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Diritto di difesa intercettazioni: quando è nullo?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che lamentava la violazione del diritto di difesa per la presunta tardiva messa a disposizione delle intercettazioni. La Corte ha stabilito che se il Pubblico Ministero autorizza tempestivamente l’accesso ai supporti, spetta alla difesa dimostrare concretamente di essere stata impossibilitata ad acquisirli per cause imputabili all’ufficio giudiziario. In assenza di tale prova, il diritto di difesa intercettazioni non può considerarsi leso.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Difesa Intercettazioni: Quando il Ritardo Rende Nulla la Prova?

Il diritto di difesa intercettazioni rappresenta un pilastro fondamentale nel procedimento penale, specialmente nella fase delle misure cautelari. La possibilità per il difensore di accedere tempestivamente alle registrazioni che fondano un’ordinanza di custodia in carcere è cruciale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui confini di questo diritto, specificando quando un ritardo nella messa a disposizione dei supporti audio può effettivamente causare una nullità e quando, invece, l’onere di attivarsi ricade sul difensore.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso di un indagato, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. Il suo difensore, dopo aver presentato istanza di riesame avverso il provvedimento restrittivo, richiedeva al Pubblico Ministero di poter ottenere copia dei supporti informatici contenenti le registrazioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali, elemento chiave dell’accusa.

Il Pubblico Ministero autorizzava l’accesso due giorni dopo la richiesta. Tuttavia, il difensore sosteneva di non essere riuscito a ottenere materialmente le copie prima dell’udienza di riesame. A suo dire, recatosi presso l’ufficio competente (il Centro Intercettazioni Comunicazioni Elettroniche) nel pomeriggio del giorno dell’autorizzazione, lo aveva trovato chiuso, così come il giorno successivo, un sabato. L’udienza si svolgeva quindi il lunedì seguente senza che la difesa avesse potuto ascoltare le registrazioni.

Per questo motivo, il legale eccepiva la violazione del diritto di difesa e la conseguente nullità dell’ordinanza cautelare, basata su prove che non aveva potuto vagliare.

La Questione Giuridica sul Diritto di Difesa Intercettazioni

Il nodo centrale della questione riguarda l’interpretazione del diritto di difesa intercettazioni alla luce degli articoli 293 e 178 del codice di procedura penale e dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale (in particolare con la sentenza n. 336 del 2008). Il principio consolidato è che il difensore ha un diritto incondizionato ad accedere alle registrazioni poste a fondamento di una misura cautelare, anche tramite copia su supporto idoneo.

Un’ingiustificata omissione o un ritardo da parte del Pubblico Ministero nel consentire tale accesso configura una nullità a regime intermedio, che rende inutilizzabile la prova in fase cautelare. La domanda a cui la Cassazione è stata chiamata a rispondere era: la semplice mancata acquisizione materiale delle registrazioni da parte del difensore, a fronte di una tempestiva autorizzazione del PM, integra una violazione del diritto di difesa?

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Le motivazioni della decisione sono cruciali per comprendere gli obblighi delle parti in questa delicata fase processuale.

In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che il Pubblico Ministero aveva agito con tempestività, autorizzando il rilascio delle copie solo due giorni dopo la richiesta del difensore. Questo adempimento è stato considerato corretto e rispettoso delle norme procedurali.

In secondo luogo, la Corte ha spostato l’attenzione sull’onere della prova. Ha affermato che spetta al difensore che lamenta la lesione del proprio diritto dimostrare in modo completo e puntuale non solo di non aver avuto accesso agli atti, ma anche che tale impossibilità fosse direttamente e ingiustificatamente causata da un comportamento omissivo dell’autorità giudiziaria.

Nel caso specifico, la difesa non aveva chiarito perché, una volta ricevuta l’autorizzazione, non si fosse recata immediatamente presso gli uffici competenti o perché non avesse delegato un collaboratore, essendo a conoscenza dell’imminenza dell’udienza di riesame e della mole del materiale da esaminare. Le fotografie della porta chiusa dell’ufficio sono state ritenute una prova insufficiente a dimostrare un’effettiva e incolpevole impossibilità di accesso.

In sostanza, la Corte ha stabilito che non vi era stata alcuna compressione del diritto di difesa, in quanto il ritardo nell’acquisizione materiale dei supporti non era imputabile a un’inerzia ingiustificata del Pubblico Ministero, ma a una mancata attivazione diligente da parte della difesa stessa.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il diritto di difesa intercettazioni è sacro, ma non esime il difensore da un onere di diligenza. Una volta che il Pubblico Ministero concede tempestivamente l’autorizzazione, la palla passa alla difesa, che deve attivarsi prontamente per ottenere le registrazioni. Qualsiasi presunta violazione di questo diritto deve essere provata in modo rigoroso, dimostrando che l’ostacolo all’accesso è stato causato da un comportamento direttamente imputabile all’autorità giudiziaria. In assenza di tale prova, l’eccezione di nullità non può essere accolta. Questa decisione serve da monito: la tutela dei diritti processuali richiede una collaborazione attiva e diligente da parte di tutti i protagonisti del processo.

Un ritardo nella messa a disposizione delle intercettazioni viola sempre il diritto di difesa?
No. La violazione si concretizza solo se il ritardo è ingiustificato e direttamente imputabile al Pubblico Ministero. Secondo la sentenza, se l’autorità giudiziaria autorizza tempestivamente il rilascio, spetta alla difesa dimostrare di essere stata materialmente e incolpevolmente impossibilitata ad accedere agli atti.

Chi ha l’onere di provare l’impossibilità di accedere ai supporti delle intercettazioni?
L’onere della prova ricade sulla difesa. Non è sufficiente affermare di non aver potuto accedere agli uffici; è necessario documentare in modo completo e puntuale l’impedimento e dimostrare che esso è attribuibile a una condotta omissiva dell’autorità giudiziaria e non a una mancanza di diligenza del difensore.

L’autorizzazione del Pubblico Ministero a visionare le intercettazioni è di per sé sufficiente a garantire il diritto di difesa?
Sì, dal punto di vista dell’adempimento dell’autorità inquirente, un’autorizzazione tempestiva è considerata sufficiente. La Corte chiarisce che, una volta concessa l’autorizzazione, è responsabilità del difensore attivarsi prontamente per ottenere materialmente i supporti, senza poter addurre a giustificazione difficoltà organizzative proprie o la normale chiusura degli uffici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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