Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26996 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26996 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da COGNOME LuciaCOGNOME nata ad Amsterdam (NED) il 27/11/1946, avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Lecce dell’11/02/2025; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr. NOME COGNOME cu riportato in udienza, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. udito, per la ricorrente, l’Avv. NOME COGNOME che si è riportato al ricorso insiste
accoglimento.
PREMESSO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata in data 11/02/2025, il Tribunale del riesame dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta ai sensi dell’articolo 322-bis cod. da NOME COGNOME terza di buona fede – avverso il provvedimento emesso dal GIP del Tri Lecce in data 9 dicembre 2024, che aveva rigettato l’istanza di dissequestro dei meta oggetto di investimento (“oro”) o del loro controvalore in denaro.
Avverso tale provvedimento, tramite il legale di fiducia, propone ricorso la COGNOME
Con un unico motivo lamenta inosservanza ovvero erronea applicazione della legge om o errata motivazione in relazione alla richiesta di dissequestro pubblico del suo con denaro.
Nell’ordinanza impugnata, il tribunale del riesame di Lecce non avrebbe minima tenuto conto dei motivi di appello ex art. 322-bis cod. proc. pen..
La questione, secondo la ricorrente, trae origine dal provvedimento genetico c giudice delle indagini preliminari del tribunale di Lecce disponeva il sequestro pre confronti della società denominata «RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente, prosegue il ricorso, aveva depositato presso la società «RAGIONE_SOCIALE dei metalli preziosi del tipo oro sotto forma di «Conto tesoro».
Non vi è dubbio alcuno sulla esistenza di un contratto di deposito valido ed effic espressamente asserito dal GIP) nè sul diritto di proprietà dell’istante, che non ha collegamento con gambe le società al centro delle indagini, sui preziosi.
Per l’effetto del provvedimento ablativo i soggetti interessati si sono visti disponibilità di beni di ora esclusiva proprietà.
La tutela dei diritti dei terzi, che possono essere compromessi dai provvedimenti de giudiziaria, è materia estremamente delicata, tanto da indurre il legislatore a crear parallelo e articolato allo scopo di fornire una adeguata tutela al terzo creditore d di un provvedimento di sequestro, disciplinato dagli articoli 52 e seguenti del cosidde antimafia».
La prima condizione che tale disciplina pone è l’insussistenza di altri beni dell’ possa esercitarsi la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, circo sussistente nel caso di specie in quanto, dalla perizia effettuata dall’architetto COGNOME il proposto risulta proprietario di beni immobili per un valore pari a euro 1.43
Più problematico è il secondo profilo, quello relativo alla «buona fede» del cre deve tuttavia, secondo il ricorrente, ritenersi pacificamente sussistente nel caso i luce dei criteri enucleati dalla giurisprudenza richiamata nel ricorso).
Nel processo penale, la Cassazione (Sez. 3, n. 33261 del 09/09/2021) ha ritenu terzo proprietario del bene possa unicamente dimostrare la sua proprietà e l’ine relazioni di collegamento concorsuale con l’indagato, e questo è proprio il ca dell’odierno giudizio.
La giurisprudenza della Cassazione ha poi stabilito che il sequestro «per sproporzi si applica ai terzi di buona fede che abbiano acquisito il bene in epoca antecedente all del reato presupposto nel catalogo di cui all’articolo 240-bis cod. pen., anche nel c sentenza che ha disposto il provvedimento ablatorio sia intervenuta successivamente integrazione normativa (Sez. 6, n. 31179 del 30/07/2024), e che in tema di sequestro f alla confisca del profitto del reato presso terzi l’ente non potesse in alcun modo riten
nel reato tenuto anche conto del fatto che pur in presenza di un reato presupposto ad esso non era stato contestato alcun illecito amministrativo ai sensi del decreto legislativo n. 231/2 (Sez. 5, n. 24248 del 14/05/2021).
La giurisprudenza di legittimità ha inoltre enunciato il principio di diritto secondo cu terzo interessato alla restituzione dei beni attinti dal sequestro preventivo grava (solo) l’ di dedurre la propria estraneità ai reati, dimostrando la non conoscibilità del rapport derivazione dei beni dal crimine commesso e la mancata percezione dei vantaggi e utilità, nonché la necessaria capacità patrimoniale per acquistare i beni in sequestro.
Pertanto, l’affermazione del GIP, laddove asserisce che l’oro acquistato tramite il prodott «Conto Tesoro» non dovrebbe farsi rientrare tra i metalli sottoposti a sequestro, in quanto confusione contabile e materiale fra l’oro e quello normalmente utilizzato da RAGIONE_SOCIALE per la sua attività avrebbe determinato il suo confluire tra i beni strumentali all’attività dell’imp sequestro, è pertanto errata, in quanto è evidente la totale estraneità ai fatti dei terzi cre
Quanto alla seconda motivazione addotta dal tribunale del riesame, relativa alla impossibilit di restituzione ai creditori del controvalore in denaro dell’oro oggetto di investimento, ness responsabilità può essere addebitata al terzo sui preziosi che sono stati venduti in pendenza d sequestro non ancora divenuto confisca.
Né può condividersi la decisione impugnata laddove ritiene inammissibile l’istanza in quanto l’appellante non potrebbe ottenere la restituzione di un bene che non è più in sequestro vantando solo un diritto di credito, in quanto l’appellante aveva anche chiesto il dissequestro controvalore in denaro.
Ancora, censurabile è la pronuncia impugnata secondo cui, sia «durante la ricognizione delle rimanenze di magazzino, sia durante l’operazione di sequestro con l’ausilio della P.G. e all presenza dell’amministratore pro tempore, sia nelle successive operazioni di ricognizione del magazzino non veniva riscontrato oro/metallo prezioso specificamente identificato o depositato in un apposito caveau e destinato al prodotto “Conto Tesoro” e, dunque, ai singoli sottoscrittori viceversa previsto nelle condizioni generali di contratto appunto 3.3», in quanto il contratt deposito era da ritenersi valido ed efficace e il mancato rinvenimento del prezioso non può essere ricondotto affatto del terzo creditore.
Da ultimo, la ricorrente valuta un interesse concreto ed attuale alla restituzione del prezi o del suo conto valore in denaro.
In data 4 giugno 2025 l’Avv. COGNOME per la ricorrente, depositava note di replica in insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Va premesso in fatto che – come precisato nell’incipit del provvedimento gravato – non è in discussione la natura di «terzo di buona fede» dell’odierna ricorrente (profilo su cui il r si spende lungamente), ciò che consente al Collegio di elidere ogni valutazione in proposito.
1.2. Deve altresì premettersi che, ai sensi dell’articolo 325 cod. proc. pen., il ricor cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, pe questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltant l’inesistenza o la mera apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
In tale categoria rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenz di una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, l quali possono essere denunciate nel giudizio di legittimità soltanto tramite il motivo di ricor ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8434, Rv. 236255; sez. 6, 21 gennaio 2009, n. 7472, rv. 242916; sez. un., 28 gennaio 2004, n. 5876, Rv. 226710).
Motivazione «assente» è quella che manca fisicamente (Sez. 3, n. 11935 del 21/01/2025, Turja, n.m.; Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Sesana, n.m.; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129 – 01) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 20666 del 15/05/2025, Calabrese, n.m.; Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, COGNOME, Rv. 252898 – 01).
Motivazione «apparente», invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decision mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte d parti» (Sez. 4, n. 46842 del 11/i1/2021, Ferrara, n.m.; Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, de 1994, COGNOME, Rv. 196361 – 01), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, COGNOME, Rv. 197465 – 01; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, COGNOME, Rv. 213486 – 01; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa, Rv. 233270 01; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, COGNOME, Rv. 250482 – 01) o di ricorso a clausole di s (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, COGNOME, Rv. 190883 – 01; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, COGNOME, Rv. 254161 – 01) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la dec o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/20 Ivanov, Rv. 239692 – 01; nello stesso senso, ex multis, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01; Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260314).
Ancora, è apparente la motivazione meramente tautologica, che ricorre allorquando essa «si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a so della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5
24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682 – 01; Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263100 – 01).
Nessuna delle anzidette ipotesi ricorre, come si vedrà nei paragrafi che seguono, nel caso in esame, ciò che determina l’automatica inammissibilità del ricorso, almeno sotto il profilo de mancanza o della «erroneità» della motivazione.
2. La dedotta censura di violazione di legge è del pari inammissibile.
Va premesso che, come precisato anche dal provvedimento del GIP del 24/11/2023, il c.d. «Conto Tesoro» è un prodotto finanziario – e nella specie un contratto di deposito a termi stipulato con EGM – destinato ai soggetti che intendono investire in oro fisico, in cui, alla scade del contratto, il cliente può decidere se lasciare ancora in custodia l’oro presso EGM, ritir previa sua fusione e conversione in lingotti ovvero ritirare il tantundem in danaro al prezzo dell’oro – c.d. fixing alla data della richiesta.
Ciò posto, va in primo luogo evidenziato come il Tribunale salentino, nel dichiarar inammissibile l’appello cautelare, rimandi alla decisione del GIP, il quale, nello statuire a volta l’inammissibilità dell’istanza di dissequestro, aveva evidenziato che la stessa reitera contenuti di precedente istanza rigettata con provvedimento del GIP in data 24 novembre 2023, senza dedurre fatti nuovi o non previamente conosciuti, sicché sul provvedimento genetico era calato il giudicato cautelare.
Il giudice in tale circostanza ribadiva (ciò che già nel precedente provvedimento si e evidenziato, ossia) come non emergesse alcuna distinzione tra l’oro reperito e quello negoziato in rapporto al prodotto denominato «Conto Tesoro», essendo il suddetto bene di investimento utilizzato per le normali attività di RAGIONE_SOCIALE.p.a. e stipato senza alcuna distinzione o vinco destinazione, neppure contabile (pag. 1 del provvedimento impugnato: «durante la fase di sequestro non fu rilevato, né tantomeno fu indicato dall’amministratore pro tempore, oro derivante dalla collocazione del prodotto Conto Tesoro; il sottoscritto, in fase di ricognizione rimanenze di magazzino, non ha riscontrato oro specificamente identificato e depositato in apposito caveau destinato al prodotto Conto Tesoro … né, nei bilanci della EGM, vi erano appostate voci dedicate al prodotto Conto Tesoro»), circostanze queste che ne impedivano la restituzione, non potendosi ravvisare in capo agli stessi rapporto di proprietà in favore di sogg estranei a reato.
Su tali elementi (l’assenza del novum e la «confusione» dell’oro depositato), centrali nella declaratoria di inammissibilità del giudice per le indagini preliminari, nessuna parola spende ricorrente.
Come noto, infatti, per costante giurisprudenza della Corte, le ordinanze in materi cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva «endoprocessuale» riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la
conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235908 – 01; Sez. 2, n. 29668 del 04/04/2019, Chianese, Rv. 276736 – 01; Sez. 6, n. ,23295 del 17/03/2015, Volpin, Rv. 263627 – 01).
Avverso tale motivazione nessuna contestazione muove il ricorso, che si limita ad argomentare sulla titolarità del credito e sulla natura di terzo creditore in buona fede ricorrente, risolvendosi in tal modo la censura non in una critica argomentata al provvedimento impugnato, ma nella pedissequa reiterazione di argomenti già svolti e motivatamente disattesi dai giudici dell’appello cautelare.
A ben vedere, oltre al ricorso, anche lo stesso atto di appello cautelare (presentato il dicembre dal difensore per conto della odierna ricorrente ed altri 57 soggetti), a fronte d motivazione – di cui sopra – addotta dal GIP, nulla contesta sul punto, rivelandosi esso stes come «originariamente inammissibile».
Pertanto, il Tribunale del riesame, nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello cautelare, fatto buon governo dell’orientamento della Corte, secondo cui l’appello cautelare «ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione, con la conseguenza che allo stesso si applicano le norme generali in materia, tra cui le disposizioni di cui agli 581 e 591 cod. proc. pen.» (Sez. 5, n. 9432 del 12/01/2017, COGNOME, Rv. 269098 – 01), per cui «l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi se manca ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità» (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945 – 01, nonché, con principio dettato in materia di appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen., ma applicabile al caso in parola giusto il richiamo contenuto nell’articolo 322-bis, ultimo comma, fra le altre: Sez. 6, n. 32355 del 08/07/2024, Compagno, Rv. 286857 – 01; Sez. 6, n. 1919 del 10/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287512 – 01).
4. L’inammissibilità «originaria» dell’appello cautelare esenterebbe il Collegio dal valut l’ulteriore profilo rappresentato dal Tribunale del riesame, il quale, dopo avere richiamat provvedimento del GIP, sottolinea come, dalla documentazione prodotta in udienza dal Pubblico Ministero, emerga che l’amministratore giudiziario di RAGIONE_SOCIALE era stato autorizzato dal Giudice per le indagini preliminari alla vendita dell’oro in sequestro e, una volta ricevuto l’accredito del di vendita sul conto corrente indicato, all’invio della somma al FUG (Fondo unico giustizia), co la conseguenza che l’appellante in buona fede può vantare soltanto un diritto di credito, che potrà far valere innanzi al giudice che ha emesso il decreto di sequestro, ai sensi dell’art. 5 seguenti del d.lgs. 159/2011, richiamato dall’art. 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen..
Il Collegio ritiene di dover osservare che il ricorso è inammissibile anche sotto tale secon aspetto.
4.1. La richiesta di dissequestro dell’oro depositato è inammissibile in quanto detto metal è ormai inesistente per effetto della vendita autorizzata dal GIP; difetta, pertanto, l’interess ricorrente ad ottenere una pronuncia favorevole.
Ed infatti, le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 28911 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953 – 02; Sez. 3, n. 36741 del 06/07/2021, Piazza, n.m.; Sez. 3, n. 33823 del 14/07/2021, COGNOME, n.m.) hanno affermato che l’interesse ad impugnare va valutato e ritenuto sussistente allorché il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l’eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più favorevole per l’impugnante e, quindi, il ricorso v dichiarato inammissibile per difetto di specificità laddove l’eventuale apprezzamento favorevole della doglianza non condurrebbe comunque all’accoglimento del ricorso (Sez. 6, n. 7200 del 08/02/2013, COGNOME, Rv. 254506).
4.2. Quanto all’istanza di dissequestro del controvalore in denaro dell’oro depositato, doglianza è del pari inammissibile.
Ed infatti, delle due l’una.
4.2.1. 0 il ricorrente, come sostiene il Tribunale del riesame e come afferma lo stess ricorrente nell’atto di appello e nel ricorso, è un mero «creditore», e allora nel caso in esam applicabile la disciplina di cui all’articolo 52 d. Igs. 159 del 2011, il cui comma 2, stabilisc crediti di cui al comma 1 (ossia i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi d anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequ devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli articoli 57, 58 e 59, per cui liquidazione deve seguire una precisa scansione logico-temporale, che prevede:
l’indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l’elenco nominativo di coloro vantano diritti reali di godimento o garanzia o diritti personali sui beni, con l’indicazione cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto (art. 57, comma 1);
l’assegnazione ai creditori, da parte del giudice delegato, di un termine perentorio, n superiore a sessanta giorni, per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi dir fissa la data dell’udienza di verifica dei crediti entro i sessanta giorni successivi (art. 57, 2);
la presentazione al giudice delegato di domanda di ammissione del credito (art. 58, comma 1);
l’esame, da parte dell’amministratore giudiziario, delle domande di ammissione e la redazione da parte di costui di un «progetto di stato passivo», in cui rassegna le proprie motivat conclusioni sull’ammissione o sull’esclusione di ciascuna domanda (art. 58, comma 5-bis);
la celebrazione di una udienza per la verifica dei crediti in cui il giudice verifica le dom indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere, con indicazione delle eventuali caus
di prelazione, e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo succintament i motivi dell’esclusione (art. 59);
la formazione, all’esito dell’udienza, dello stato passivo, reso esecutivo con decre depositato in cancelleria e comunicato all’Agenzia nazionale dei beni tonfiscati;
il pagamento, solo dopo l’irrevocabilità del provvedimento di confisca, dei credito ammessi al passivo da parte dell’Agenzia.
4.2.2. Oppure il ricorrente deve ritenersi «contraente», .e allora troverà applicazione disciplina del codice antimafia relativa ai contratti in corso al momento del sequestro, la qu prevede che sia l’amministratore giudiziario – ove autorizzato alla prosecuziOne dell’attività adempiere del contratto alla sua scadenza, salva la necessità dell’autorizzazione del giudice delegato ove si tratti di atto eccedente l’ordinaria amministrazione, e che invece la disciplin cui all’articolo 52 possa trovare applicazione nel solo caso in cui sia stata disposta la risoluz del contratto ai sensi dell’articolo 56, comma 4, del decreto.
Nel caso in esame, gli istanti, come visto, rivolgevano istanza di dissequestro al GIP, che l rigettava con il provvedimento del 23 novembre 2023 (citato anche nel provvedimento impugnato); in tale occasione, il GIP rammentava la necessità dell’autorizzazione per la vendita del giudice delegato, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione.
Il 3 gennaio 2024 il GIP, come evidenziato anche nel ricorso, dava atto della circostanza che i contratti sottoscritti con RAGIONE_SOCIALE per l’attivazione del prodotto «Conto tesoro» sono «validi e efficaci», per cui «le varie opzioni contemplate dal contratto potranno essere azionate nelle forme e con la tempistica previste dal contratto stesso», ferma restando la necessaria autorizzazione del g.d..
E’ pertanto evidente che la strada prescelta dalla odierna ricorrente non è quella tracciat dal decreto legislativo n. 159 del 2011, il quale prevede invece che l’istanza venga avanzata all’amministratore giudiziario, il quale debba chiedere l’autorizzazione al giudice delegato pe compimento di atto di straordinaria amministrazione e che, solo in caso di diniego dell’autorizzazione, tale ultimo provvedimento (e non quello che decide sulla istanza d dissequestro) potrà essere impugnato con le forme dell’appello cautelare.
4.3. Il ricorso è pertanto inammissibile in quanto proposto al di fuori dei casi previsti legge.
Sfugge ovviamente ai limiti del presente procedimento una più approfondita disamina della questione concreta (del resto incompatibile sia con la inevitabile fluidità del contesto processua che con la limitata conoscenza degli atti del procedimento da parte del Collegio), che sarà compito dell’autorità giudiziaria procedente dirimere alla luce delle concrete risulta investigative.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente pagamento delle spese processuali.
3)
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’one delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della
Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616
cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025.