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Disegno criminoso: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra due sentenze. La Corte ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, sottolineando che non basta la vicinanza temporale o la somiglianza dei reati per provare un unico disegno criminoso, specialmente quando le condotte rivelano un’abitualità a delinquere piuttosto che un piano prestabilito.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Disegno Criminoso: Quando la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

L’istituto della continuazione, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, permette di unificare più condanne sotto il vincolo di un unico disegno criminoso, portando a un trattamento sanzionatorio più favorevole. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una prova rigorosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro il diniego di tale beneficio, specialmente quando le condotte illecite sembrano derivare più da un’abitudine a delinquere che da un piano preordinato.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già condannato con due distinte sentenze, presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati. L’obiettivo era unificare le pene in virtù di un presunto medesimo disegno criminoso che avrebbe ispirato entrambe le condotte. Il Giudice, tuttavia, rigettava la richiesta, sostenendo che il condannato non avesse fornito elementi specifici e concreti a supporto della sua tesi. Anzi, le circostanze e le modalità dei reati apparivano completamente diverse, tali da escludere un’ideazione unitaria e anticipata.

La Decisione della Corte e il concetto di Disegno Criminoso

Contro l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione. Lamentava la violazione dell’art. 671 c.p.p. e un vizio di motivazione, sostenendo che il giudice non avesse considerato indici rilevanti come l’identità delle violazioni, la vicinanza temporale e il collegamento tra i fatti.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure sollevate dal ricorrente erano eccessivamente concentrate sul merito della vicenda, tentando di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta. Il ricorso in Cassazione può vertere solo su questioni di legittimità (violazioni di legge o vizi logici della motivazione), non su una riconsiderazione delle prove.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che il provvedimento impugnato fosse immune da difetti logici o giuridici. Il Giudice dell’esecuzione aveva correttamente valorizzato come le violazioni commesse dal soggetto fossero espressione di un’abitualità criminosa, ovvero di scelte di vita ispirate alla consumazione sistematica e contingente di illeciti, piuttosto che l’attuazione di un piano premeditato. La semplice contiguità cronologica o la somiglianza dei reati non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso. Quest’ultimo, infatti, richiede la prova di un’unica deliberazione iniziale che comprenda programmaticamente tutte le successive condotte illecite. In assenza di tale prova, e di fronte a elementi che suggeriscono una tendenza a delinquere, il rigetto dell’istanza è stato considerato legittimo.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi invoca il beneficio della continuazione ha l’onere di fornire elementi concreti e specifici a sostegno della propria richiesta. Non è sufficiente appellarsi a indizi generici come la vicinanza nel tempo dei reati. I giudici devono valutare se le condotte siano il frutto di un programma unitario o, al contrario, manifestazioni di una più generale e non pianificata tendenza a commettere illeciti. Per la Corte di Cassazione, un ricorso che si limiti a contestare questa valutazione di merito, senza evidenziare palesi illogicità o violazioni di legge, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un giudice può negare l’applicazione della continuazione tra reati?
Un giudice può negare la continuazione se mancano elementi specifici e concreti che dimostrino l’esistenza di un unico e medesimo disegno criminoso. La sola vicinanza temporale o la somiglianza dei reati non sono, di per sé, sufficienti.

Qual è la differenza tra un unico disegno criminoso e l’abitualità criminosa?
Il disegno criminoso presuppone un’unica e preventiva deliberazione di commettere una serie di reati come parte di un piano unitario. L’abitualità criminosa, invece, descrive una tendenza a delinquere come scelta di vita, dove i reati sono commessi in modo sistematico ma contingente, senza un programma prestabilito che li leghi tutti.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse dal ricorrente erano rivolte al merito della valutazione fatta dal giudice, ovvero alla sua interpretazione dei fatti. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, che in questo caso sono state ritenute esenti da vizi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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