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Diritto di essere sentito: quando è garantito al detenuto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che lamentava la violazione del suo diritto a partecipare all’udienza in videocollegamento. La sentenza chiarisce che il detenuto fuori distretto ha il diritto, su specifica richiesta, di essere ‘sentito personalmente’, non un generico diritto a ‘partecipare’. La mancata audizione, inoltre, genera una nullità non assoluta, che viene sanata se il difensore presente non solleva eccezioni. Il caso riguardava anche una richiesta di applicazione della continuazione tra reati, ritenuta inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di essere sentito: La Cassazione chiarisce i limiti per il detenuto

La recente sentenza n. 24139/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sul diritto di essere sentito del detenuto nell’ambito del procedimento di esecuzione. La pronuncia stabilisce che una richiesta generica di ‘partecipare’ a un’udienza tramite videocollegamento non equivale alla specifica richiesta di ‘essere sentito personalmente’, con conseguenze significative sulla validità del procedimento in caso di mancata audizione.

I Fatti del Caso: Rapina e Ricettazione

Il caso trae origine dal ricorso di un uomo, condannato con due sentenze separate dal Tribunale di Civitavecchia. La prima condanna, del 2015, riguardava una rapina commessa nel marzo 2013; la seconda, del 2021, si riferiva alla ricettazione di un motociclo, avvenuta pochi giorni dopo la rapina. L’interessato, tramite il suo difensore, aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di applicare l’istituto della continuazione, sostenendo che i due reati fossero legati da un unico disegno criminoso, in quanto il motociclo sarebbe stato utilizzato per i sopralluoghi della rapina. Il Tribunale aveva rigettato la richiesta.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’uomo ha impugnato la decisione del Tribunale davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Violazione del diritto di difesa: Il ricorrente, detenuto a Torino e quindi fuori dalla circoscrizione del Tribunale di Civitavecchia, aveva presentato una dichiarazione con cui chiedeva di ‘presenziare mediante videocollegamento’ all’udienza, aggiungendo che in caso contrario avrebbe rinunciato a presenziare. Il giudice non aveva disposto il collegamento, procedendo in sua assenza. Secondo la difesa, ciò costituiva una violazione delle norme processuali.

2. Errata valutazione sulla continuazione: Il ricorrente contestava il mancato riconoscimento del legame tra i due reati, sostenendo che la vicinanza temporale e la connessione funzionale (l’uso del motociclo per la rapina) fossero evidenti.

Il diritto di essere sentito e la decisione della Corte

La Cassazione ha respinto il primo motivo, ritenendolo infondato. La Corte ha operato una distinzione cruciale basata sull’art. 666, comma 4, del codice di procedura penale. Questa norma non garantisce al detenuto fuori distretto un diritto incondizionato a ‘partecipare’ all’udienza, ma piuttosto il diritto di essere sentito personalmente, previa sua esplicita richiesta. La richiesta del detenuto nel caso di specie è stata giudicata intrinsecamente contraddittoria e non conforme alla legge, poiché conteneva contemporaneamente la richiesta di partecipare e la rinuncia a farlo. Inoltre, non era una chiara istanza per essere ‘sentito personalmente’.

La Corte ha inoltre sottolineato che l’eventuale violazione di questo diritto non genera una nullità assoluta e insanabile, ma una nullità a regime intermedio. Ciò significa che il vizio deve essere eccepito dal difensore presente in udienza. Nel caso in esame, il difensore non aveva sollevato alcuna obiezione, determinando così la sanatoria del vizio procedurale.

La questione della continuazione tra reati

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto, ma in questo caso dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ricordato il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può riesaminare il merito delle prove. Il giudice dell’esecuzione aveva motivato il rigetto della continuazione evidenziando che, durante il processo per rapina, l’imputato aveva parlato di un altro veicolo e che il motociclo era stato trovato solo in un secondo momento. Il ricorso, secondo la Corte, si limitava a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, cercando di ottenere una nuova valutazione del merito, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme procedurali. Sul primo punto, si ribadisce che il diritto del detenuto è quello di essere ‘sentito’, non di partecipare all’intera udienza come se fosse presente. La richiesta deve essere formulata in modo chiaro e inequivocabile. La mancata obiezione del difensore in udienza ha un effetto sanante, consolidando la validità del procedimento. Sul secondo punto, la Corte conferma il principio consolidato secondo cui non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se la motivazione di quest’ultimo è logica e non contraddittoria. Il ricorso era ‘generico e confutativo’, poiché non si confrontava realmente con le argomentazioni della decisione impugnata, ma si limitava a riproporre una tesi difensiva già respinta.

Conclusioni

La sentenza n. 24139/2024 rafforza due principi fondamentali della procedura penale in fase esecutiva. Primo, il diritto di essere sentito del detenuto è un diritto specifico che richiede una richiesta precisa e non può essere confuso con una generica pretesa di partecipazione. Secondo, il ruolo del difensore in udienza è cruciale per far valere eventuali vizi procedurali, poiché il suo silenzio può sanare le nullità non assolute. Infine, viene ribadito il limite invalicabile del giudizio di Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare le prove.

Un detenuto fuori dalla circoscrizione del giudice ha sempre diritto a partecipare all’udienza in videocollegamento?
No. Secondo la Corte, l’art. 666, comma 4, c.p.p. non prevede un diritto incondizionato a ‘partecipare’, ma piuttosto il diritto, su esplicita richiesta, di essere ‘sentito personalmente’. Tale audizione può avvenire tramite videocollegamento (se l’interessato acconsente) o tramite il magistrato di sorveglianza del luogo di detenzione.

Cosa succede se il giudice non organizza l’audizione a distanza richiesta dal detenuto?
La mancata audizione del detenuto che ne ha fatto rituale richiesta integra una nullità del procedimento ‘a regime intermedio’. Questo significa che, a differenza delle nullità assolute, il vizio viene sanato se il difensore presente all’udienza non solleva una specifica eccezione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire la propria ricostruzione dei fatti a quella del giudice dell’esecuzione. Un ricorso che si limita a proporre una diversa interpretazione degli elementi fattuali, senza individuare vizi di legge o di motivazione, è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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