Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6422 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
La Corte dì appello di L’Aquila, con l’ordinanza emessa il 28 settembre 2023, GLYPH ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di BoulhassanXe NOME avverso la sentenza del Tribunale di Pescara del 18 ottobre 2022, in quanto tardivo perché inviato a mezzo P.e.c. in data 7 marzo 2023 (dopo che il termine era già scaduto il 3.3.2023), non potendo trovare applicazione nel caso di specie la norma di cui all’art. 585 comma 1-bis cod. proc. peri. applicabile alle sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva al 30.12.2022 (art. 89, comma 3, d.lgs. 150/22) .
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di COGNOME consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., che deduce violazione dell’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. Rappresenta il ricorrente che la sentenza del Tribunale risulta emessa il 18 ottobre 2022, con assegnazione del termine per il deposito della motivazione di giorni 90, e depositata, nel termine, il 16.1.2023, e che l’imputato era stato giudicato in assenza. Indi assume che avrebbe dovuto trovare applicazione il nuovo disposto normativo di cui all’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022, che prevede l’aumento del termine di impugnazione di giorni 15 per l’imputato giudicato in assenza, dovendosi, ai fini che occupano, avere riguardo alla data di deposito della sentenza e non a quella di emissione.
Il Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte con le quali ha chiesto rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1.Va innanzitutto precisato che riguardo al tema in esame ha già avuto modo di pronunciarsi questa Corte che con la recente sentenza Sez. 5, n. 37789 del 03/07/2023, Rv. 285148 – 01, ha – condivisibilmente – affermato che in tema di impugnazioni, il termine al quale la disciplina transitoria di cui all’art. 8 comma 3, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 àncora l’applicabilità del nuovo regime previsto agli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater e 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., va riferito al momento della lettura del dispositivo e non già a quello del
deposito della motivazione (in applicazione de! principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione – del tutto analoga a quella in scrutinio – che aveva dichiarato tardivo l’appello avverso una sentenza pronunciata prima del 30 dicembre 2022, con termine per il deposito della motivazione successivo a tale data, sul rilievo che non fosse applicabile l’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen.).
Come ha già osservato tale sentenza non si può prescindere dal dettato del comma 3 dell’art. 89 d.lgs. n. 150/2022 che disciplina in via transitoria la materia e stabilisce che «Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le soie impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto».
Tale disposizione transitoria fa espresso riferimento alle sentenze ‘pronunciate’ dopo l’entrata in vigore del decreto n. 150,22 (30.12.2022) e non è certo un caso che vengano in essa raggruppate tutte le nuove disposizioni incidenti sull’impugnazione, che hanno tutte come comune denominatore il momento della pronuncia della sentenza da impugnare; e ciò, secondo questo Collegio, ha una evidente ratio nel fatto che è quello il momento che consente di segnare con maggiore certezza il momento di applicazione delle nuove disposizioni in materia di impugnazione.
E che lo spartiacque applicativo sia da individuare nella pronuncia del provvedimento lo si trova confermato nella stessa Relazione Illustrativa che accompagna il d.lgs. n. 150/2022 che espressamente afferma che:” Parimenti di immediata applicazione, alla stregua di quanto disposto al comma 3, sono le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale, circa le nuove incombenze imposte per impugnare e i nuovi termini previsti, che, tuttavia, si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto”, aggiungendo che: “In questi casi, si è ovviamente estesa l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto, che hanno introdotto (a compensazione del maggior onere previsto per impugnare) il diritto ad una impugnazione tardiva”.
Sebbene questa Corte nel suo massimo consesso – Sez. U, Sentenza n. 27614 del 29/03/2007, P.C. in proc. COGNOME, Rv. 236537 – 01 – abbia già chiarito che ai fini dell’individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché
si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del princi “tempus regit actum” impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell’impugnazione, il legislatore riguardo alle nuove disposizioni in materia di impugnazione introdotte col d.lgs. n. 150/2022 ha ritenuto di dovere espressamente precisare, con la disposizione transitoria di cui all’art. 89 comma 3 cit., che – in virtù della regola del tempus regit actum applicabile anche in caso di impugnazione – il momento utile ai fini che occupano dovesse individuarsi nell’emissione del provvedimento.
Trattandosi di individuare un comune momento applicativo delle nuove disposizioni riguardanti l’impugnazione, lo si è, quindi, in maniera affatto irragionevole – e coerente con le ragionate direttrici segnate da questa Corte nella pronuncia a Sezioni Unite testé indicata – individuato nella pronuncia del provvedimento da impugnare, scelta che ha consentito anche di ricondurre ad unità le varie disposizioni di nuovo conio.
Né una tale impostazione è in contrasto con la ratio delle nuove disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, accomunate nella previsione di cui alla norma transitoria in argomento, che, nel loro insieme, contribuiscono a delineare la nuova configurazione dei modi e tempi dell’impugnazione, che il legislatore ha inteso predisporre al fine di assicurare maggiore certezza alla citazione a giudizio e maggiore consapevolezza, da parte dell’imputato, riguardo all’impugnazione; ed è in tale contesto che si inserisce la previsione dell’allungamento del termine funzionale al compimento dei nuovi adempimenti – che vanno a gravare sulla difesa e sull’imputato rimasto assente nel processo – e quindi alla realizzazione degli scopi delle nuove disposizioni (uno dei quali è senz’altro quello di favorire impugnazioni che siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, ad opera della parte).
1.2. A fronte del chiarissimo tenore del dettato normativo di cui al comma 3 dell’art. 89, che con l’uso del termine ‘pronunciate’ allude evidentemente al momento della lettura del dispositivo e non a quello del deposito della motivazione, rimane del tutto priva di un benchè minimo addentellato l’interpretazione offerta in ricorso che vorrebbe identificare il momento applicativo delle nuove disposizioni, e quindi anche dell’art. 585 comma 1-bis, che per quanto detto è strettamente collegato alle altre disposizioni che si muovono insieme nel rinnovato contesto normativo afferente le impugnazioni
nel momento del deposito della motivazione della sentenza in luogo di quello della pronuncia del dispositivo.
L’ancoraggio prescelto dal legislatore è frutto dell’esigenza – elaborata nella giurisprudenza di questa Corte proprio con riferimento al caso dell’impugnazione – di individuare un termine di riferimento immediatamente certo, che consenta da subito, all’entrata in vigore della nuova disciplina, di verificare a quali proces non debbano essere applicate le nuove norme in tema di impugnazione.
Peraltro – come ha già affermato l’arresto di questa Corte, n. 37789/23, indicato in premessa, non essendovi nei profili innovativi della disciplina connessioni con il contenuto della motivazione, non vi sarebbe stata ragione di fare riferimento al diverso e successivo momento del deposito della motivazione, che certamente avrebbe creato maggiori incertezze – rispetto al criterio del momento della lettura del dispositivo – dovendo verificarsi caso per caso la scadenza dei termini di deposito (deposito che potrebbe peraltro non intervenire nei tempi stabiliti dalla legge o dal giudice).
1.2.Ciò posto, si impongono delle precisazioni assumendo il ricorrente a sostegno della sua tesi argomenti tesi ad evidenziare il ruolo preminente della motivazione, nell’ambito del giusto processo voluto dall’art. 111 Cost., rispetto al dispositivo, dando essa conto, a differenza del nudo dispositivo, delle ragioni della pena applicata.
Ebbene, come ha spiegato autorevolmente la pronuncia COGNOME, indicata, “‘intuisce agevolmente che il regime di impugnabilità di una sentenza non può essere condizionato da elementi meramente aleatori, come quelli affidati alla tempestività o meno del deposito della stessa ovvero alla puntualità degli adempimenti di cancelleria o ancora alla iniziativa più o meno tempestiva della parte interessata; tanto si verificherebbe, ove si avesse riguardo al momento di presentazione dell’atto di impugnazione”; e tanto si verificherebbe anche nel caso in cui – si aggiunge – il punto di riferimento fosse il deposito dell motivazione. Per ovviare agli inconvenienti cui innanzi si è fatto cenno, il regime delle impugnazioni va ancorato, in base alla regola intertemporale di cui all’art. 11 delle preleggi, non alla disciplina vigente al momento della loro presentazione ma a quella in essere all’atto della pronuncia della sentenza, posto che è in rapporto a quest’ultimo actus e al tempus del suo perfezionamento che vanno valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, i modi e i termini per esercitarla.
“Non è fuori luogo fare richiamo, al riguardo, all’esigenza di tutela dell’affidamento maturato dalla parte “in relazione alla fissità del quadro normativo”, prosegue la sentenza COGNOME, aggiungendo, per altro verso, che “[il
potere d’impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza e non può che essere apprezzato in relazione al momento in cui questa viene pronunciata, con la conseguenza che è al regime regolatore vigente in tale momento che deve farsi riferimento, regime che rimane insensibile a eventuali interventi normativi successivi, non potendo la nuova legge processuale travolgere quegli effetti dell’atto che si sono già prodotti prima dell’entrata in vigore della medesima legge, nè regolare diversamente gli effetti futuri dell’atto (cfr. in senso conforme Sez. U. civili sent. 20/12/2006 n. 27172; S.U. penali sentenze 27/3/2002 n. 16101 e n. 16102, queste ultime in un tema non perfettamente sovrapponibile a quello in esame); laddove nel caso di specie le nuove disposizioni – è il caso di rammentare – pur non risolvendosi in delle limitazioni del diritto all’impugnazione, introducono comunque degli aggravi procedurali, degli adempimenti aggiuntivi che costituiscono in buona sostanza la ragion d’essere dell’allungamento del termine per impugnare.
Non ha mancato di aggiungere la sentenza COGNOME che “erto il legislatore può derogare a tale regola, dettando norme transitorie di diretta applicazione e destinate a disciplinare “gli accadimenti compresi nel periodo in cui si verifica un mutamento normativo”; tuttavia è facile osservare come nel caso di specie il legislatore – con scelta razionale non sindacabile – abbia scelto di individuare proprio nella pronuncia della sentenza – e ciò evidentemente anche in ragione dell’impatto delle nuove disposizioni l’actus a cui ancorare l’applicazione della nuova disciplina e ciò costituisce un dato ineludibile.
Né appare suscettibile di mettere in crisi tale impostazione l’argomento speso in ricorso riguardo alla centralità della motivazione ai fini dell’impugnazione dal momento che il termine per impugnare decorrerà pur sempre dai vari momenti temporali che l’art. 585 del codice di rito – rimasto immutato – ricollega all motivazione.
1.3. Si deve concludere riaffermando che in tema di impugnazioni, il termine al quale la disciplina transitoria di cui all’art. 89, comma 3, d.lgs. 10 ottob 2022, n. 150 àncora l’applicabilità del nuovo regime previsto agli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater e 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., va riferito al momento della pronuncia della sentenza, coincidente con la lettura del dispositivo, e non già a quello del deposito della motivazione.
Pertanto, la circostanza che la sentenza sia stata ‘pronunciata’ mediante lettura del dispositivo (cfr. art. 533, comma 1, cod. proc. pen.) il 18 ottobre 2022, quindi prima del 30 dicembre 2022, esclude che dovesse trovare applicazione il nuovo regime in tema di assenza ai fini dell’impugnazione, e dunque che il difensore si dovesse munire del mandato ex art. 581, comma 1 -quater e
dovesse essere ‘garantito’ a tal fine dal termine aggiuntivo di 15 giorni previsto dall’art. 585, comma 1- bis cod. proc. pen. – a nulla rilevando, per quanto detto, l’assegnazione del termine per il deposito della motivazione di giorni 90, venuto a scadere, con relativo deposito nel termine, il 16.1.2023, ossia successivamente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Consegue che correttamente la Corte di appello ha dichiarato tardivo l’appello proposto nel caso di specie avverso una sentenza pronunciata prima del 30 dicembre 2022, con termine per il deposito della motivazione successivo a tale data, sul rilievo che non fosse applicabile l’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen.
2.Consegue altresì che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di rito, al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/1/2024.