LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dissequestro beni terzo: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un investitore per il dissequestro beni terzo, nello specifico una quantità d’oro. L’investitore, pur riconosciuto in buona fede, vede il suo diritto di proprietà trasformato in un diritto di credito da esercitare secondo le procedure del Codice Antimafia. L’inammissibilità deriva dalla natura ripetitiva dell’appello e dalla sopravvenuta carenza di interesse, poiché i beni erano già stati venduti e il ricavato versato in un fondo statale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dissequestro beni terzo: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Quando un soggetto estraneo a un reato vede i propri beni coinvolti in un sequestro penale, si apre una complessa questione giuridica. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 26422 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla tutela del terzo in buona fede e sui limiti procedurali per ottenere il dissequestro beni terzo. Questo caso analizza la situazione di un investitore il cui oro, legittimamente acquistato, è stato inglobato nel patrimonio di una società sottoposta a sequestro preventivo per reati tributari.

I fatti del caso: l’investimento in oro e il sequestro

Un cittadino aveva investito in oro fisico attraverso un prodotto finanziario denominato “Conto Tesoro”, stipulato con una società di gestione di metalli preziosi. Successivamente, la società è stata oggetto di un’indagine per reati tributari, che ha portato al sequestro preventivo di tutti i suoi beni, incluso l’oro depositato dai clienti.
L’investitore, ritenendosi un terzo estraneo ai fatti e proprietario dell’oro, ha presentato un’istanza per ottenere il dissequestro e la restituzione del metallo prezioso o, in alternativa, del suo controvalore in denaro. La sua richiesta è stata però respinta sia dal Giudice per le indagini preliminari sia, in sede di appello, dal Tribunale della Libertà.

Il percorso del dissequestro beni terzo davanti alla Corte

Il caso è quindi approdato in Corte di Cassazione. Il ricorrente ha sostenuto l’erronea applicazione della legge, evidenziando la sua assoluta buona fede e l’assenza di qualsiasi collegamento con le attività illecite della società. Ha argomentato che il contratto di investimento era valido ed efficace e che il suo diritto di proprietà sull’oro doveva essere tutelato, separandolo dal patrimonio aziendale sequestrato.
Il Tribunale, tuttavia, aveva dichiarato l’appello inammissibile, sottolineando come l’oro dell’investitore fosse materialmente indistinguibile da quello della società e come, a seguito della vendita autorizzata dal giudice, il diritto di proprietà si fosse ormai trasformato in un mero diritto di credito. Questo cambiamento, secondo il Tribunale, imponeva all’investitore di seguire una procedura diversa per il recupero del suo avere.

La decisione della Cassazione: perché il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di inammissibilità, basando la sua pronuncia su due argomenti principali.
In primo luogo, ha rilevato che l’appello proposto al Tribunale era meramente ripropositivo di un’istanza già respinta in precedenza, senza addurre nuovi elementi di fatto o di diritto. La procedura delle impugnazioni cautelari non permette di ripresentare le stesse questioni già decise, se non in presenza di novità significative.
In secondo luogo, e in modo dirimente, la Corte ha evidenziato la carenza di un interesse concreto e attuale al dissequestro. L’amministratore giudiziario, infatti, aveva già ottenuto l’autorizzazione a vendere l’oro sequestrato e a versare il ricavato al Fondo Unico di Giustizia. Di conseguenza, il bene fisico non esisteva più, e l’investitore non poteva più ottenerne la restituzione in natura.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, in una situazione del genere, il diritto reale del terzo sul bene si converte in un diritto di credito sul suo controvalore monetario. La tutela per il terzo in buona fede non svanisce, ma si sposta dal procedimento cautelare penale a una procedura specifica, assimilabile a quella concorsuale, disciplinata dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011).
L’investitore è stato quindi riconosciuto come un creditore della società e, come tale, dovrà presentare una domanda di ammissione del proprio credito nell’ambito della procedura di verifica dei crediti vantati nei confronti della società i cui beni sono stati sequestrati. Sarà in quella sede che la sua buona fede, già riconosciuta, costituirà un presupposto essenziale per ottenere un esito positivo e recuperare il valore del suo investimento.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale per chiunque si trovi nella posizione di terzo proprietario di beni coinvolti in un sequestro penale. Non è sufficiente dimostrare la propria buona fede per ottenere automaticamente il dissequestro beni terzo. Se il bene è fungibile e confuso con il patrimonio del soggetto indagato, e soprattutto se viene venduto nel corso della procedura, la tutela del terzo si trasforma: da una richiesta di restituzione del bene si passa a una richiesta di ammissione di un credito. È quindi cruciale attivare i corretti strumenti procedurali previsti dal Codice Antimafia per far valere i propri diritti e ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese economiche.

Un terzo in buona fede può sempre ottenere il dissequestro dei propri beni?
No, non automaticamente. Come dimostra questa sentenza, anche se la buona fede del terzo è riconosciuta, il suo diritto di proprietà su un bene sequestrato può essere convertito in un diritto di credito, specialmente se il bene è stato venduto. In tal caso, dovrà seguire una specifica procedura per recuperare il valore del bene.

Perché il ricorso dell’investitore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: 1) era una semplice ripetizione di un’istanza precedente già rigettata, senza presentare nuovi elementi; 2) l’investitore non aveva più un interesse concreto e attuale al dissequestro, poiché l’oro era già stato venduto dall’amministratore giudiziario, trasformando il suo diritto in una pretesa monetaria.

Quale tutela è prevista per l’investitore i cui beni sono stati sequestrati e poi venduti?
La tutela prevista è quella del creditore. L’investitore deve far valere il suo diritto di credito partecipando alla procedura di verifica dei crediti nei confronti della società sotto sequestro, come disciplinato dagli articoli 57 e seguenti del Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). La sua buona fede sarà un presupposto fondamentale per il riconoscimento del suo credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati