Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10427 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10427 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore di P.C. AVV_NOTAIO del foro di MILANO deposita conclusioni scritte, alle quali si riporta, unitamente alla nota spese.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 febbraio 2023, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del delitto di cui all’art. 595, comma 3, cod. pen., per avere, pubblicando, nel febbraio 2018, un post sul social media facebook, rivolto espressioni offensive nei confronti del Comune di Buccinasco, accusando l’ente di avergli irrogato una sanzione pecuniaria “perché ha offeso un boss”, e, inoltre, di usare “mezzucci per giustificare la RAGIONE_SOCIALE“, di “andare in soccorso di una ‘ndrina mafiosa e di fare la multa a chi fa satira”, di allearsi così “palesemente con la mafia”, di “puntare subdolamente sul quieto vivere attraverso mezzi intimidatori”, irrogando al predetto la pena di 1.500 euro di multa e condannandolo a risarcire l’ente locale, costituitosi parte civile, con la somma di euro 10.000.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte osservava che:
la premessa all’odierna vicenda era costituita dalle sanzioni pecuniarie inflitte alla RAGIONE_SOCIALE, agenzia RAGIONE_SOCIALE facente riferimento al prevenuto, per l’affissione non autorizzata di manifestini, sulla recinzione della pista di pattinaggio e nella bacheca degli avvisi del Comune, ritraenti NOME COGNOME (personaggio conosciuto per i suoi trascorsi criminali e per il ruolo di vertice ricoperto nel clan ‘ndranghetista omonimo) in sembianze femminili;
le espressioni usate nei post pubblicati su facebook, riportate in imputazione, e che avevano costituito la reazione dell’imputato alla irrogazione delle predette sanzioni, costituivano un’indubbia offesa alla reputazione del Comune di Buccinasco, finendolo per indicare come colluso con la ‘RAGIONE_SOCIALE;
non si ravvisava scriminante alcuna, in assenza del necessario requisito della verità della notizia (oltretutto, in precedenza, il prevenuto stesso aveva condotto una campagna antimafia proprio in collaborazione con il sindaco del comune di Buccinasco) e della continenza delle espressioni usate.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
Premessa la rassegna delle norme relative alla valutazione della prova raccolta in giudizio, e particolarmente della prova indiziaria, se ne deduceva la manifesta illogicità del percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale.
La Corte d’appello, infatti, non aveva adeguatamente valutato la sussistenza della scriminante del diritto di satira. L’imputato, infatti, aveva espresso un
giudizio ironico sulla vicenda di cui era stato protagonista e non aveva, del resto, addebitato al Comune di Buccinasco alcuna concreta condotta.
Come, peraltro, satirica era anche la rappresentazione del NOME in panni femminili.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte inviava una memoria scritta con la quale concludeva per l’inammissibilità del ricorso.
Depositava memoria il difensore della parte civile chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, con la liquidazione delle spese del grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In relazione al diritto di satira, come scriminante di una condotta di diffamazione si è, infatti, precisato che:
in tema di diffamazione, ricorre l’esimente dell’esercizio dei diritti di critic e di satira politica nel caso in cui le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella for scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un’aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale (Sez. 5, n. 9953 del 15/11/2022, COGNOME, Rv. 284177; Sez. 5, n. 320 del 14/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282871);
in tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esimente del diritto di critica nella forma satirica sussiste quando l’autore presenti, in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e all dissacrazione di persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa, e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino storicamente false (Sez. 5, n. 34129 del 10/05/2019, Melia, Rv. 277002).
Dati i ricordati criteri, risulta evidente come, nelle espressioni rivolte dall’imputato all’ente locale, sia innanzitutto carente lo stesso requisito proprio della satira, l’utilizzo di forme lessicali scherzose ed ironiche.
Queste, infatti, al più potevano considerarsi essere quelle usate per dileggiare NOME COGNOME (ritraendolo in sembianze femminili) ma non certo nelle parole
rivolte all’ente che l’aveva sanzionato (non ingiustamente, per quanto risulti nel presente processo) per l’affissione non autorizzata di quei manifestini.
Nei confronti del Comune di Buccinasco, infatti, le espressioni provenienti dall’imputato non sono affatto scherzose o ironiche, visto c:he si era affermato come il procedimento sanzionatorio nei suoi confronti costituiva la riprova di una prossimità dell’ente al contesto malavitoso in cui NOME COGNOME era accusato di avere operato.
Né può rinvenirsi, nelle medesime parole del prevenuto, l’esercizio di un legittimo diritto di critica (e non più di satira), posto che manca del tutto, in esse il necessario riferimento alla verità (o anche solo alla verosimiglianza) di quanto sostenuto, l’avere l’ente sostenuto le parti di un malavitoso, sempre considerando che non si era neppure allegata l’eventuale illegittimità, in diritto ed in fatto, del sanzioni pecuniarie irrogate all’imputato.
Non resta allora che prendere atto dell’assenza di vizi logici manifesti nella motivazione della Corte di appello di conferma della sentenza, di prime cure, di condanna del prevenuto.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che si stima equo liquidare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3.500, oltre accessori di legge.
Così deciso, in Roma il 30 gennaio 2024.