Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39397 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39397 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME,
Rq. 16358/2024 – Rel. Borrelli – Ud. 25.09.2024
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, che ha confermato la sentenza del 31 agosto 2023 del Tribunale di Milano che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato aggravato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Considerato che il primo e unico motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge in relazione all’art. 497 -bis cod. pen e, in particolare, alla ritenuta sussistenza di un concorso nella contraffazione nella sola condotta di chi fornisca al falsario la propria foto da apporre sul documento falso valido per l’espatrio – è manifestamente infondato.
Per chiarire le ragioni di questa conclusione occorre richiamare l’univoca giurisprudenza di questa Corte, secondo cui è solo la detenzione di un documento falso alla cui formazione il detentore non sia in alcun modo concorso che integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma primo, cod. pen., mentre le condotte di fabbricazione e formazione di un documento falso, nonché di detenzione, per uso non personale, o personale se si è concorso nella contraffazione del documento, integrano la fattispecie più grave di cui al secondo comma della medesima norma (Sez. 5, n. 48241 del 04/11/2019, COGNOME, Rv. 277427; Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273303; Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, COGNOME, Rv. 266554; Sez. 5, n. 5355 del 10/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262221, Sez. 5, n. 18535 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255468, non massimata sul punto). Invero, l’esegesi in parola ha chiarito che la ratio della previsione incriminatrice del comma secondo – che costituisce ipotesi autonoma di reato rispetto a quella del mero possesso prevista dall’art. 497-bis, comma primo, cod. pen. – è quella di punire in modo più significativo chi fabbrica o, comunque, forma il documento, con la conseguenza che il possesso per uso personale rientra nella previsione di cui all’art. 497-bis, comma primo, cod. pen. solo se il possessore non ha partecipato alla contraffazione. A questo proposito, in linea con quanto si legge negli arresti sopra menzionati, il Collegio ritiene che il primo comma sia destinato a punire coloro che, pur utilizzando un documento falsificato, si collochino fuori dal circuito della contraffazione; di contro, la più grave ipotesi ex comma 2, punisce chi, anche solo fornendo la propria fotografia da apporre sul documento, contribuisca agli ingranaggi della falsificazione, collocandosi all’interno del sistema illecito, di cui non sia, dunque, semplice fruitore. Né può dubitarsi circa il residuo margine applicativo della disposizione di cui al comma primo rispetto ad un’esegesi di tal fatta. Come
P
sostenuto nella sentenza Kanthasanny, detta fattispecie ben può attagliarsi, per esempio, a situazioni in cui si utilizzi un documento contraffatto ma recante una foto altrui, magari sfruttando la somiglianza con il soggetto effigiato; ovvero come questa sezione ha precisato nelle sentenze COGNOME, COGNOME e COGNOME – la fattispecie del primo comma può trovare applicazione quando il possessore del documento contraffatto recante la propria fotografia ne entri in possesso successivamente alla sua predisposizione da parte di terzi che già siano in possesso della sua effige e che formino il documento a sua insaputa.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25 settembre 2024
Il Consiglier estensore
Il GLYPH idente