma punisce sia il possesso (comma 1) sia la fabbricazione (comma 2) di un documento di identificazione falso. La difesa sosteneva che l’atto di consegnare la propria foto fosse estraneo all’attività materiale di falsificazione, configurando quindi un post-fatto non punibile o, al più, la condotta meno grave del possesso per uso personale. La Suprema Corte è stata chiamata a definire se un tale contributo fosse sufficiente a integrare la più grave fattispecie del concorso nella fabbricazione del documento falso.

L’analisi della Corte sul documento falso

La Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire e precisare la sua interpretazione consolidata in materia.

La distinzione tra primo e secondo comma dell’art. 497-bis c.p.

I giudici hanno spiegato che la norma incriminatrice distingue nettamente due scenari. Il primo comma è destinato a punire la detenzione di un documento falso da parte di chi non ha avuto alcun ruolo nella sua creazione. Si tratta di colui che si pone come semplice “fruitore finale” del falso, rimanendo esterno al circuito della contraffazione. Il secondo comma, invece, punisce con una pena più severa chiunque fabbrichi, formi o concorra a formare il documento. Questa ipotesi è pensata per colpire chi si inserisce attivamente nel processo illecito.

Fornire la propria fotografia: un atto di partecipazione

Secondo la Corte, fornire la propria fotografia da apporre sul documento è un atto che va ben oltre la mera detenzione passiva. Si tratta di un contributo causale essenziale alla riuscita della falsificazione. Senza quella foto, il documento non potrebbe essere creato per servire allo scopo prefissato. Tale condotta, quindi, colloca l’individuo “all’interno del sistema illecito”, rendendolo un ingranaggio del meccanismo di contraffazione e non un semplice utilizzatore. Di conseguenza, la sua azione rientra a pieno titolo nell’ipotesi più grave prevista dal secondo comma della norma.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla ratio della norma, che è quella di punire in modo più significativo chi partecipa attivamente alla creazione di un pericolo per la fede pubblica. La condotta di chi fornisce la foto non è un fatto neutro, ma un’azione finalizzata a rendere il documento falso utilizzabile e credibile. La giurisprudenza citata nell’ordinanza (dalle sentenze Kanthasamy a Lorbek) è univoca nel ritenere che il possesso per uso personale rientra nella previsione più lieve (primo comma) solo se il possessore non ha partecipato in alcun modo alla contraffazione. La Corte chiarisce anche i casi in cui si applicherebbe la norma meno severa: ad esempio, quando si utilizza un documento falso con la foto di un’altra persona (sfruttando una somiglianza) o quando si entra in possesso di un documento con la propria foto, ma creato da terzi a propria insaputa.

Le conclusioni

L’ordinanza ha un’importante implicazione pratica: chiunque decida di ottenere un documento falso fornendo la propria immagine deve essere consapevole di non commettere una violazione minore. Tale comportamento è qualificato come concorso in contraffazione, un reato punito più severamente del semplice possesso. La decisione della Cassazione rafforza il principio secondo cui qualsiasi contributo attivo e consapevole alla catena della falsificazione merita una risposta sanzionatoria adeguata alla gravità del fatto, indipendentemente dal ruolo, più o meno materiale, svolto nella creazione del falso.

Chi fornisce la propria foto per un documento falso commette solo il reato di possesso?
No, secondo la Corte di Cassazione, chi fornisce la propria fotografia contribuisce attivamente alla falsificazione. Questo comportamento integra la più grave ipotesi di reato di concorso nella fabbricazione di un documento falso, prevista dal secondo comma dell’art. 497-bis del codice penale, e non quella meno grave del mero possesso.

Quando si configura il reato di semplice possesso di un documento falso (art. 497-bis, comma 1)?
Il reato di semplice possesso si configura solo quando il detentore del documento falso non ha partecipato in alcun modo alla sua creazione. La Corte cita come esempi il caso di chi utilizzi un documento con la foto di un’altra persona, o di chi entri in possesso di un documento con la propria foto che sia stato però creato da terzi a sua totale insaputa.

Perché fornire la propria foto è considerato un reato più grave del semplice possesso?
È considerato più grave perché, fornendo la foto, la persona non è un semplice “fruitore” passivo del documento, ma diventa un anello essenziale della catena della falsificazione. Questo comportamento dimostra una partecipazione attiva e colloca l’individuo all’interno del “sistema illecito”, giustificando l’applicazione della sanzione più severa prevista per chi fabbrica o concorre a fabbricare il falso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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