Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29948 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 29948 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nata a Cattolica il 23/02/1969
avverso la sentenza del 21/03/2024 della Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 marzo 2024, depositata il 28 maggio 2025, la Corte di cassazione, Sezione Quarta Penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Rimini del 19 febbraio 2022, ed ha condannato la stessa al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
L’ordinanza del Tribunale di Rimini del 19 febbraio 2022 aveva rigettato il ricorso in opposizione, ex art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, avverso il decreto con cui il medesimo Tribunale aveva revocato l’ammissione della stessa al patrocinio a spese dello Stato nell’ambito del procedimento penale n. 8240/2013.
Ha presentato ricorso straordinario per errore materiale ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della Corte di cassazione indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione, chiedendo la esatta indicazione della pena pecuniaria a favore della cassa delle ammende in mille euro, invece che in temila euro.
Si deduce che la sentenza emessa dalla Corte di cassazione, Sez. 4, n. 20826 del 21/03/2024, nei confronti di NOME COGNOME è incorsa in errore materiale laddove, nel dispositivo, ha condannato la medesima al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, in quanto, in motivazione, al punto 10, ha indicato testualmente: «All’inammissibilità del ricorso, segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. N. 186/2000)». Si osserva che deve ritenersi corretto l’importo di mille euro, perché fissato in una misura intermedia tra i minimo ed il massimo indicati dall’art. 616 cod. proc. pen., e perché manca l’indicazione di specifiche ragioni tali da determinarne l’aumento. Si aggiunge che l’istanza, avendo ad oggetto la richiesta di correzione di un errore materiale, non è soggetta termini di decadenza, in quanto, a norma dell’art. 625-bis, comma 3, cod. proc. pen., «L’errore materiale di cui al comma 1 può essere rilevato dalla Corte di cassazione, d’ufficio, in ogni momento e senza formalità».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Il ricorso denuncia un errore materiale nel dispositivo della sentenza impugnata, laddove ha fissato la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende in tremila euro, posto che, in motivazione, l’importo di questa è stato indicato in mille euro.
2.1. Come già osservato in giurisprudenza, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo può essere derogata a condizione che questo sia viziato da un errore materiale obiettivamente rilevabile e che da esso, quale espressione della volontà decisoria del giudice, non derivi un risultato più favorevole per l’imputato (Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, Alnnanza, Rv. 284057 – 04).
Detta conclusione è affermata in particolare perché «la possibilità di modificare con la motivazione il dispositivo, anche quando questo non è inficiato t f i da errori materiali obiettivamente rilevabili dagli atti, determinerebbe l I
sostanziale vanificazione sia della regola della immediatezza della deliberazione subito dopo la chiusura del dibattimento, sia della fondamentale funzione di garanzia che questa regola assume per l’imputato» (Sez. 3 n. 2351 del 2023, cit., in motivazione, § 10.1).
Altre decisioni, inoltre, hanno evidenziato che, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (così Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B., Rv. 275690 – 01; in termini omogenei, cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 35424 del 13/07/2022, COGNOME, Rv. 283516 – 01, con riguardo a fattispecie relativa alla difformità tra pena indicata in dispositivo e pena indicata in motivazione).
2.2. La sentenza impugnata, Sez. 4, n. 20826 del 31/03/2024, effettivamente quantifica la sanzione pecuniaria a carico dell’attuale ricorrente, e a favore della cassa delle ammende, in misura diversa nella motivazione rispetto al dispositivo.
Precisamente, nel dispositivo si statuisce: «Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende».
In motivazione, invece, si afferma: «All’inammissibilità del ricorso, segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. N. 186/2000)».
2.3. In applicazione dei principi giuridici richiamati e degli elementi di fatto d considerare, deve escludersi che il dispositivo della sentenza impugnata sia viziato da un errore materiale.
In primo luogo, infatti la misura della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende fissata nel dispositivo della sentenza impugnata, e pari a tremila euro, non può certo dirsi erronea o eccentrica. Invero, l’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., nel secondo periodo, prevede: «Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065, che può essere aumentata fino al triplo, tenuto conto della causa di inammissibilità del ricorso». E, anche nella prassi, è dato riscontrare molteplici decisioni che, dichiarando l’inammissibilità del ricorso per cassazione, condannano il ricorrente al pagamento della somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende.
In secondo luogo, poi, la motivazione della sentenza impugnata, in punto di motivazione sulla misura della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle
ammende non contiene “elementi certi e logici” per ritenere che il Giudice volesse applicare una sanzione diversa e che, quindi, l’errore materiale attenga al
dispositivo e non, invece, proprio alla motivazione.
Di conseguenza, non vi sono elementi validi per ritenere che sussista un errore materiale nel dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui fissa la misura
della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende in tremila euro.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della
cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/06/2025.