Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22006 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22006 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PALERMO il 10/08/1994 avverso l’ordinanza del 21/01/2025 della Corte d’appello di Palermo udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che chiede l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo con provvedimento in data 21 gennaio 2025 precisava che la pena complessivamente inflitta a COGNOME NOME con la sentenza della medesima Corte in data 25 giugno 2024, irrevocabile il 23 novembre 2024, era riferita esclusivamente ai reati per cui si procedeva in quel giudizio e per i quali vi era stata condanna.
L’impulso a tale precisazione emergeva da una sollecitazione del Procuratore Generale che chiedeva – previa rideterminazione della pena complessiva individuata in ragione del provvedimento di continuazione – la sospensione dell’ordine di esecuzione.
La Corte precisava che l’inciso contenuto in motivazione, del tenore ‘ulteriormente aumentata per la continuazione con i reati già giudicati con le predette sentenze’ era frutto di un errore materiale che non trovava corrispondenza alcuna nel dispositivo della predetta sentenza, dovendosi intendere tale passaggio come ‘ulteriormente aumentata per la continuazione con i residui reati per cui si procede’.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso il condannato tramite il difensore di fiducia lamentando la violazione degli artt. 130 e 546 cod. proc. pen.
Il ricorrente rilevava come nella sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo, a fronte di una istanza difensiva volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra i fatti oggetto del procedimento e i fatti di cui ad altre tre distinte sentenze di condanna, la Corte avesse affermato a pag.16 ‘si ritiene di poter mettere in continuazione la presente sentenza con quelle indicate dalla difesa dell’imputato’ e dunque come ciò che il provvedimento impugnato ha fatto Ł non di emendare un errore materiale fra la formale decisione e il suo contenuto, ma Ł una modifica sostanziale del contenuto medesimo, eliminando il riconoscimento della continuazione con i fatti di cui ad altre sentenze.
L’operazione effettuata dalla Corte esula dai confini operativi dell’istituto della correzione materiale, come definiti anche dalla giurisprudenza di questa Corte.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’impugnato provvedimento.
R.G.N. 5921/2025
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e deve essere rigettato.
1.1 Nel caso in esame si apprezza una discrasia fra il dispositivo della sentenza di condanna di COGNOME Antonio, emessa dalla Corte di Appello in data 25 giugno 2024 e la motivazione della medesima; nel dispositivo, infatti, la pena Ł stata determinata con riferimento unicamente ai reati per i quali si procedeva in quel giudizio, mentre nella motivazione si fa cenno ad un aumento di pena, previo riconoscimento della continuazione con ulteriori sentenze di condanna di cui non vi Ł menzione nel dispositivo.
L’impugnato provvedimento – emesso su sollecitazione del PG – del tutto correttamente precisa che la pena inflitta Ł quella determinata in ragione del tenore letterale del dispositivo nel quale nessun cenno si fa alla continuazione con altre e differenti sentenze di condanna.
Ovviamente il giudice dell’esecuzione ha emesso un provvedimento interpretativo sulla scorta del tenore letterale della sentenza in oggetto, posto che, secondo un insegnamento di questa Corte cui si ritiene di dovere dare continuità, il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne espliciti il contenuto e i limiti, ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, che siano necessari per le finalità esecutive. (Sez. 1, n. 7512 del 31/01/2025, COGNOME, Rv. 287559 – 01).
Il contrasto interpretativo fra dispositivo e motivazione Ł stato risolto dal giudice dell’esecuzione correttamente, facendo ricorso alla interpretazione letterale del provvedimento e dando prevalenza al dispositivo sulla motivazione, secondo un indirizzo reiteratamente espresso dalla giurisprudenza di legittimità che, in linea generale e senza distinzioni, assegna al dispositivo la funzione monopolistica circa l’affermazione definitiva della volontà decisoria del giudice (ex multis, Sez. 2, n. 15986 del 07/01/2016, COGNOME Rv. 266717 – 01).
Tale granitico principio ha, per la verità, subito una parziale erosione, poichØ si Ł affermato che, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo quale immediata espressione della volontà decisoria del giudice non Ł assoluta ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione dell’eventuale pregnanza degli elementi, tratti dalla motivazione, significativi di detta volontà (Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano, Rv. 267082 – 01).
Nel medesimo senso questa Corte ha affermato che in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo può essere derogata a condizione che questo sia viziato da un errore materiale obiettivamente rilevabile e che da esso, quale espressione della volontà decisoria del giudice, non derivi un risultato piø favorevole per l’imputato. (Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284057 – 04).
Sempre in un’ottica di contemperamento fra le due parti della decisione, si Ł affermato che in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non Ł assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso. (Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B., Rv. 275690 – 01)
Il provvedimento impugnato non ha rilevato alcun elemento a livello motivazionale che potesse orientare verso una diversa interpretazione del dispositivo che, dunque, deve essere ritenuto prevalente sulla motivazione anche in ragione, come rilevato dal giudice dell’esecuzione, della dosimetria sanzionatoria – come esplicitata nelle sentenza della Corte di Appello – che non fa alcun cenno ad aumenti di pena determinati dalla riconosciuta continuazione con reati giudicati da altre sentenze, ma solo tra i reati oggetto di contestazione nello stesso procedimento definito.
Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, dunque, il provvedimento impugnato non ha fatto indebito ricorso alla procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen. per sostituire una parte di motivazione, ma ha esplicato i poteri interpretativi del giudicato per consentirne la esecutività in conformità alla volontà punitiva espressa nel titolo.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 10/04/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME