Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8110 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8110 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 13/12/2022 emessa dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Milano per nuovo giudizio; lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, che ha richiesto l’annullamento con rinvio in accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Milano con la sentenza impugnata ha confermato la sentenza emessa in data 17 dicembre 2019 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Monza che ha condannato NOME COGNOME per il reato di falsa testimonianza commesso in Monza il 14 settembre 2018.
Il difensore di NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge per nullità della sentenza di appello conseguente alla mancata traduzione dell’imputato detenuto che aveva richiesto di partecipare personalmente all’udienza.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio per violazione di legge rispetto alla qualifica di teste reticente e non renitente, per gli effetti che ne derivano sulla possibilità di ritrattazione prima della trasmissione degli atti in Procura.
Si deve dare atto che il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, commi 8 e 9, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, come prorogato dall’art. 94 del d.lgs. n. 150 del 2022, modificato dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato e comporta l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con assorbimento del secondo motivo.
Dagli atti allegati al ricorso si evince che il ricorrente, ristretto in stat detenzione presso la Casa circondariale di Monza, ha avanzato personalmente tramite l’Ufficio Matricola in data 3 novembre 2022, la richiesta di partecipazione all’udienza fissata per il giorno 13 dicembre 2022 per il giudizio di appello.
Dal verbale della sopra menzionata udienza, svoltasi nella forma del contraddittorio cartolare, si evince che l’indagato non è stato presente all’udienza, in quanto l’ordine di traduzione è stata revocato sul rilievo che il processo si sarebbe svolto senza la partecipazione delle parti ex art. 23-bis d.l. 137/2020.
E’ stato già affermato nella giurisprudenza di legittimità che nel giudizio di appello, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid19, la richiesta dell’imputato di partecipazione personale all’udienza determina l’applicazione del rito ordinario, non essendo necessaria la richiesta di discussione orale da parte del difensore ove sia stato l’imputato a manifestare la volontà di partecipare all’udienza (Sez. 6, n. 1167 del 30/11/2021, G., Rv. 282400).
L’art. 23-bis della legge 18 dicembre 2020, n. 176, espressamente dedicato al processo penale di appello – la cui applicazione è stata prorogata per le impugnazioni proposte fino al quindicesimo giorno successivo al 31 dicembre 2023 ex art. 17 del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla L. 10 agosto 2023, n. 1129, e da ultimo con il D.L. 30 dicembre 2023, n.215 per le impugnazioni proposte fino al 30 giugno 2024, attraverso la modifica della norma transitoria di cui all’art. 94, comma 2, del d.lgs 10 ottobre 2022, n.150 – prevede, infatti, che ad eccezione dei casi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex
art. 603 cod. proc. pen., le udienze di appello si celebrano in camera di consiglio, senza la partecipazione del pubblico ministero e dei difensori, salvo che le parti private o il pubblico ministero espressamente richiedano la discussione orale ovvero che «l’imputato manifesti la volontà di comparire» (comma 1).
Il comma 4 del cit. art., nel regolare le modalità e le forme della richiesta di discussione e partecipazione all’udienza dispone poi, testualmente, che “La richiesta di discussione orale e’ formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed e’ trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalita’ l’imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all’udienza”.
La questione se la richiesta presentata tempestivamente dall’imputato, ma personalmente e non in via telematica tramite il proprio difensore, debba ritenersi inammissibile è stata già oggetto di decisioni contrastanti nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione.
Secondo un primo orientamento (Sez. 3, n. 3958 del 12/11/2021, D., Rv. 282888) è stato affermato che l’omessa traduzione dell’imputato detenuto h che abbia richiesto di comparire all’udienza determina una nullità assoluta ed insanabile del giudizio e della relativa sentenza, solamente se la richiesta da parte dell’imputato sia stata presentata per il tramite del difensore e nelle forme previste, non essendo consentito né previsto che l’imputato possa provvedervi personalmente, anche in considerazione della necessità della trasmissione telematica ai sensi dell’articolo 24 del decreto medesimo, prevista dal comma secondo dell’art. 23 -bis cit.
Secondo l’opposto orientamento, si è affermato, invece, che ritenere, anche in assenza di una previsione espressa, la richiesta inammissibile o preclusa, introdurrebbe delle limitazioni non consentite al diritto dell’imputato di partecipare al processo (Sez. 6, n. 15139 del 11/11/2021, dep. 2022, Zitouni, Rv. 28314).
Il collegio ritiene senz’altro preferibile questo secondo orientamento che appare in linea con la decisione delle Sezioni Unite, che in relazione al giudizio di appello di un processo celebrato nelle forme del rito abbreviato, hanno affermato che il diritto fondamentale dell’imputato di essere presente nel giudizio camerate in cui si decide sulla sua responsabilità non può essere sottoposto a limitazioni di forma, essendosi affermato che la mancata traduzione all’udienza camerate d’appello, perchè non disposta o non eseguita, dell’imputato che abbia tempestivamente manifestato “in qualsiasi modo” la volontà di comparire e che si
trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale, determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza (Sez. U., n. 35399 del 24/06/2010, F., RV. 247836).
D’altra parte, il diritto-dovere del giudice di sentire personalmente l’imputato, e il diritto di quest’ultimo di essere ascoltato dal giudice che dovrà giudicarlo, rientrano nei principi generali d’immediatezza e di oralità cui s’informa l’attuale sistema processuale ed è conforme ai principi enucleabili dall’art. 111 Cost., dall’art. 6, comma terzo, lett. c), d) ed e), della Cedu, dall’art. 14, comma terzo, lett. d), e) ed f) del Patto internazionale sui diritti civili e politici e da affermato da Corte Cost. nella sentenza n. 45 del 1991.
Conseguentemente, in considerazione del carattere eccezionale e derogatorio che riveste in AVV_NOTAIO la normativa emergenziale epidemiologica rispetto alle ordinarie regole di svolgimento del processo penale, e delle conseguenti limitazioni che essa introduce, detta disposizione deve essere necessariamente interpretata in termini restrittivi, per non pregiudicare il fondamentale diritto dell’interessato di partecipare personalmente al giudizio e di essere presente soprattutto se egli sia sottoposto a restrizioni della libertà personale.
Pertanto, la violazione del diritto dell’imputato di partecipare all’udienza integra una nullità assoluta, allorchè la richiesta di presenziare sia pervenuta in tempo utile per disporne la traduzione, come avvenuto incontestabilmente nel caso in esame, tenuto conto della sua presentazione trenta giorni prima dell’udienza.
Come precisato dalle Sezioni Unite con la citata sentenza n. 35399 del 24/06/2010, Rv. 247836, la mancata traduzione all’udienza d’appello, perchè non disposta o non eseguita, dell’imputato che si trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale, e che abbia tempestivamente manifestato in qualsiasi modo la volontà di comparire e che si trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale, determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Nel caso di omessa traduzione è stato detto che l’avviso non può svolgere in concreto l’unica funzione che gli è propria, quella della vocatio in iudicium che può definirsi tale solo in quanto rivolta a chi ad essa sia in grado di rispondere (Sez. U. n. 35399 del 24/06/2010, Rv. 247836).
Ne consegue la nullità dell’udienza e della sentenza impugnata, che va dunque annullata con rinvio e trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2024 Il Con GLYPH e estensore
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