Dispositivo e Motivazione: La Cassazione Chiarisce la Prevalenza in Caso di Contrasto
Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio fondamentale. Un ritardo di un solo giorno nel depositare un atto di appello può comprometterne l’ammissibilità, vanificando il diritto di difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4762/2024, affronta una questione cruciale: cosa succede quando c’è un contrasto tra dispositivo e motivazione riguardo al termine per il deposito della sentenza? La Corte fornisce una risposta netta, ribadendo un principio di garanzia fondamentale per l’imputato.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da una decisione della Corte di appello di Roma, che aveva dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello proposto da un imputato contro una sentenza del Tribunale. Secondo la Corte di appello, l’atto era stato depositato oltre i termini di legge.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un errore di calcolo da parte della Corte territoriale. La difesa ha evidenziato come, al termine dell’udienza di primo grado, il giudice avesse letto il dispositivo della sentenza, riservandosi espressamente 30 giorni per il deposito della motivazione. L’atto di appello era stato depositato nel pieno rispetto di tale termine. Tuttavia, nella sentenza depositata in cancelleria, questo riferimento al termine di 30 giorni era stato omesso, inducendo la Corte di appello a considerare applicabile un termine più breve e, di conseguenza, a giudicare tardivo il gravame.
La Questione del Contrasto tra Dispositivo e Motivazione
Il nucleo del problema legale risiede nella difformità tra due momenti cruciali del processo decisionale del giudice. Da un lato, abbiamo il dispositivo, cioè la decisione letta in pubblica udienza, che rappresenta il primo momento in cui le parti vengono a conoscenza dell’esito del giudizio. Dall’altro, la motivazione, depositata successivamente, che contiene le argomentazioni logico-giuridiche a sostegno di quella decisione.
Quando questi due atti presentano delle discrepanze su elementi procedurali essenziali, come il termine per il deposito della motivazione (dal quale dipendono i termini per l’impugnazione), sorge la necessità di stabilire quale dei due debba prevalere per garantire la certezza del diritto e il corretto esercizio del diritto di difesa.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputato, annullando senza rinvio l’ordinanza della Corte di appello. I giudici di legittimità hanno verificato gli atti e confermato che il dispositivo letto in udienza dal Tribunale conteneva effettivamente la riserva di 30 giorni per il deposito delle motivazioni.
La Corte di appello, non avendo rilevato questa difformità e basandosi unicamente sul testo della sentenza depositata (che non menzionava il termine), aveva erroneamente ritenuto l’appello tardivo. La Cassazione ha corretto questo errore, riaffermando un principio consolidato in giurisprudenza.
Le motivazioni
Nelle motivazioni, la Cassazione ha ribadito con forza che, in caso di divergenza tra dispositivo e motivazione riguardo al termine per il deposito della sentenza, deve sempre prevalere il termine indicato nel dispositivo letto in udienza. Questo perché il dispositivo è l’atto che cristallizza la volontà del giudice al momento della decisione e sul quale le parti fanno legittimo affidamento per calcolare i termini per le successive attività processuali, inclusa l’impugnazione.
I giudici hanno specificato che tale termine non può essere modificato successivamente se non attraverso la specifica procedura di correzione prevista dall’art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen., cosa che nel caso di specie non era avvenuta. La difesa dell’imputato, quindi, aveva correttamente calcolato il termine per appellare basandosi sul dato certo e pubblico della lettura del dispositivo in udienza. L’appello, depositato il 23 marzo 2023, risultava pienamente tempestivo, poiché il termine finale, calcolato sui 30 giorni di riserva più gli ulteriori termini di legge, scadeva il 12 aprile 2023.
Le conclusioni
La sentenza in esame rappresenta un importante baluardo a tutela del diritto di difesa. Essa stabilisce un principio di certezza e affidabilità: gli avvocati e i loro assistiti devono poter contare su quanto viene dichiarato pubblicamente dal giudice in udienza per pianificare la propria strategia difensiva. Qualsiasi successiva incongruenza nel testo scritto, se non formalmente corretta, non può pregiudicare i diritti della difesa. La decisione annulla l’ordinanza impugnata e restituisce gli atti alla Corte di appello, che dovrà ora esaminare l’appello nel merito, assicurando che il processo segua il suo corso naturale.
 
Cosa succede se il termine per depositare la motivazione indicato nel dispositivo letto in udienza è diverso da quello che appare nella sentenza scritta?
Secondo la Corte di Cassazione, in caso di divergenza, prevale sempre il termine indicato nel dispositivo letto in udienza, poiché è su questo che le parti fanno legittimo affidamento.
Perché l’appello, inizialmente dichiarato inammissibile, è stato poi considerato tempestivo?
L’appello è stato considerato tempestivo perché la difesa ha correttamente calcolato il termine per impugnare basandosi sulla riserva di 30 giorni per il deposito della motivazione, come annunciato nel dispositivo letto in udienza. La Corte di appello aveva invece erroneamente applicato un termine più breve, non tenendo conto di tale riserva.
Qual è l’effetto della decisione della Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza che dichiarava l’appello inammissibile e ha ordinato la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma. Quest’ultima dovrà ora procedere con l’esame del merito dell’appello.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4762 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 4762  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
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sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Cina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/5/2023 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza, con trasmissione degli atti alla Corte di appello
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24/5/2023, la Corte di appello di Roma dichiarava inammissibile – perché tardivo – il gravame proposto da NOME avverso la sentenza emessa dal locale Tribunale il 12/1/2023.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo – con unico motivo – la mancanza di motivazione con riguardo all’art. 585 cod. proc. pen. La difesa avrebbe depositato l’atto di appello il 23/3/2023, dunque tempestivamente, tenuto conto che il dispositivo letto in udienza avrebbe contenuto l’espressa riserva del
a  COGNOME
deposito della motivazione in 30 giorni; questa dicitura, tul:tavia, non sarebbe stata ripresa nella sentenza depositata, con la conseguenza che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che il termine riservato dal Tribunale fosse di soli 15 giorni. In presenza di un contrasto tra dispositivo e motivazione, dunque, sarebbe il primo a prevalere, come affermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, così da doversi annullare la pronuncia impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta fondato.
Come verificato da questa Corte, la sentenza di primo grado è stata emessa dal Tribunale di Roma il 12/1/2023, con espressa riserva di deposito della motivazione in 30 giorni, come da dispositivo letto in udienza; la motivazione stessa è stata depositata il 23/1/2023, ma nel testo del dispositivo – riportato in calce – è stato omesso il riferimento al termine citato. Ebbene, la Corte di appello non ha riscontrato la difformità, e dunque ha giudicato tardivo il gravame, depositato il 23/3/2023: a giudizio del Collegio, infatti, ed anche considerando i 15 giorni aggiuntivi di cui all’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. (stante l’assenza dell’imputato, dichiarata in primo grado), i 30 giorni di cui all’art. 58 comma 1, lett. b), cod. proc. pen. scadevano il 13/3/2023.
Tanto premesso, deve essere qui ribadito che in caso di divergenza tra dispositivo e motivazione in ordine al termine per il deposito della sentenza, deve accordarsi prevalenza al termine indicato nel dispositivo letto in udienza, non essendo ammessa alcuna successiva modifica dello stesso se non mediante la procedura di cui all’art. 154, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen. (tra le molte, Sez. 2, n. 46856 del 3/11/2021, Ogundien, Rv. 282440). Ne consegue che l’appellante ha calcolato il termine per il deposito del gravame in modo corretto, a norma dell’art. 585, commi 1, lett. c) e 1-bis, cod. proc. pen., termine con scadenza il 12/4/2023, tenuto conto della riserva della motivazione in 30 giorni; l’atto depositato il 23/3/2023, pertanto, era tempestivo.
L’ordinanza in oggetto, dunque, deve essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, disponendo trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023 Il Cons,igliere estensore COGNOME Il Presidente