Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30489 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 03/04/1970 a Catania avverso la sentenza del 09/05/2024 della Corte di appello di Catania visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito l’avvocato NOME COGNOME che si è riportato ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catania, decidendo a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Seconda Sezione della Corte di
cassazione della sentenza della Corte di appello di Catania del 6 novembre 2020, ha assolto COGNOME NOME NOME COGNOME dal delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e ha rideterminato la pena per le residue imputazioni in relazione alle quali la Corte di cassazione ha dichiarato irrevocabile l’affermazione di penale responsabilità (capi Cl, D1, D2 e G8) in anni 11, mesi 9 di reclusione ed euro 10.500,00 di multa.
La pena è stata così calcolata:
-pena base per il reato di cui al capo D1) (estorsione in danno di COGNOME Domenico) anni 6 di reclusione ed euro 6.000,00 di multa;
aumentata per la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis 1. cod. pen. ad anni 9 di reclusione ed euro 9.000,00 di multa;
aumentata per la continuazione con il delitto di cui al capo D2) (estorsione aggravata dal metodo mafioso in danno di NOME NOME) di anni uno e mesi sei ed euro 1.500,00 di multa,
aumentata per il delitto di cui al capo C1) (turbata libertà dell’industria o del commercio) di anni uno di reclusione;
aumentata per il delitto di cui al capo G8) (trasferimento fraudolento di valori) di mesi 3 di reclusione.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione Ercolano deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge processuale con riferimento all’art. 597, commi 3 e 4 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale violato il divieto di reformatio in peius nella determinazione della pena base per il reato di cui al capo D1) della rubrica, nonché nella determinazione degli aumenti di pena per effetto della continuazione con gli ulteriori reati per i quali è stata riconosciuta la penale responsabilità dell’odierno ricorrente e segnatamente quelli di cui ai capi D2), C1) e G8).
La sentenza impugnata ha violato il principio del divieto di reformatio in peius, che riguarda non solo la pena finale, ma, altresì, quella prevista per i singoli elementi che concorrono a comporla, posto che la pena applicata per ciascuno dei reati per i quali è stata riconosciuta la colpevolezza dell’imputato è maggiore rispetto a quella che era stata applicata dal giudice d’appello.
Così come previsto dalla sentenza a Sezioni Unite Morales, nonché SU n. 16208 del 27/03/2014, il divieto di reformatio in peius opera anche per il giudizio di rinvio e quindi dovrà aversi riguardo alla pena stabilita nella sentenza di appello oggetto di annullamento, a nulla rilevando il fatto che avverso la sentenza di primo grado l’organo dell’accusa avesse a suo tempo interposto appello per ottenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato ovvero un aggravamento
del trattamento sanzionatorio (circostanza, quest’ultima, neppure verificatasi nel caso di specie).
La violazione del divieto di reformatio in peius è ravvisabile anche nella determinazione della pena pecuniaria. La multa inflitta con la prima sentenza di appello era pari ad euro 9.700, mentre quella inflitta, all’esito del giudizio di rinvio ammonta ad euro 10.500,00.
2.2. Violazione di legge vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, comma 3 e 628 cod. proc. pen. con riferimento alla mancata disamina da parte della Corte territoriale circa la possibilità di concedere al ricorrente le circostanze attenuanti generiche.
La sentenza di rinvio nulla dice su tale punto, essendo la motivazione graficamente assente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
2.Cosituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale nel giudizio di appello, il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, anche quando esclude una circostanza aggravante e per l’effetto irroga una sanzione inferiore a quella applicata in precedenza (art. 597, comma 4, cod. proc. pen.), non può fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata in primo grado (Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, Morales, Rv. 232066).
Tale divieto opera anche nel giudizio di rinvio e con riferimento alla decisione del giudice di appello se il ricorso per cassazione è stato proposto dall’imputato, essendo irrilevante, per il verificarsi di questi effetti, che la sentenza di primo grado sia stata appellata dal pubblico ministero (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258652).
E, quindi, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna su ricorso dell’imputato relativo alla sussistenza del reato ed alla sua responsabilità, la cognizione del giudice di rinvio è limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura della pena, non interessato dall’annullamento, cosicché, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli artt. 597, comma terzo, 609 e 627, comma secondo, cod. proc. pen, la pena irrogata non può essere più grave, per specie e quantità, di quella inflitta dal giudice di primo grado o, se inferiore, di quella rideterminata in grado d’appello con la sentenza annullata (Sez. 2, n. 46307 del 20/07/2016, C., Rv. 268315).
2.1. Nel caso in esame, all’esito del primo giudizio di appello l’imputato era condannato alla pena di anni 12, mesi 10 di reclusione ed euro 9.700,00 di multa per effetto del riconoscimento penale responsabilità per i reati di capi Al) (art. 416-bis cod. pen.), C1), D1), D2) e G8).
In particolare, la pena veniva determinata nei termini che seguono:
pena base per il reato di estorsione aggravato ex art. 629, secondo comma cod. pen. e 416-bis 1, di cui al capo DI) anni 8, mesi 11 e giorni 24 di reclusione;
aumentata per la continuazione con il reato di estorsione di cui al capo D2) di anni uno, mesi due e giorni sei di reclusione;
aumentata per la continuazione con il reato di partecipazione, con il ruolo apicale, nell’associazione di tipo mafioso di cui al capo Al) di anni 1, mesi 8 di reclusione;
-aumentata per la continuazione con il reato di illecita concorrenza di cui al capo C1) di mesi 10 di reclusione;
-aumentata per la continuazione con il reato di illecita concorrenza di cui al capo C1) di mesi due di reclusione.
Tanto premesso, la sentenza impugnata ha violato il principio del divieto di reformatio in peius -che riguarda, come si è detto, non solo la pena finale, ma, altresì, quella prevista per i singoli elementi che concorrono a comporla, posto che la pena applicata per ciascuno dei reati per i quali è stata riconosciuta la colpevolezza dell’imputato è maggiore rispetto a quella che era stata applicata dal giudice d’appello.
Sia la pena base per il reato di estorsione, nonostante siano venute meno due aggravanti, che i singoli aumenti sono maggiori rispetto a quelli della prima sentenza di appello. La pena finale è, ovviamente, inferiore a quella inflitta all’esito del primo giudizio di appello essendo intervenuta l’assoluzione per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ma ciò è irrilevante dal momento che, come si è detto, bisogna avere riguardo ai singoli elementi che concorrono a comporre la pena.
3.Anche il secondo motivo è fondato.
Occorre evidenziare, a questo proposito, che la cognizione del giudice di rinvio riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277438 – 01).
In particolare, l’accoglimento di motivi di ricorso, cui segua l’assorbimento di altre questioni controverse, implica la sospensione della loro valutazione da parte del giudice di legittimità, conseguente al rapporto di pregiudizialità logica del tema assorbente sul quale deve rinnovarsi l’esame, la cui definizione impone la
progressiva verifica delle questioni dipendenti che da quella premessa traggono il proprio caposaldo argomentativo.
Effettivamente la Corte di cassazione ha ritenuto il motivo relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche assorbito dall’accoglimento
del motivo avente ad oggetto il riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 416- bis
cod. pen.; quindi, la pronuncia rescindente onerava il giudice del rinvio anche della valutazione in merito alla questione appena richiamata, essendo tali
circostanze state richieste in sede di appello.
Sul punto, invece, la Corte di appello è rimasta silente.
4. La sentenza impugnata deve, conclusivamente, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania che si
adeguerà ai principi di diritto sopra dettati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Così deciso il 11 aprile 2025
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