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Dissequestro terzo creditore: quando l’appello è inammissibile

Un terzo, creditore in buona fede di una società sottoposta a sequestro, chiedeva il dissequestro di metalli preziosi. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che la corretta procedura per il recupero del credito non è l’appello per il dissequestro, specialmente se l’asset è stato venduto, ma l’insinuazione al passivo secondo il Codice Antimafia. L’appello meramente ripetitivo di istanze già respinte è inammissibile.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dissequestro e tutela del terzo creditore: la Cassazione fissa i paletti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26991/2025, torna a pronunciarsi su un tema delicato e di grande rilevanza pratica: la tutela del dissequestro per il terzo creditore in buona fede e i limiti di ammissibilità delle impugnazioni in materia di misure cautelari reali. La decisione offre chiarimenti fondamentali su quale sia il corretto percorso procedurale che un creditore deve seguire per far valere i propri diritti su beni coinvolti in un sequestro penale, specialmente quando l’istanza rischia di essere meramente ripetitiva.

I fatti del caso

Una persona, in qualità di terzo estraneo ai fatti, aveva stipulato un contratto di investimento in metalli preziosi (“conto tesoro”) con una società. Successivamente, la società veniva attinta da un provvedimento di sequestro preventivo nell’ambito di un’indagine per gravi reati, tra cui l’associazione per delinquere. La cliente, vedendosi privata della disponibilità dei propri beni, presentava un’istanza di dissequestro, che veniva rigettata dal Giudice per le Indagini Preliminari.

Contro tale rigetto, la creditrice proponeva appello al Tribunale del Riesame, il quale lo dichiarava inammissibile. La questione giungeva così all’attenzione della Corte di Cassazione, chiamata a valutare la legittimità della decisione di inammissibilità e, più in generale, le corrette modalità di tutela del creditore in buona fede.

L’inammissibilità dell’appello meramente ripetitivo

Il primo e fondamentale punto affrontato dalla Cassazione riguarda l’inammissibilità dell’appello. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale, sottolineando come l’impugnazione fosse una mera riproposizione di una precedente istanza già rigettata, senza addurre elementi di novità.

Secondo un principio consolidato, applicabile sia alle misure cautelari personali che reali, l’appello deve contenere specifiche critiche contro i punti della decisione impugnata. Non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già esaminate e respinte. Questa impostazione garantisce l’efficienza del sistema processuale, evitando che i giudici siano chiamati a pronunciarsi più volte sulle medesime questioni in assenza di nuove circostanze.

La corretta via per la tutela del dissequestro del terzo creditore

La Corte chiarisce un aspetto cruciale. Una volta che un bene è stato venduto dall’amministratore giudiziario, come avvenuto nel caso di specie per l’oro, viene a mancare l’interesse concreto e attuale del creditore a ottenere il dissequestro fisico del bene stesso. Il suo diritto si trasforma: da un diritto di proprietà su un bene specifico (res) si passa a un diritto di credito sul controvalore monetario ricavato dalla vendita.

Di conseguenza, lo strumento corretto per la tutela non è più l’istanza di dissequestro, ma la procedura di verifica dei crediti disciplinata dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). Questa normativa, applicabile anche ai sequestri preventivi, prevede un meccanismo concorsuale in cui i terzi creditori in buona fede possono presentare domanda di ammissione del proprio credito. Sarà poi il giudice delegato a verificare la legittimità del credito e a inserirlo nel piano di riparto delle somme disponibili. La stessa difesa della ricorrente aveva, infatti, riconosciuto l’applicabilità di tale normativa, rendendo la propria richiesta di dissequestro contraddittoria.

Le motivazioni della Corte

La Cassazione ha fondato la propria declaratoria di inammissibilità del ricorso su due pilastri argomentativi.

In primo luogo, ha evidenziato la preclusione processuale derivante dalla natura meramente ripetitiva dell’appello, che non contestava specificamente le ragioni del primo rigetto.

In secondo luogo, ha sottolineato la carenza di interesse concreto, dato che il bene non era più in sequestro ma era stato legittimamente venduto. Il diritto del dissequestro del terzo creditore si era quindi evoluto in una pretesa creditoria da far valere nelle sedi appropriate, ossia la procedura di verifica del passivo prevista dal Codice Antimafia. Agire diversamente significherebbe utilizzare uno strumento processuale (l’appello per il dissequestro) per uno scopo per il quale non è stato concepito, ovvero il recupero di una somma di denaro.

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante guida per i terzi creditori che si trovano a dover tutelare i propri diritti nell’ambito di procedimenti penali con sequestri patrimoniali. La Corte ribadisce che la via del dissequestro è percorribile solo finché il bene è materialmente appreso al vincolo. Una volta che il bene viene liquidato, la tutela si sposta sul piano creditorio e deve seguire le regole specifiche, come quelle del Codice Antimafia, che bilanciano l’interesse dello Stato alla confisca dei proventi di reato con la giusta tutela dei terzi in buona fede. La scelta dello strumento processuale corretto è, quindi, non solo una questione di forma, ma un requisito sostanziale per l’ammissibilità e il successo dell’azione legale.

Un terzo creditore può appellare più volte un provvedimento che nega il dissequestro?
No. La Cassazione chiarisce che un appello che si limita a ripetere questioni già esaminate e respinte, senza aggiungere nuovi elementi di fatto o di diritto, è inammissibile. L’impugnazione deve sempre contenere censure specifiche e nuove contro la decisione che si contesta.

Qual è la procedura corretta per un terzo creditore per recuperare il proprio bene da un sequestro penale?
La procedura corretta è quella prevista dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). Il creditore in buona fede deve presentare una domanda di ammissione del proprio credito in un’apposita procedura concorsuale gestita dal giudice delegato, che ne verificherà la fondatezza.

Cosa succede se il bene oggetto della richiesta di dissequestro è già stato venduto?
Se il bene è stato venduto dall’amministratore giudiziario, il terzo creditore perde l’interesse a ottenerne la restituzione fisica. Il suo diritto si trasforma in un diritto di credito sul ricavato della vendita, che dovrà essere fatto valere partecipando alla procedura di riparto delle somme, e non più tramite l’istanza di dissequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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