Documentazione Tardiva: Quando è Troppo Tardi per Presentare Prove?
Nel processo penale, il rispetto dei tempi e delle modalità procedurali è cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la documentazione tardiva, ovvero quella prodotta dopo la conclusione dell’udienza, non può essere utilizzata per fondare una decisione. Questo caso offre uno spaccato chiaro delle conseguenze derivanti dal mancato rispetto delle tempistiche processuali.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato a una pena detentiva, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, una misura alternativa al carcere. Il Tribunale, tuttavia, rigettava la richiesta. La motivazione principale del rigetto risiedeva nella mancanza di prove sufficienti a dimostrare un requisito essenziale: un domicilio stabile e idoneo, fondamentale per l’avvio del programma di reinserimento sociale.
Il Ricorso per Cassazione e la questione della documentazione tardiva
Contro la decisione del Tribunale, il condannato proponeva ricorso per Cassazione. La sua difesa sosteneva che il giudice di sorveglianza avesse commesso un errore, non considerando la documentazione che attestava la disponibilità di un domicilio. Il punto cruciale, però, era il ‘quando’: tali documenti, una dichiarazione sostitutiva e un certificato, erano stati depositati alcuni giorni dopo la celebrazione dell’udienza, ma prima che l’ordinanza di rigetto venisse formalmente depositata in cancelleria.
Il ricorrente lamentava, quindi, un vizio di motivazione e una violazione di legge, ritenendo che il giudice avrebbe dovuto attendere o tenere conto di quella documentazione tardiva.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La motivazione dei giudici è netta e si basa su un pilastro del diritto processuale: il principio del contraddittorio.
La Corte ha spiegato che la decisione del Tribunale di Sorveglianza era corretta, in quanto basata sugli atti e sulle prove disponibili al momento dell’udienza. La documentazione prodotta successivamente, il 28 settembre, non poteva essere considerata, poiché l’udienza si era già tenuta il 22 settembre. Introdurre nuove prove dopo la discussione in aula violerebbe il diritto delle altre parti (in questo caso, il Pubblico Ministero) di esaminarle e controdedurre, ledendo appunto il principio del contraddittorio.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti del caso, ma di giudicare la corretta applicazione della legge. Sollecitare una diversa lettura delle prove, soprattutto di quelle non ritualmente acquisite, è un’attività non consentita in sede di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza riafferma con forza una regola procedurale essenziale: le prove e i documenti devono essere prodotti e discussi nel corso dell’udienza, nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti. Qualsiasi produzione successiva è, di regola, inefficace. Questa decisione serve da monito per la difesa: è imperativo preparare e depositare tutta la documentazione necessaria prima dell’udienza per evitare che elementi, anche se potenzialmente decisivi, vengano esclusi dal giudizio. La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso è stata non solo la conferma del provvedimento impugnato, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla cassa delle ammende.
 
È possibile presentare documenti importanti dopo che l’udienza si è già conclusa?
No. Secondo questa ordinanza, la documentazione prodotta dopo la celebrazione dell’udienza non è utilizzabile in quanto non è stata acquisita nel contraddittorio tra le parti, che avviene durante l’udienza stessa.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la doglianza era manifestamente infondata. La documentazione tardiva non poteva essere presa in considerazione e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti non è consentita in sede di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso inammissibile è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5415 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5415  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a DURAZZ0( ALBANIA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale proposta da NOME NOME in relazione alla pena in espiazione;
Rilevato che con il ricorso , 4 deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione della documentazione attestante il domicilio, depositata dopo l’udienza ma prima che venisse depositato il provvedimento;
Rilevato che la doglianza è manifestamente infondata in quanto il Tribunale di Sorveglianza, facendo riferimento all’informativa in atti e all’assenza di documentazione relativa al domicilio del condannato, ha correttamente escluso la sussistenza dei requisiti richiesti e ha respinto l’istanza;
Rilevato che la documentazione prodotta dalla difesa (la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 25/9/2023 e il certificato del 27/9/2023) non era utilizzabile in quanto questa -tardivamente prodotta dalla difesa il 28/9/2023 allorché l’udienza era stata già celebrata in data 22/9/2023- non era stata acquisita nel contraddittorio delle parti;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto sollecita una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/1/2024