LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dissequestro terzo interessato: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un investitore, qualificato come terzo interessato, che chiedeva il dissequestro di oro conferito a una società poi sottoposta a sequestro preventivo. La decisione si fonda su due motivi principali: il ricorso era una mera riproposizione di una precedente istanza già respinta e, soprattutto, mancava un interesse concreto e attuale, poiché l’oro era già stato venduto dall’amministratore giudiziario. Di conseguenza, il diritto del terzo si è trasformato in un credito da far valere nelle apposite procedure concorsuali, rendendo inutile l’azione di dissequestro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dissequestro e tutela del terzo interessato: quando il ricorso è inammissibile

Quando i beni di un soggetto estraneo a un reato vengono coinvolti in un sequestro penale, si apre una delicata questione sulla sua tutela. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti e le condizioni per richiedere il dissequestro da parte di un terzo interessato, sottolineando l’importanza di seguire le corrette procedure e di dimostrare un interesse concreto e attuale. Analizziamo questo caso per capire quali sono i principi affermati dalla Suprema Corte.

Il caso: l’investimento in oro e il sequestro preventivo

Un privato cittadino aveva investito in oro attraverso un prodotto finanziario denominato “Conto Tesoro”, stipulato con una società specializzata. Successivamente, tale società è stata oggetto di un’indagine per reati tributari e altro, che ha portato al sequestro preventivo di tutti i suoi beni, incluse le quote societarie.

L’investitore, ritenendosi un terzo estraneo ai fatti e proprietario dell’oro depositato, ha presentato un’istanza al Giudice per le indagini preliminari per ottenere il dissequestro e la restituzione del suo oro o del relativo controvalore in denaro. L’istanza è stata però respinta, così come il successivo appello al Tribunale, che ha dichiarato il gravame inammissibile. L’investitore ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La decisione dei giudici di merito e i motivi del ricorso

Il Tribunale ha dichiarato l’appello inammissibile per due ragioni fondamentali:
1. Mera riproposizione: L’istanza era considerata una semplice ripetizione di una precedente richiesta già respinta, senza l’aggiunta di nuovi elementi di fatto o di diritto.
2. Mancanza di interesse: Nel frattempo, l’amministratore giudiziario nominato per gestire la società sotto sequestro aveva ottenuto l’autorizzazione a vendere tutto l’oro e a versare il ricavato in un fondo unico. Di conseguenza, l’investitore non poteva più chiedere la restituzione del bene fisico, ma era diventato titolare di un diritto di credito. Questo diritto, secondo il Tribunale, doveva essere fatto valere in un’apposita procedura di verifica dei crediti, simile a quella fallimentare, prevista dal Codice Antimafia.

Il ricorrente, invece, insisteva sulla validità del suo contratto, sulla sua assoluta buona fede e sul suo diritto a ottenere la restituzione, sostenendo che la “confusione contabile” che aveva portato il suo oro a essere indistinguibile da quello della società non era a lui imputabile.

Le motivazioni della Cassazione: il percorso del dissequestro per il terzo interessato

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, dichiarando il ricorso inammissibile e fornendo importanti chiarimenti sul tema del dissequestro da parte del terzo interessato.

L’inammissibilità per riproposizione dell’istanza

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: un’impugnazione che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte in un precedente provvedimento, senza introdurre elementi di novità, è inammissibile. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva contestato l’effetto preclusivo della prima decisione, rendendo il suo appello originariamente inammissibile.

La mancanza di interesse concreto e attuale

Il punto centrale della decisione riguarda la trasformazione del diritto del ricorrente. La Cassazione ha spiegato che l’interesse a impugnare un provvedimento deve essere concreto e attuale, ovvero deve portare un vantaggio immediato e reale a chi agisce. Poiché l’oro era stato legittimamente venduto dall’amministratore giudiziario, l’eventuale accoglimento della richiesta di dissequestro non avrebbe potuto portare alla restituzione del bene.

Il diritto dell’investitore si era trasformato da un diritto di proprietà su un bene specifico (l’oro) a un diritto di credito sul ricavato della vendita. Questo nuovo diritto non può essere soddisfatto tramite un’istanza di dissequestro, ma deve essere accertato all’interno della procedura concorsuale prevista dagli articoli 57 e seguenti del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia). In questa sede, il giudice delegato verifica tutti i crediti vantati nei confronti del patrimonio in sequestro, e la buona fede del terzo creditore è un presupposto essenziale per l’ammissione del credito e il suo successivo soddisfacimento.

Le conclusioni: la tutela del terzo e le procedure corrette

La sentenza chiarisce che la tutela del terzo interessato in buona fede è garantita dall’ordinamento, ma deve essere esercitata attraverso gli strumenti processuali corretti. Quando un bene fungibile, come l’oro, viene venduto nel corso della procedura, il diritto del terzo proprietario si converte in un diritto di credito. L’azione corretta non è più l’istanza di dissequestro, ormai priva di oggetto, ma la domanda di ammissione del proprio credito allo stato passivo del patrimonio sequestrato. La buona fede, pur essendo un requisito fondamentale, non esime il terzo dal seguire il percorso procedurale stabilito dalla legge per ottenere il soddisfacimento dei propri diritti.

Quando un’istanza di dissequestro presentata da un terzo interessato può essere dichiarata inammissibile?
Un’istanza di dissequestro è inammissibile se è una mera riproposizione di una richiesta precedente già respinta, senza addurre nuovi elementi, oppure se il richiedente manca di un interesse concreto e attuale, ad esempio perché il bene non è più disponibile e il suo diritto si è trasformato in un credito.

Cosa succede al diritto di un terzo investitore se il bene sequestrato (in questo caso, l’oro) viene venduto dall’amministratore giudiziario?
Il diritto di proprietà del terzo sul bene fisico si trasforma in un diritto di credito per una somma pari al controvalore del bene. Tale credito deve essere fatto valere non più con un’istanza di dissequestro, ma attraverso la procedura di verifica dei crediti prevista dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011).

Il fatto di essere un terzo in buona fede è sufficiente per ottenere automaticamente la restituzione dei beni sequestrati?
No. La buona fede è un presupposto essenziale e indefettibile per la tutela del terzo, ma non è di per sé sufficiente a garantire la restituzione automatica del bene. Il terzo deve comunque attivare gli strumenti processuali corretti previsti dalla legge. La buona fede sarà valutata positivamente all’interno della procedura di verifica del credito per consentirne l’ammissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati